Nell’ampio panorama offerto dall’editoria italiana sulla narrativa contemporanea straniera, la Cina è quasi sempre in secondo piano. Tutte le opere che approdano in Italia sono sempre state già tradotte almeno sei mesi prima da editori francesi o stranieri in genere, togliendo gran parte di quel merito che invece spetterebbe ad alcuni nostri bravi traduttori se non si verificasse il passaggio intermedio. L’Italia sembra però molto più attenta agli scambi commerciali (vendita di armi inclusa) che non a inserirsi nell’immenso mercato editoriale rappresentato dal Paese dell’estremo oriente.
Anche l’Occidente conosce solo una piccola parte delle opere cinesi. Sono centinaia i libri che attendono una traduzione. Per questo motivo Les Belles Lettres di Parigi, la prestigiosa casa editrice che pubblica la Collection Budé, una delle più ricche collane al mondo di classici latini e greci, ha creato la prima “Biblioteca cinese” con il testo a fronte. Un lavoro analogo lo sta svolgendo anche l’Università di Yale. Tuttavia, mentre nel college alcuni tra i maggiori sinologi americani si stanno occupando dei principali testi classici, la collana de Les Belles Lettres porterà la ricerca anche in campi inesplorati come la scienza, la tecnica e l’economia. A capo dell’iniziativa vi sono Anne Cheng, illustre docente di Storia intellettuale della Cina al Collège de France, e Marc Kalinowski, tra i cui incarichi, oltre a svolgere la funzione di “homo sapiens”, come ha scritto sul suo biglietto da visita, figura quello di “directeur d’etudes”, direttore degli studi all’École Pratique des Hautes Études. Secondo quanto dichiarato da Anne Cheng, l’intento di questa nuova collana è quello di far conoscere meglio, in una buona traduzione e con l’originale a fronte, la letteratura della Cina, la sua mistica, i trattati, le leggi, la poesia, ma anche opere storiche, politiche, militari, libri di medicina, astronomia e matematica. Obiettivo decisamente audace se si considera il fatto che non è mai del tutto possibile tradurre un’opera letteraria perché nel passaggio da una lingua all’altra si perde inevitabilmente qualcosa e che, come diceva Chomsky, il traduttore è considerato anche un po’un traditore. Ad ogni modo questo non sembra costituire un problema e a suon di tre, quattro volumi l’anno (sei sono già usciti e due saranno pubblicati in autunno), sarà dunque possibile accedere a un patrimonio culturale straordinariamente vasto che va dall’epoca di Confucio (551-479 a.C.) al 1911, anno che segna la fine del regime imperiale e l’abbandono della lingua classica in ambito letterario. È nata insomma la prima collezione al mondo con ristampe garantite, che apre un interessante varco su questo grande Paese che giorno dopo giorno aumenta la sua potenza non soltanto dal punto di vista economico.
L’interesse in ambito letterario non è tuttavia limitato alla parte occidentale. Dopo la caduta del regime imperiale la crema dell’intellighenzia cinese si dedicò senza eccezione alcuna, con traduzioni e saggi, a diffondere in terra cinese la letteratura occidentale in particolar modo quella italiana. Per motivi storici, gli scambi letterari sino-italiani tacquero per un certo periodo, ma a partire dalla fine degli anni Settanta, la Cina avviò una politica di riforme e apertura all’estero, il che creò un insieme di condizioni favorevoli agli scambi letterari sino-italiani e la diffusione della letteratura italiana in Cina conobbe un periodo di inedita floridezza. Da tempo si è ormai conclusa quella fase storica in cui la letteratura italiana veniva tradotta tramite un’altra lingua, il francese, l’inglese, il russo o il giapponese. Grazie agli sforzi di un gruppo di traduttori ed eruditi dediti allo studio della lingua e della cultura italiane, i cinesi possono leggere opere letterarie tradotte direttamente dalla lingua originale.
L’intensificarsi dei rapporti tra Cina e Italia, ha fatto sì che le traduzioni di letteratura italiana non si limitassero più al solo realismo, portando in auge anche autori negletti appartenenti a correnti di pensiero tendenzialmente sottovalute, come il futurismo, l’estetica dannunziana o il teatro di Pirandello. Dagli Novanta del XX secolo, sono state pubblicate in successione una serie di grandi collane della letteratura italiana che raccolgono grandi opere fra cui quelle di Levi, Svevo, Calvino, Moravia, Sciascia, Deledda e Malerba e dal 2000 ad oggi, in particolare grazie alla casa editrice Yilin di Nanchino, sono apparse anche opere di Tiziano Rossi, Daniele Del Giudice, Vincenzo Cerami, Alessandro Baricco, Paolo Giordano e il sempreverde Roberto Saviano.
Inoltre, la fondazione, avvenuta nel 1989 a Pechino, della Yidali wenxue xuehui, Società Letteraria Italiana, in stretta e proficua collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura dell’Ambasciata d’Italia, ha permesso l’organizzazione di veri e propri simposi sulla letteratura italiana che hanno visto la partecipazione attiva di scrittori e studiosi italiani. Nel 1998, dopo aver preso parte a un convegno, Luigi Malerba disse che “la cultura è l’anima del commercio”. Non è un caso che lo stesso Marco Polo, spinto in Cina da interessi mercantili debba la sua fama mondiale al Milione, l’opera che ha permesso agli europei di scoprire l’Oriente.