Non fa niente  se troppe volte gli amministratori hanno dato prova della peggior politica immaginabile (e, ahimé, anche inimmaginabile). Non fa niente se i casi di inquisiti e condannati per camorra, mafia e ndragheta prolificano;  se viene considerato un errore che l’aeroporto di Palermo sia intitolato a Falcone e Borsellino.

Se viene aspramente condannato lo scioglimento del comune di Reggio Calabria per infiltrazioni della Ndragheta. Non fa niente se il fascismo è stato reinterpretato come quel periodo in cui veniva somministrato, a quanti non condividevano certi  ideali, un po’ di olio di ricino (che fa sempre bene al fegato) e qualche anno in località, magari fuori mano, ma amene e tranquille (che fanno sempre bene all’animo). 

Non fa niente se, invece, ci sono stati migliaia di italiani mandati, su carri piombati, a morire nei campi di concentramento nazisti solo perché colpevoli di essere ebrei; migliaia di giovani inviati a farsi uccidere  sul Don;  migliaia di  morti e immense distruzioni causate dalla reazione alleata. Non fa niente se viene edificato il sacrario in onore di un gerarca  colpevole di stragi in Libia e nel Corno d’Africa.  Non fa niente se la credibilità dell’Italia è scesa a livelli infimi durante  il precedente governo che ha fatto salire il rapporto debito pubblico/PIL  dal 104 al 120 per cento, spalancando così le porte ad una speculazione internazionale famelica e spietata, mentre ci trastullavamo con frasi tipo “siamo i migliori del mondo. Non fa niente!.  Basta che non governino i comunisti. Basta che non governino i comunisti!

Oh bella! E chi sarebbero costoro? Ma è semplice, ispirandosi a Nostro Signore che diceva “”chi non è con me,  è contro di me”, colui che comunque se ne sente l’”unto” ci dice “”chi non è con me, è comunista”” o loro amico, che è uguale. 
Insomma è sufficiente non condividere il modo berlusconiano di intendere la politica, la morale, la gestione della cosa pubblica, il popolo, gli omosessuali e,  ultime ma non ultime, le donne, perché si è “comunisti!”.

Noi, che non siamo “comunisti!”  ma certo neanche berlusconiani, potremmo  anche dire: “”Beh pazienza, non è poi un grande insulto”.  In fondo non è che veniamo accusati di avere rapporti sessuali con ragazze più giovani di noi di 60 anni, di aver  intessuto strette e decennali amicizie con “fraterni” collaboratori di cui la Cassazione ha  confermato la comunanza mafiosa  e nemmeno di aver contribuito a svergognare una nazione davanti alla comunità internazionale con corna, cucù e chiassate. Ci hanno solo detto: comunisti!”.
E invece no. Essere “comunisti, in quell’immaginario collettivo, vuol dire essere talmente stupidi  da ritenere che Stalin fosse un difensore della democrazia; che  l’Unione sovietica e gli altri regimi simili fossero baluardo e rispetto dell’umanità. Essere talmente meschini da pensare che, dal momento che io non ho una casa mia, mi approprio della tua. E poiché non ho realizzato nulla nella mia vita, mi prendo il prodotto delle tue fatiche e delle tue ricchezze. E, chissà forse, anche  mangio i  bambini.  Noi, infelici, (noi, intendo, non berlusconiani o peggio antiberlusconiani) ci  ribelliamo a tutto questo, ma inutilmente. Ormai siamo marchiati a vita.

Siamo un pericolo mortale, troppo inseriti nei gangli vitali dello Stato. E più stiamo in alto, più siamo pericolosi e in particolare il più pericoloso di tutti per l’incarico che ricopre e la sua storia comunista: Giorgio Napolitano.

PS.  è commovente ma anche sorprendente (guardate come siamo ridotti)  la  foto di  Clio Napolitano, moglie del Presidente della Repubblica e ormai vicina gli ottanta anni,  che fa la fila per entrare in un museo romano (e corre voce che abbia pure pagato il biglietto). Ma benedetta donna! Non poteva farsi riservare il museo tutto per sé  e farselo pagare dal Quirinale con tanto di guida e pranzo  annesso,  pur se i cittadini avessero dovuto aspettare alcune ore all’entrata, sotto il sole o la pioggia?

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