La Consob deve risarcire i danni ai risparmiatori che hanno perso il loro denaro fidandosi dei prospetti di società finanziarie che, invece, erano ingannevoli. La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa infatti ha il dovere di vigilare. E vigilare significa controllare veramente, non fare finta di controllare limitandosi a mettere un visto se le “carte” sono ufficialmente in regola.
In sostanza è questo il principio che la Cassazione ha ribadito in una sentenza, la 6681 della terza sezione civile, depositata il 23 marzo 2011.
Da quando i mezzi di informazione, in particolare le agenzie di stampa, hanno scoperto che le sentenze della Corte di Cassazione possono servire a allungare il brodo dei notiziari aumentando così il numero complessivo delle notizie che a sua volta garantisce i finanziamenti all’informazione erogati dalla Presidenza del Consiglio, una piccola valanga di notizie giuridiche si riversa ogni giorno sugli utenti.
Raramente queste notizie sono informazione.
Nel raccontare, infatti, la sentenza del 23 marzo 2011, le agenzie hanno riportato gli interventi e le opinioni di giuristi, magistrati, responsabili di associazioni di consumatori, tutti estasiati da questa rivoluzionaria decisione, caposaldo per la tutela dei cittadini vittime degli spregiudicati affaristi. Evidentemente però tutti, sia i cronisti che gli intervistati, hanno difficoltà a ricordare cose accadute più di nove anni fa.
E’ dal 1994 infatti che la Cassazione, ma soprattutto i giudici dei tribunali italiani, hanno cominciato ad elaborare le tesi giuridiche che hanno condotto, fin dal 2001, ad affermare che gli organi di vigilanza sono a loro volta responsabili nei confronti dei cittadini danneggiati dal comportamento illecito o scorretto di quelle strutture che essi, organi di vigilanza, avevano il compito di controllare.
La prima sezione civile dalla Cassazione, con la sentenza 3132 depositata il 3 marzo 2001, ribaltando una decisione della Corte d’appello di Milano – che venne annullata con rinvio – disse la stessa cosa.
In quel caso si discuteva del crack di una finanziaria che gestiva un complesso turistico in Sardegna, il Santa Teresa Village. Una vicenda iniziata nel lontano 1983.
E la sentenza del 2001, dopo il rinvio ai giudici d’appello di Milano che avevano sbagliato, spiegò la Cassazione, a non tenere conto di alcuni aspetti della storia giungendo così alla “assoluzione” (è tra virgolette perché si trattava di un processo civile e non penale) della Consob, è stata seguita da una successiva sentenza del 2009, la 4587, che ha nuovamente affrontato la questione… sarda dopo che, impiegandoci “appena” otto anni, si era nuovamente pronunciata la Corte d’appello milanese. Anche in questo caso, annullando nuovamente con rinvio la seconda decisione di secondo grado per una questione procedurale, la Corte ha però ribadito la responsabilità della Consob.
Come non bastasse, a dimostrare che la sentenza del 2001 è stata inequivocabilmente un punto a favore degli investitori… traditi, è proprio sulla base di quella pronuncia che il tribunale di Roma, nel luglio 2008, condannò la Consob a risarcire 7 milioni di euro ai risparmiatori danneggiati dal fallimento della Sim Professione e Finanza e dell’agente di cambio napoletano Antonio De Asmundis.
Ma di tutta questa memoria storica, ingrediente necessario per trasformare le notizie in informazione, non c’è traccia nel tripudio di carta stampata e dichiarazioni del 23 marzo 2011.
Abbiamo perciò pensato di ricapitolare un po’ la questione.
Allegati a questo articolo troverete la sentenza del 2001, la sentenza del 2009, uno studio dell’università Luiss sulla responsabilità della Consob datato dicembre 2001, un estratto di un articolo del febbraio 2002 di Marcello Clarich sulla rivista “Danno e Responsabilità”, la notizia del 2008 dell’agenzia di stampa Reuters sulla condanna per il crack della Sim Professione e Finanza e per finire, naturalmente, alcune notizie di agenzia che, il 23 marzo 2011, hanno nuovamente presentato la decisione della Cassazione come una “rivoluzione”.
Senza nemmeno far caso, peraltro, alla circostanza che a presentare ricorso in Cassazione, questa volta, non erano stati i risparmiatori danneggiati, ma la Consob, che era già stata condannata sia dal tribunale di Roma che dalla Corte d’appello.
La vera novità è questa. Peccato che fosse una novità 5 anni fa. Mentre nel caso del complesso residenziale sardo, il cui processo di merito si svolse a Milano, nei primi due gradi di giudizio i risparmiatori avevano perso la battaglia riuscendo a vincerla soltanto in Cassazione, nel caso giunto a sentenza la scorsa settimana la Consob aveva già perso nei primi due gradi di giudizio, davanti a tribunale e Corte d’appello di Roma. Come dire: il ricorso in Cassazione era un ultimo disperato tentativo.
Tanto che negli ultimi anni perfino nelle relazioni annuali della stessa Consob ci sono capitoli dedicati alla questione della responsabilità verso i risparmiatori come introdotta dalla giurisprudenza.
Ora, passi per i giornalisti, ma davvero i commentatori, tra i quali illustri magistrati, ignorano che se i giudici di merito hanno deciso di condannare la Consob (applicando un criterio, quello della cosiddetta responsabilità extracontrattuale – tra i cittadini e la Consob infatti non esiste alcun rapporto diretto, dunque, come dire, nessun “contratto” – che deve necessariamente ricavarsi dalla giurisprudenza) vuol dire che la giurisprudenza ha già fissato questo principio da qualche parte?
A questo proposito è esilarante leggere, in quelle notizie che non sono informazione, che “non si conosce l’entità del risarcimento disposto a favore dei risparmiatori”: per conoscere l’entità sarebbe bastato chiedere ai risparmiatori, o alla Consob, se proprio leggere gli atti del processo è difficile.
La Consob, proprio perché già condannata negli anni scorsi, nel 2005 ha pagato a quei risparmiatori indotti a investire nella società finanziaria portata in giudizio un risarcimento di circa 5 milioni di euro.
E poi parliamo di problemi della giustizia…
Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 6681 depositata il 23 marzo 2011
Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza 3132 depositata il 3 marzo 2001
Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza 4587 depositata il 25 febbraio 2009
La responsabilità della Consob per omessa vigilanza, estratto dell’articolo di Marcello Clarich pubblicato sulla rivista Danno e Responsabilità, 2002
Responsabilità della Consob per negligenza nell’attività di vigilanza, studio dell’Università Luiss, dicembre 2001
Notizia dell’agenzia di stampa Reuters del 7 luglio 2008
Notizie di agenzie di stampa del 23 marzo 2011

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *