Guida il piccolo comune di Lozio, in Val Camonica, il sindaco che ha deciso di far dialogare la Padania con il Sahara. Si tratta di un personaggio molto noto nella provincia di Brescia perché ha deciso di portare il calore del deserto sui monti lombardi. Il sindaco Antonio Giorgi, uno degli ultimi socialisti doc rimasti, non ha dimenticato di quando l’Italia dialogava col mondo arabo ed aveva una politica estera di collaborazione piena con il Mediterraneo.

Ha deciso insieme alla sua amministrazione di gemellare il suo comune con quello di Boujdour, un paese del Sahara marocchino. I consiglieri di Lozio sono attesi il prossimo mese in Marocco per una visita ed hanno intenzione di avviare una serie di collaborazioni con la sponda sud del Mediterraneo. A spingere questa amministratore del nord a conoscere il Sahara è stata la vicenda di un attivista saharawi a cui ha deciso di dare la cittadinanza onoraria. Giorgi è rimasto infatti colpito dalla storia, raccontata da un gruppo di marocchini che vivono nella provincia di Brescia, dell’ex capo della polizia del Fronte Polisario, Moustafa Salma Ould Sidi Mouloud. Un uomo che conduce delle battaglie in favore dei diritti umani, ed in particolare dei saharawi che vivono all’interno del campo profughi di Tinduf, nel sud dell’Algeria, senza poter ricongiungersi con i propri familiari presenti nelle regioni meridionali del Marocco. Due anni fa ha lasciato il Fronte Polisario per sostenere il piano di autonomia del Sahara Occidentale proposto dal Marocco nel 2007. Mustafa Salma sta conducendo una protesta da mesi davanti alla sede dell’Unhcr di Nouakchott per poter ritornare dalla sua famiglia a Tinduf, dove è stato prima arrestato nel 2010 e poi espulso per alto tradimento da parte del Polisario.

Per dimostrare la sua vicinanza alla sua causa e a quella degli attivisti saharawi il comune della provincia di Brescia ha accolto la richiesta dell’associazione “Affluenti“, diretta da italiani e immigrati nordafricani della zona, appoggiata dalla federazione provinciale del Partito socialista italiano “nell’ambito di una cooperazione con il Partito socialista marocchino“, che in una nota si è impegnata a “attivare iniziative analoghe con altri gruppi nazionali nell’ambito dell’incontro tra i popoli favoriti dall’internazionale socialista“.

E’ la prima volta in Italia che un comune assegna la cittadinanza onoraria al militante dissidente saharawi. “E’ importante dare un segnale di solidarietà per chi si batte in difesa dei diritti umani e della libertà di espressione – ha spiegato Giorgi – Quest’uomo è un esempio delle battaglie in difesa di chi sostiene le sue idee ad ogni costo per il bene del suo popolo“. Nel corso della riunione di giunta che si è tenuta il 26 novembre è intervenuta anche il segretario provinciale del Partito socialista italiano di Brescia, Maria Cipriani, la quale ha spiegato che “oltre al conferimento della cittadinanza onoraria, questa è un occasione importante di dialogo e solidarietà perché è stato approvato anche il progetto di gemellaggio con la città di Boujdour, nel sud del Marocco, che ci permetterà di conoscere un nuovo popolo. Ci auguriamo che altri comuni del nostro paese aderiscano ad iniziative di questo tipo“.

La storia di Moustafà Salma è poco conosciuta in Italia, così come quella di tutti i saharawi che hanno accettato il piano di autonomia regionale avanzato dal Marocco. Si tratta di un ex dirigente del Fronte Polisario il quale, dopo una vita passata nel campo di profughi saharawi di Tinduf, in Algeria, ha deciso di abbandonare il gruppo separatista. Il 9 agosto del 2010 Mouloud, che era il capo della polizia interna del Polisario, ha tenuto una conferenza stampa a Smara, nel sud del Marocco, in cui ha annunciato la sua decisione di sostenere il progetto di autonomia del Sahara presentato all’Onu dal governo di Rabat nel 2007. Da quel momento per lui è stato impossibile tornare a Tindouf, dove vivono la moglie e i suoi cinque figli. Per giorni ha trovato rifugio in un villaggio nel sud della Mauritania, proprio nel cuore del deserto. Grazie al telefono satellitare si è tenuto in contatto con i suoi amici. In quei giorni io stesso ho avuto la possibilità di raggiungerlo telefonicamente mentre si trovava nel deserto per un’intervista. “Ho deciso di ritornare a Tindouf nonostante le minacce di morte – ha spiegato – perché è lì che ho trascorso tutta la mia vita e non conosco altri luoghi che quel campo profughi. E anche perché penso che la politica dell’attuale direzione del Polisario sia sbagliata. Non fa gli interessi del popolo sahrawi ma pensa solo a mantenere la propria casta“.

Qualche giorno dopo, il 21 settembre 2010, Mouloud è stato arrestato mentre si trovava Tismi Mahriz, a 30 chilometri dal confine mauritano, e della sua sorte non si è saputo più nulla per due mesi. Era tenuto in stato di detenzione in una prigione nel deserto algerino con l’accusa di alto tradimento. E’ stato poi consegnato il primo dicembre del 2010 dagli uomini del gruppo separatista all’agenzia Unhcr in Mauritania. E’ stato consegnato, dopo forti pressioni internazionali, nella zona di Oughanit, lungo il confine tra la Mauritania e il sud dell’Algeria e si trova da allora a Nouakchott. Da alcuni mesi sta conducendo una protesta ad oltranza davanti alla sede dell’agenzia dell’Onu nella capitale mauritana per chiedere di poter ritornare nel campo saharawi di Tinduf per ricongiungersi con la moglie e i figli.

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