La comunicazione e la politica sono tra i protagonisti del dramma di Tolosa e del giovane killer Moahamed Merah, ucciso dalle teste di cuoio francesi. L’evento infatti si è immediatamente connesso con la campagna delle presidenziali, iniettando ulteriore disgusto agli elettori, abbondantemente afflitti dalle liti tra i futuri candidati circa la macellazione della carne halal, sulle adozioni per i gay, più che informati su programmi e progetti – realistici – sulla gestione della crisi.

Se è sicuro che il 22 aprile la maggior parte dei francesi andrà alle urne, è però altrettanto sicuro che, ancora oggi, non saprebbe chi votare. A ulteriore conferma un dato: le reti tv come France 5 o Arté, il cui palinsesto è di documentari e approfondimenti culturali, hanno raddoppiato gli ascolti di spettatori in fuga dai talk show. Un altro elemento che collega Tolosa con le presidenziali è che in molte redazioni giornalistiche si è tardato a capire dove situare la strage: all’interno della cronaca o della politica?
Se fino a martedì 20 marzo il massacro di bambini nella scuola ebraica era un fatto di cronaca, non lo è stato più mercoledì 21 marzo. L’avvenimento ha preso subito una dimensione politica. Certamente i punti di vista della polizia, della procura, della stampa, della politica, e dei sociologi divergono tutti. Ma sono tutti d’accordo che se si fosse trattato dell’uccisione di senza fissa dimora l’episodio sarebbe rimasto nei fatti di cronaca e sicuramente non avrebbe avuto lo stesso impatto. Il fatto che si sia trattato di bambini per di più appartenenti alla comunità ebraica ha aggravato la percezione dell’evento sul piano emozionale. E del resto toccare la comunità ebraica riposiziona immediatamente la questione sul piano politico. In aggiunta alla rivendicazione di Mohamed Mahel di aver ucciso per vendicare la morte dei bambini palestinesi da parte di Israele. E questo è un altro punto ancora. La questione israelo-palestinese diventa la sfida della Francia? La strumentalizzazione politica si è subito manifestata.

Campagna elettorale sospesa, ma…
L’attentato ha portato una sospensione della campagna elettorale, fino alle più alte istituzioni. Il Csa (Conseil supérieur de l’Audiovisuel) ha dichiarato che non avrebbe contabilizzato il tempo di parola dei candidati se si fossero espressi sul massacro del 19 e del 20 marzo. I candidati si sono lanciati così in una gara di equilibrismo, tra la preoccupazione di non dare impressione di voler récupérer cioè di appropriarsi della tragedia a proprio vantaggio, e quello di non essere accusati di volerla minimizzare. Questa patetica ginnastica ha creato, se possibile, ulteriore disgusto tra gli elettori rispetto la campagna e rispetto anche alla loro scelta. Sarkozy ha immediatamente ripreso il suo ruolo annunciando che avrebbe sospeso la campagna fino a mercoledì 21 marzo. Stessa cosa, per François Hollande che ha annullato un suo intervento in tv. Entrambi si sono recati a Tolosa a rispettare il minuto di silenzio, e poi alla sinagoga di Nazareth a Parigi. I loro siti internet hanno amplificato il loro sentire rispetto alla vicenda.
Gli altri candidati: Le Pen sospende incontri e interventi tv, Eva Joly condanna l’“atto ignobile”, Bayrou (Modem) e Mélenchon hanno annunciato di riprendere la campagna che per Mélenchon sarebbe un atto di resistenza. Con ogni evidenza, è la stessa sospensione di campagna a fare spettacolo. Sarkozy in particolare ne ha approfittato informando la popolazione delle fasi riguardanti il “blitz”. Un compito che sarebbe spettato alla procura.

Il caso di papy Voise
La memoria di molti media è andata allora all’affaire “papy Voise”, che aveva preceduto il primo turno delle elezioni del 2002. Paul Voise, un anziano signore in pensione, venne aggredito, malmenato e derubato da un gruppo di malfattori e la sua casa bruciata. L’attenzione mediatica praticamente ossessiva sul fatto di cronaca determinò un’avanzata notevole della destra che fino a quel momento aveva battuto sul tema della sicurezza. Altro grande tema inutile a affrontare le crisi che si stavano prospettando, e che la destra francese ha largamente facilitato, né visto né saputo gestire. Gli approfondimenti successivi sull’affaire Voise e la gestione politico mediatica di questo, fecero emergere numerosissime zone d’ombra, al punto che il tribunale di Orleans classificò il caso come un non-luogo a procedere.
Di sicuro, l’accaduto di Tolosa, non identificabile nella sostanza con l’episodio di papy Voise, diventa però molto simile per quanto riguarda il modo in cui un fatto di cronaca incide o meno sulla campagna elettorale rendendo di nuovo attuali i temi cari alla destra. Così le polemiche di tipo identitario legate alla carne halal (e poco fortunate) si riallacciano alla sicurezza, all’immigrazione, e al razzismo che, almeno in questa fase erano stati lasciati da parte.

Le nuove sfide politiche
La prima a lanciarsi è stata Marine Le Pen. Se aveva scelto il silenzio quando la prima pista era neonazi, si è lasciata andare a invocazioni della pena di morte contro questi assassini così poco controllati che se ne vanno liberamente per la Francia, a causa di un laissez faire diventato insostenibile. Per colpa dei “buonisti” direbbe la Lega e titolerebbero Libero e il Giornale…
Così, ancora una volta i temi di fondo che animano il dibattito per la scelta del candidato della quinta potenza mondiale, sono totalmente inefficaci ad affrontare le sfide del XXI secolo.

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