Il dibattito seguito alla pubblicazione di disegni su Maometto da parte di Charlie Hebdo ha aperto anche una serie di interrogativi riguardo la libertà di espressione, uno dei valori principali della democrazia. Tuttavia più si diradano le nubi della cronaca e   la politica si orienta più appare meno vero che la posta in gioco sia stata la libertà di espressione quanto invece uno scontro ideologico che per ora è stato vinto dall’Occidente, pagando un prezzo decisamente alto.

In quanto parte dei “media” Charlie Hebdo (esce ogni mercoledì) ha reagito alla questione che ha infiammato il mondo. Tuttavia nelle infinite possibilità della satira la rivista ha scelto di riconfermare e amplificare la linea del film americano, che lo stesso direttore Charb ha definito “fascista”, e anziché sovvertirla come ci si aspetterebbe, ha riconfermato la norma dettata dagli autori del film The Innocence of Muslims: insulto Maometto e aspetto la reazione degli estremisti, per sottolineare che il mondo musulmano è pieno di fanatismo.

Quando era direttore della rivista Val, nel 2006 ripropose, con aggiunta di qualche altra, le vignette di Maometto già causa di morti e feriti in Danimarca. Egualmente, nel 2011, il nuovo direttore Charb, aveva rilanciato lo sbeffeggiamento di Maometto dopo le   elezioni tunisine che avevano premiato il partito islamista Ennahdha e dopo che il libico Jailil leader del partito CNT aveva proposto la sharia nella costituzione. La risposta a quelle vignette fu una molotov di fanatici alla rue Turbigo, sede della redazione. Vendite alle stelle, locali pagati dall’assicurazione, grande appoggio bipartisan da Sarkozy a Marie Le Pen passando per Hollande, al netto di qualche collega di satira che cominciava già all’epoca a ironizzare su questa ambizione di blandire indirettamente i migliori argomenti del potere. Pertanto Charb sapeva davvero molto bene quali sarebbero state le conseguenze, e che queste sarebbero andate tutte nel solco già tracciato dal film.

La rivista non era neppure nuova in fatto di limiti posti da lei stessa alla libertà di espressione. E’ noto, ma non in Italia, il licenziamento di Siné (disegnatore di punta) per una sua battuta sul figlio di Sarkozy e le lobby ebraiche (Affaire Siné : les points de vue de Charb et Cavanna, historiques de Charlie Hebdo » (Le Nouvel Observateur, 27 luglio 2008).

E se la satira vuole essere la spina nel fianco per il potere, l’obiettivo allora non era neppure la satira, visto che in Europa la stragrande maggioranza dei musulmani sono immigrati e sicuramente non hanno posizioni di potere, a parte figure simboliche calate dall’alto, come Rachida Dati. Pertanto, i disegnatori di Charlie non hanno fatto che creare un presupposto per infierire su una minoranza genericamente “colpevole”, per lo meno nel main stream mediatico e quindi politico. Una parte di questa minoranza è poi relegata nelle banlieus sempre più divise socialmente, politicamente e anche religiosamente. In un simile divario incoraggiato dalla crisi diventa facile orientare la collera popolare verso chi non è francese.

“La libertà di espressione” si è allontanata sempre di più dalla sua verità quando a Parigi nei giorni successivi alle proteste per la pubblicazione delle vignette sono state vietate tutte le manifestazioni di musulmani contro di queste. In un editoriale del Figaro del 19 settembre dal titolo “Islamismo: il dovere di reagire” Yves Thréard chiosa: “i poteri pubblici devono interdire le prossime manifestazioni, interporsi, condannare gli istigatori: la Francia non si può far umiliare”. E ancora su tre colonne in prima pagina “gli islamisti vogliono ancora manifestare a Parigi”. Gli stessi che si mobilitano per la libertà di stampa e per Charlie Hebdo fanno appello a vietare le manifestazioni degli “islamisti”. Sotto quest’ultima definizione si raccolgono senza distinguo salafiti, musulmani, fratelli musulmani, Hezbollah e Al- Qaida. “Loro” quindi sono colpevoli in quanto islamisti. Pertanto sono stati schierati plotoni di gendarmi al Trocadero e davanti alla Grande Moschea di Parigi, per paura di disordini. E mentre i fedeli lasciavano tranquillamente la Moschea, quindici autoblindo dei corpi speciali (CRS) erano piazzate nei dintorni. Il Giornale, che da noi ha fatto della situazione una relazione corretta, l’ha però ingabbiata nei titoli della “paura” che è appunto il senso in cui volge la narrazione occidentale.

E’ da rilevare come in questo clima, tuttavia, il Front National, come da noi la Lega, che sono degli autentici pericoli per la democrazia, si esprimono in modo assolutamente libero. E del resto Marine Le Pen ha preso la palla al balzo per proporre una legge che vietasse kippà e ogni tipo di velo anche nelle strada (quello integrale è già vietato).

Viviamo in Europa la salita al potere di forze nazionaliste, di partiti il cui asse non è l’antisemitismo come nel 1930 , ma appunto l’ islamofobia. Un clima di ostilità all’immigrazione,in particolare contro i musulmani. E esattamente questo è il clima cavalcato dalla presunta satira libera di Charlie.

Più interessante ancora è vedere quanto la battaglia per la libertà di espressione abbia peggiorato naturalmente le battaglie in corso nei paesi musulmani, per lo meno in Tunisia, accendendo ancora di più il clima di scontro con le forze democratiche. Il partito di maggioranza Ennahdha in Tunisia prima di queste ultime vicende aveva fatto una proposta di legge, con diverse possibilità di passare grazie a una serie di artifici. Questa legge prevede : “una pena di due anni di prigione e 2000 dinari di multa a chi offenda “Dio, i profeti, i libri, la Sunna (tradizione) dell’ultimo profeta, la Kaaba, le moschee, le chiese e le sinagoghe”. Si intende offesa al sacro “l’insulto, la derisione, la mancanza di rispetto e la profanazione materiale o morale del sacro con parole, immagini, rappresentazioni o personificazioni di Dio e dei suoi profeti”. Ora, esattamente per impedire al primo imbecille occidentale di creare disordini nel paese, avrà tutte le possibilità per essere approvata. Eppure la primavera araba avrebbe voluto aprire la strada contro le dittature e alle tradizioni oscurantiste , alle quali invece Charlie come anche The Innocence of Muslims hanno dato il loro grande apporto.

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