I diabolici mass-media contro Renzo Bossi, la battaglia del secolo che ha mietuto una vittima illustre, rea di portare un cognome schiamazzante e trasudante.
Il delfino-trota
Definito dal suo stesso genitore più che un delfino, una trota, il giovane Renzo si avvia a una carriera politica irta di ostacoli ma anche pregna di soddisfazioni. Già a scuola i professori, per sviare sospetti di presunte raccomandazioni, lo bocciano per tre volte all’esame di maturità, costringendolo a ripetere le tabelline e i confini dell’Italia. Ma il ruspante rampollo della Lega non demorde, cambia pettinatura e si prende la sua rivincita. Nel 2009 viene infatti nominato membro dell’osservatorio sulla trasparenza e l’efficacia del sistema fieristico lombardo con uno stipendio di 12.000 euro al mese e, ancorché lordi, accetta.
Da membro a consigliere
L’anno successivo subisce però un’atroce disfatta e deve accontentarsi dei 9.000 mensili che percepisce un semplice consigliere regionale di 22 anni. Renzo ribadisce la sua integrità morale chiamando i gay “culattoni” e prendendosi una denuncia dall’Arci per istigazione a odio razziale dopo aver messo su Facebook il videogame “rimbalza il clandestino”. La sua passione per il teatro dell’assurdo lo ha impegnato nel video recita dove ci illumina sulla differenza tra vecchi e nuovi media, ripetendo la parola “locale” 627 volte. In un mondo di falsi invalidi è perlomeno lodevole che siano concesse tali possibilità a un giovane sgrammaticato, che legge con difficoltà e che comunica con il dito medio.