Il Tesoro di San Gennaro, considerato uno dei più importanti e ricchi tesori d’arte orafa al mondo, viene presentato per la prima volta al di fuori della città di Napoli. Al Museo Fondazione Roma a Palazzo Sciarra sarà possibile visitare sino al 16 febbraio l’esposizione curata da Paolo Jorio, direttore del Museo del Tesoro di San Gennaro, e Ciro Paolillo, esperto gemmologo e docente alla Sapienza di Roma.

Settanta opere di inestimabile valore, suddivise in cinque sezioni, per raccontare settecento anni di arte orafa partenopea e per ricostruire la storia del Tesoro, creatosi in questi sette secoli attraverso donazioni di papi, imperatori, uomini illustri e persone comuni.
“Ho voluto questa mostra – spiega Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma – perché la bellezza deve essere fruibile a tutti. In un Paese in cui non c’è più nulla, dall’agricoltura all’industria, ci rimangono solo il territorio e il patrimonio d’arte. Invece sembra si lavori per occultare la bellezza, nelle biblioteche chiuse come nelle stanze private di assessorati e sovrintendenze”.
Tra i donatori figurano Vittorio Emanule II e Umberto II di Savoia, Maria José di Belgio, Maria Carolina d’Austria, Ferdinando di Borbone, Papa Pio IX e Gioacchino Murat, cognato di Napoleone. Un tesoro che è riuscito a mantenersi intatto nei secoli grazie alla protezione della Deputazione della Real Cappella del tesoro, una organizzazione laica creata dalla città di Napoli nel 1527 con il duplice scopo di erigere la Cappella dedicata al santo all’interno del Duomo di Napoli e di difendere la collezione da spoliazioni e vendite. Il tesoro di San Gennaro, composto da “21.610 pezzi a corredo del vero tesoro che è il sangue del Santo” spiegano i curatori, è infatti di proprietà del Popolo della città, rappresentato appunto dalla Deputazione. Sarà possibile ammirare non solo gioielli ma documenti originali, dipinti, sculture, disegni e arredi sacri, indispensabili per ricostruire la storia di un culto legato a doppio filo alla città di Napoli. Sono esposti anche i due capolavori della collezione: la collana di San Gennaro realizzata da Michele Dato nel 1679 in oro, argento e pietre preziose, e che fino al 1993 ha continuato ad arricchirsi dei doni dei sovrani d’Europa, dalla croce in diamanti e zaffiri di Maria Carolina d’Austria all’anello che Maria José, moglie di Umberto di Savoia, si sfilò dal dito, passando per Carlo di Borbone, Maria Amalia di Sassonia e persino Napoleone, per una volta donatore e non predatore. E la Mitra in argento dorato con 3.964 gemme preziose tra diamanti, rubini e smeraldi, commissionata da re Carlo II d’Angiò al maestro Matteo Treglia per i festeggiamenti dell’aprile 1713. E ancora, il maestoso San Michele Arcangelo che sguaina la spada, l’esercito di santi in argento che avrebbero dovuto “coadiuvare” l’aiuto di San Gennaro. La scelta delle pietre utilizzate in questi doni ha un suo significato. Secondo la simbologia infatti lo smeraldo rappresentava l’unione della sacralità di San Gennaro con l’eternità e il potere, i rubini il sangue dei martiri, i diamanti la fede inattaccabile. I preziosi doni erano un modo per esprimere la propria devozione al santo ma dovevano distinguersi per il grande valore artistico affinchè fossero accettati dalla Deputazione. Eppure tra i numerosi preziosi doni raccolti in sette secoli c’è anche una semplice scatola di caramelle. Si racconta che un giorno un incaricato della Deputazione trovò due bambine dentro la Cappella del Santo, si lamentavano perché erano venute da un’ora a portare delle caramelle a San Gennaro per ringraziarlo di aver guarito la loro mamma ma il santo taceva. Visto l’uomo gli chiesero se conosceva “Gennaro”. L’incaricato commosso rispose “si, Gennaro è un mio amico, datemi le caramelle e gliele farò avere”. Fu così che la scatola entrò a far parte del Tesoro. Per trasferire da Napoli a Roma gli oggetti del tesoro, sono stati effettuati sei viaggi «superblindati», con partenza dal caveau del Banco di Napoli, dove sono abitualmente custoditi i preziosi. Al termine della mostra il tesoro sarà esposto nella cattedrale partenopea grazie a speciali teche donate della Fondazione Roma.
A corredo dell’esposizione, sono previste conferenze di approfondimento e percorsi didattici per le scuole. 

San Gennaro, i miracoli e i fedeli
San Gennaro è uno dei santi cattolici più conosciuti al mondo tanto da contare circa 25 milioni di devoti. Nato probabilmente nel 272 d.C. a Benevento, città di cui sarà vescovo, muore nel 305, data riportata su alcuni documenti. Testimonianze dell’epoca raccontano che fu arrestato perché cristiano mentre si recava a Miseno ad assistere ad una liturgia. Essendosi rifiutato di sconfessare la sua fede, fu condannato a morte: per lui fu scelto il martirio delle belve nel Colosseo. La tradizione narra che grazie ad una sua benedizione gli animali si inchinarono rifiutandosi di toccarlo. Fu così deciso di decapitarlo alla Solfatara, un vulcano vicino Pozzuoli. Fu dopo l’esecuzione che Eusebia, nutrice del santo, raccolse il suo sangue in due ampolle secondo un’usanza comune tra i parenti dei giovani martirizzati. I due contenitori da questo momento saranno tipici dell’iconografia di San Gennaro. Fu sepolto probabilmente ad Agnano da dove, nel V secolo, fu spostato nella collina di Capodimonte all’interno della catacombe che ancora oggi portano il suo nome. Proprio durante questa traslazione sarebbe avvenuto per la prima volta il miracolo della liquefazione, miracolo che invece ha la sua prima attestazione storica nel 1389 durante una processione biblica. E’ a partire dal miracolo che il culto di San Gennaro inizia ad attrarre un sempre crescente numero di fedeli presso la sua tomba. Nel 1497 reliquie e ampolle vengono spostate in una nuova cripta costruita sotto il presbitero della cattedrale. Trenta anni dopo, tra il 1526 e il 1527, avviene un nuovo miracolo. Napoli in quel periodo era afflitta da tre grandi problemi: la guerra tra Spagna e Francia, la pestilenza e la violenta eruzione del Vesuvio. In quell’occasione il popolo fece un voto al santo, in realtà fu fatto un contratto con tanto di notaio (il documento datato al 13 gennaio 1527 è in esposizione): se San Gennaro li avesse protetti in cambio gli avrebbero costruito una Cappella più ampia nel Duomo. Il voto fu sciolto. Nel 1601 si decise quindi di costituire la Deputazione della Real Cappella deputata a gestire i fondi per la costruzione: furono scelti due rappresentanti per ogni Sedile cittadino (antica istituzione amministrativa di Napoli) per un totale di 12 membri. I lavori iniziarono nel 1608 e si conclusero nel 1646, anno in cui la Cappella fu inaugurata.


La tesoro, la guerra e il Vaticano

Sebbene il Tesoro sia stato sempre custodito nella città di Napoli, durante la seconda guerra mondiale, essendo la città partenopea sotto continuo bombardamento, fu necessario trasferire una consistente parte di esso a Monte Cassino. Gli spostamenti non erano però finiti. Saputo che anche Monte Cassino sarebbe stata bombardata dagli alleati, il tesoro fu spostato in Vaticano. A guerra finita del Tesoro non si avevano più notizie nonostante le continue richieste da parte delle Deputazione e del Vescovo di Ascalesi. Si offrì di recuperarlo Giuseppe Navarra, un palombaro arricchitosi durante la guerra con il mercato nero. Dalla sua partenza per Roma passarono lunghi mesi senza che il Vescovo ricevesse alcuna notizia. Oramai si temeva che Navarra si fosse impossessato del Tesoro chissà per quali scopi, quando il 26 gennaio del 1947 si presentò sul piazzale del Duomo con un camion contenente i preziosi. Raccontò di aver attraversato gli Appennini, viaggiando di notte e nascondendosi di giorno, per evitare di essere derubato dai predoni. Questo il motivo del suo ritardo. Quando il vescovo gli offrì una ricompensa, Navarra rispose: “Mi basta l’onore di aver reso un servizio a San Gennaro e a voi. Lasciatemi solo baciare il sacro anello, il denaro che mi offrite datelo ai poveri”. Il Tesoro di San Gennaro era salvo.
Da secoli il miracolo si ripete tre volte l’anno, in date significative della vita del santo: il sabato precedente la prima domenica di maggio, in memoria della traslazione; il 19 settembre, data del martirio; 16 dicembre, giorno in cui grazie all’intercessione di San Gennaro cessò l’eruzione del Vesuvio  del 1631.

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