A più di una settimana dall’omicidio del leader del partito dei Patrioti Democratici tunisini, Chokri Belaid, avvenuto il 6 febbraio a Tunisi, gli inquirenti non hanno dato alcuna indicazione precisa su chi possano essere i mandati e gli esecutori di questo delitto.

A parte l’autista del politico, arrestato il giorno dopo l’attentato su indicazione di una giornalista e vicina di casa di Belaid che lo avrebbe visto confabulare con dei giovani prima dell’agguato, non ci sono stati altri arresti. Eppure secondo Zied el Heni, leader del Sindacato dei giornalisti tunisini e protagonista della rivoluzione dei gelsomini di due anni fa, “ci sarebbero almeno tre piste da seguire che portano ad apparati dello stato collusi con i gruppi islamici“.

El Heni ha partecipato venerdì 8 febbraio al funerale di Belaid, nel cimitero di el Djellaz a Tunisi. Secondo quanto ha rivelato, “durante la cerimonia funebre mi si è avvicinato un funzionario del ministero dell’Interno che non avevo mai visto prima. Il quale mi ha rivelato l’esistenza all’interno del suo ministero di una squadra dedita agli omicidi mirati diretta da un funzionario nominato dai politici islamici“. Secondo questa fonte del ministero “si tratta di una squadra composta da 20 giovani esperti nelle arti marziali che girono per il paese a bordo di un minibus di fabbricazione della ex Jugoslavia. Si tratta di elementi che non risultano come dipendenti del ministero dell’Interno”.

Il giornalista ha parlato poi di una seconda pista che porta ad un leader islamico tunisino il quale avrebbe avuto “trascorsi sui monti dell’Algeria dove si trovano i gruppi jihadisti. Questo esponente islamico sta guidando una formazione di militanti islamici in Tunisia”. La terza pista citata da el Heni è quella di “un uomo d’affari importante legato ad un gruppo di contrabbandieri di armi che hanno rapporti con funzionari del ministero dell’Interno”. Il giornalista ha rilevato quindi come “tutte le piste portino comunque in un modo o nell’altro al ministero dell’Interno di Tunisi e che un nostro collega ha intervistato un commissario di polizia il quale ha rivelato l’esistenza di una lista nera con i nomi degli esponenti dell’opposizione da uccidere”.

Tutto quanto rivelato da el Heni “è stato già denunciato alla magistratura tunisina e per questo lunedì 11 febbraio sono stato convocato come persona informata sui fatti dal procuratore di Tunisi“. All’uscita dall’interrogatorio l’attivista ha anche denunciato “un tentativo da parte della procura di trattenermi indebitamente nei suoi uffici, per proseguire l’interrogatorio in assenza del mio avvocato”. Nei giorni scorsi anche la vedova di Belaid aveva puntato il dito contro apparati dello stato legati al partito islamico di Ennahda per la morte del marito, mentre la stampa di sinistra aveva denunciato che il partito islamico era riuscito a mettere le mani sulla potente Dcrg, la Direzione centrale dell’intelligence generale, definito “il tesoro lasciato da Ben Ali, il suo vaso di Pandora”. Si tratta infatti dell’unica direzione del ministero dell’Interno non è stata toccata dall’attuale governo tunisino.

Secondo quanto spiegava un alto funzionario del ministero dell’Interno di Tunisi al sito “Slate Afrique“, “gli islamici di Ennahda hanno tenuta intatta la scatola nera del regime di Ben Ali. E’ stata solo riprogrammata per i loro interessi. In questa scatola nera ci sono tutti i file delicati come le macchinazioni, le filiature, le intercettazioni telefoniche, le delazioni, i nomi, i dossier che riguardano tutti i responsabili pubblici, medici, avvocati, artisti, omosessuali, prostitute ed altro. E’ tutto conservato e pronto all’uso al momento opportuno per rovinare la carriera di un eventuale candidato“.

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