“Qui con la fretta di fare le riforme si sta distruggendo l’Italia”, il senatore Enrico Buemi, subentrato al Senato dopo le dimissioni di Ignazio Marino per la corsa al Campidoglio, non usa mezzi termini.
“La mia proposta è una provocazione ma spero che accenda un faro sul dibattito delle riforme. Questi ragazzotti sull’onda dell’emozione stanno proponendo cambiamenti disastrosi intaccando un sistema che i nostri padri costituenti avevano pensato nel minimo dettaglio”.

La proposta
Il disegno di legge costituzionale (leggibile in allegato) propone di limitare i costi degli organi costituzionali allo 0,1% al bilancio dello Stato; una riforma dunque che coinvolgerebbe Parlamento ma anche presidenza del Consiglio, Corte costituzionale e Consiglio Superiore della Magistratura che oggi incidono per 1,8 miliardi di euro annui. Il solo Csm, organo di autogoverno dei magistrati, ad esempio, incide per 53 milioni di euro.
“Se l’obiettivo è sempre quello di contenere i costi della politica, vogliamo allora sottolineare che si risparmierebbe molto di più cancellando Montecitorio. Ma il problema non credo sia questo”.

“Nella discussione tagli e riforme, dice ancora Buemi bisogna essere consapevoli che il mantenimento di queste istituzioni prevede anche i costi per la conservazione di un patrimonio artistico ineguagliabile: Basti pensare infatti a Palazzo Madama, al palazzo del Quirinale, ma a tutte le tenute come quelle di Castel Porziano e San Rossore” (che Renzi dovrebbe conoscere bene perché quest’anno ospita la Route nazionale Agesci, ndr). Un patrimonio artistico-naturale non indifferente.
“Per un problema di costi, dice Buemi, che vogliamo fare? Svendiamo tutto? Vendiamo i palazzi storici e ne facciamo alberghi a 5 stelle?” Che non si parli di 5 stelle in questo momento…

Il principio dell’Autodichia
Nel disegno di legge torna anche la proposta di limitare il principio dell’autodichia alla sola procedura legislativa, lasciando quindi i bilanci delle due camere al vaglio della Corte dei conti, permettendo così ad un giudice terzo di controllare anche appalti e forniture.
Parlando di risparmi e di rigore, bisognerebbe quindi scardinare questo vero e proprio feticcio, come lo chiama il senatore Buemi nella relazione, secondo cui le pubbliche amministrazioni serventi gli organi costituzionali non dovrebbero essere sottoposte al normale regime giuridico di tutte le altre amministrazioni dello Stato.
Golem più di una volta è tornato sull’argomento, perché effettivamente nel corso di tanti anni, l’interpretazione impropria dell’articolo 64 della Costituzione ha pregiudicato l’autorevolezza della politica; far passare il principio che dentro i palazzi della politica sia tutto possibile, che questi non debbano essere soggetti ad un giudice terzo, questo sì che in tanti anni ha corroso la fiducia cittadino-politica.
Ma probabilmente dal punto di vista comunicativo fa più effetto dire cancelleremo una camera che dire cancelleremo il principio dell’autodichia. Eppure la secondo mossa potrebbe essere molto più utile della prima.
Forse il dibattito dovrebbe vertere su quale riforme fare, puntando alla gestione delle aule, alla rapidità delle decisioni e allora forse anche su questo sarebbe più risolutivo intervenire sui regolamenti delle due camere.

I padri costituenti
Il senatore Buemi teme i danni da “efficientismo da pressione mediatica”.
“Noto una superficialità preoccupante, nel produrre leggi che spesso producono tanti danni. Bisogna invece tornare ai tempi dei ragionamenti, dell’approfondimento, non si può solo rispondere alla pancia della gente”.
“Si parla molto di crisi dello Stato moderno ed anche da noi, in Italia, si sente spesso lamentare la decadenza del senso dello Stato.
(…) Tutti abbiamo visto come l’aumentata potenza della stampa, il peso dei congressi dei partiti e delle grandi organizzazioni di massa abbiano diminuito l’autorità e il prestigio del Parlamento”.
Queste sono le dichiarazioni fatte nell’aula di Montecitorio il 17 settembre 1947 da Antonio Giolitti, all’epoca esponente del Partito comunista italiano, durante il dibattito per la redazione della nostra Costituzione.
Il Pci all’epoca era favorevole al sistema unicamerale, ma, affermava in aula Giolitti, “abbiamo accettato il sistema bicamerale in quanto abbiamo ritenuto sostanzialmente valida, nelle condizioni attuali del nostro Paese, l’esigenza di una maggiore ponderazione nell’opera legislativa”
Meno valida – dice ancora Giolitti – invece, riteniamo l’esigenza diciamo così, regionalistica, alla quale, secondo alcuni, dovrebbero rispondere la seconda Camera, perché a nostro avviso, essa si giustificherebbe solo ove le autonomie regionali avessero quel carattere federalistico che non è stato accolto nel progetto di Costituzione. (…) E Fortunatamente il progetto di Costituzione non ha accolto in nessuna misura nessuna impostazione federalistica delle autonomie regionali”.
Così come venne respinta una rappresentanza di tipo corporativo per la seconda Camera.
Se nella nuova Costituzione vogliamo gettare le basi di una moderna repubblica democratica in Italia, dobbiamo anzitutto preoccuparci di rafforzare il parlamento e di innalzarne l’autorità e il prestigio. Come possiamo assolvere a questo compito? Limitando forse quelle altre libertà e forme di espressione, di associazione e rappresentanza? Ma questo sarebbe antidemocratico ed in contrasto col progredire della storia. Dobbiamo proporci di dar vita ad un Parlamento veramente democratico ed efficiente. Questa è la via da seguire”
Questo era l’intento dei padri costituenti che volevano edificare in Italia una solida, moderna, progressiva, Repubblica democratica parlamentare.

Conosciamo la storia?
“Siamo sicuri, conclude Buemi che questi ragazzotti che adesso vogliono cancellare, riformare, tagliare, tutto sull’onda dell’efficientismo populista e con la fretta dell’emergenza, si siano letto e studiato il dibattito che ha portato alla formazione di questo Parlamento?”
I padri costituenti uscivano da un periodo di regime dittatoriale, da una guerra mondiale e gettarono le basi per lo stato democratico scrivendo la Carta costituzionale; “Siamo sicuri, si chiede Buemi, che non si stia andando incontro a cambiamenti irresponsabili?”
Buemi chiede di considerare gli effetti di una Camera sola, perché mentre si parla di “snellire” il Parlamento, le strutture della democrazia, siano esse alte o basse, si rivelano permeate dalla corruzione. “Nonostante la corruzione dilagante, in questo momento ci si preoccupa solo di ridurre i parlamentari che sono ridotti oramai a semplici passacarte di gruppi di interesse e lobby”.
” I mostri legislativi – continua Buemi – vengono fuori dalla inadeguatezza della performance parlamentare, non dal bicameralismo; la doppia lettura del bicameralismo permette a tutti, opinione pubblica, professori, tecnici, operatori del diritto, di controllare, di suggerire correzioni, di scoprire errori tecnici e sottovalutazioni politiche. Bisogna spiegare alla classe dirigente politica che il Paese non può essere sottoposto ad uno stress riformista continuo come quello che stiamo vivendo perché non facciamo altro che sfornare mostri legislativi. C’è una superficialità preoccupante nel produrre leggi”.
“Mi rendo conto che c’è quasi del ridicolo in questa mia proposta – ha concluso Buemi – ma io vorrei che si aprisse un serio dibattito perché in questo momento si stanno avanzando cambiamenti che si potrebbero rivelare disastrosi mentre i burocrati tengono ancora in mano il paese, le storture non vengono corrette, come stipendi per dirigenti apicali da capogiro e finanziamenti ad aziende editoriali in crisi che continuano ad elargire dividendi milionari a presidenti e consiglieri.
Non mi interessa preservare la mia carriera politica, perché non credo di avere un futuro politico, il mio è un vero e proprio grido di dolore nei confronti delle giovani generazioni che non si possono lasciare infatuare dai non-contenuti, perché queste riforme sono non-contenuti“.
E se più che alla forma del Parlamento ci preoccupassimo di chi mandiamo in Parlamento? Se invece di cambiare l’assetto cambiassimo le teste?
Assemblea costituente – intervento Antonio Giolitti – 17 settembre 1947
Disegno di legge costituzionale, n. 1280 presentato dal sen. Enrico Buemi – 4 febbraio 2014

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