Animale impuro già secondo la legge mosaica, il pipistrello è presentato come malefico nei bestiari medioevali dal XII secolo in poi. Mammifero volante che odia il giorno e frequenta le tenebre, che vede e si sposta nel buio della notte, che dorme con la testa in giù: tutti elementi sufficienti a farne un notturno ucello di Satana.

Del resto, presso i Maya lo troviamo come emblema della morte, come Camatzoz, divinità che incarna le forze sotterranee. E nel libro sacro di questa civiltà precolombiana, il Popol Vuh, si parla della “casa dei pipistrelli”, una delle regioni sotterranee da attraversare per raggiungere il regno dei morti. E ancora il pipistrello è distruttore di vita, maestro del fuoco e, insieme, divoratore della luce; associato al Nord, è spesso raffigurato con il coltello dei sacrifici in mano e la sua vittima nell’altra; ed è chiamato “colui che strappa le teste”. E per i Tupinambas del Brasile – ricordiamolo – la fine del mondo sarà preceduta dalla sparizione del sole, divorato da un pipistrello.

In certe opere d’arte d’ispirazione germanica, poi, l’animale appare come attributo dell’invidia: il pipistrello vola nella notte così come l’invidioso opers nell’ombra; reta abbagliato dalla luce come l’invidioso non può sopposrtare lo sguardo di chi gli è superiore.

Secondo una tradizione africana il pipistrello può assumere un doppio significato: in positivo è immagine della perspicacia (vede nell’oscurità); in negativo raffigura il nemico della luce, lo “stravagante” che fa tutto al rovescio e vede il mondo a testa in giù. In positivo le sue grandi orecchie sono emblema di un udito che tutto capta; in negativo, orribili escrescenze. L’ambiguità della  natura ibrida del nostro chirottero è sottolineata dalla tradizione alchemica dove, a volte, rappresenta l’androgino. E nell’iconografia rinascimentale, in quanto essere volante munito di mammelle, simboleggia la donna feconda. Del resto, il suo antropomorfismo, come nota Roger Caillois, è assai spiccato: presenza di vere mani con pollice opponibile alle altre dita, mammelle pettorali, flusso mestruale periodico, pene libero e pendulo.

In Estremo Oriente il pipistrello è simbolo della fortuna poiché l’deogramma che lo designa, fou, è omofono all’ideogramma che significa fortuna, felicità. La sua immagine accompagna, talvolta, il carattere che indica la longevità e figura sui vestiti del genio della fortuna. Cinque pipistrelli, del resto, raffigurano le cinque fortune: ricchezza, longevità, tranquillità, culto dell virtù (o santità), buona morte. La longevità è richiamata dal fatto che il pipistrello vive nelle caverne – passaggio verso il dominio degli immortali – dove si nutre di concrezioni vivificanti. Niente di strano, quindi, che venga a costituire lui stesso un cibo di immortalità. Ricordiamo ancora che la pratica taoista della “fortificazione del cervello”, simboleggiata dal pipistrello (cervello pesante, testa all’ingiù) comportava anche operazioni di tipo erotico. Non a caso troviamo il pipistrello come componente di droghe dal potere afrodisiaco, virtù che Plinio – cambiando ambiente – riconosceva al sangue dell’animale.

Non si può poi dimenticare il pipistrello vampiro, cioè un morto che esce dalla sua tomba per succhiare il sangue dei vivi (così  come un tipo di pipistrello, detto appunto vampiro, succhia il sangue del bestiame addormentato). La credenza era assai diffusa in Russia, in Polonia, nell’Europa centrale, in Grecia, in Arabia. E la tradizione vuole  che coloro i quali sono stati vittime dei vampiri divengano vampiri a loro volta. A questo punto come non ricordare Dracula il vampiro, di Bram Stocker, portato anche più volte sullo schermo in film non sempre nobilissimi? Quel vampiro che è “sistemato a dovere” solo con un paletto di frassino (o di ontano) confitto nel cuore? Quel Dracula che forse trae origine da un personaggio realmente esistito, il sanguinario voivode valacco Vlad Drakul, vissuto nella seconda metà del quindicesimo secolo?

Un racconto degli indiani Chami, delle Ande colombiane, infine, narra del mitico eroe Aribada che uccide il pipistrello Inka per impadronirsi del suo potere di addormentare le vittime. In effetti, si dice che quando il vampiro vuol mordere un uomo addormentato, per non svegliarlo batta continuamente le ali. E così Ariada si introduce la notte presso le donne addormentate e agita due fazzoletti, uno bianco e uno rosso,  perché continuino a dormire sì che lui possa abusare di esse a loro insaputa.

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