L’ANAI fa anzitutto rilevare che la Corte Costituzionale con la decisione n. 272/2012 ha dichiarato l’incostituzionalità della normativa sulla obbligatorietà della mediaconciliazione per eccesso di delega.

Mentre davanti alla stessa Corte erano state trasmesse – con più di dieci ordinanze – altre questioni di incostituzionalità che la Consulta non ha esaminato avendo affrontato solo la questione preliminare ed assorbente.
Il Presidente Maurizio De Tilla illustra i motivi di incostituzionalità:
“Il decreto legge del Governo del “Fare male” ripristina la obbligatorietà, sostanzialmente nello stesso modo previsto dalla precedente normativa dichiarata incostituzionale, riproducendo le stesse illegittimità che gran parte dei cittadini riproporranno nelle procedure di mediaconciliazione.
Le questioni di illegittimità sono tutte nuovamente presenti. Anzitutto la mancanza di indipendenza, di professionalità e di trasparenza delle Camere di conciliazione private (più di mille autorizzate con il silenzio-assenso).
A ciò si aggiunge – come motivo di illegittimità – l’assenza nei mediatori di una specifica professionalità con mancanza di specializzazione, qualificazione e perizia.
Altra ragione di illegittimità si può trarre dal contrasto con l’art. 111 Cost. sotto il profilo della ragionevole durata del processo, in quanto l’esperimento della mediazione dilaterebbe i tempi di esso senza che ciò sia giustificato da esigenze specifiche ed anche perché l’esperimento obbligatorio della mediazione dovrebbe effettuarsi non solo con riferimento alla domanda principale, ma anche in relazione ad ogni singola azione proposta nel corso del processo.
Dette disposizioni violerebbero, tra l’altro, l’art. 3 Cost. per irragionevolezza della previsione della obbligatorietà della mediazione avente ad oggetto le controversie di competenza del Giudice di pace, dal momento che, nel procedimento avanti al detto giudice, è già previsto il tentativo obbligatorio di conciliazione.
Ulteriore motivo di illegittimità è il costo della procedura obbligatoria di conciliazione che dovrebbe essere gratuita. Su quest’ultimo punto è da rilevare che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, il quale deve trovare attuazione uguale per tutti. Illegittimo è qualsiasi esborso per una mediaconciliazione coercitiva, esborso erogato ad un organismo che spesso ha natura privata.
Tale esborso non può considerarsi nemmeno razionalmente collegato alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento conforme alla sua funzione. Un qualsiasi esborso può rinvenirsi solo nelle cauzioni e nei tributi giudiziari, non in altre cause di pagamento.
Ma vi è ancora di più: la disciplina della mediazione non prevede criteri di competenza territoriale, con la conseguenza che il chiamato potrebbe essere posto nelle svantaggiosa posizione di andare a difendersi anche in luoghi molto distanti dalla sua residenza; il che è aggravato dalla previsione che la mancata comparizione del chiamato davanti al mediatore può essere valutata negativamente dal giudice.
La coercizione della normativa di ripristino della media conciliazione obbligatoria è ancora più grave ed illegittima laddove si prevede alla lettera i) dell’art. 79 del nuovo decreto legge che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediaconciliazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio. Ancora, è previsto che il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo al versamento allo Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Tutto ciò contrasta con il principio che qualsiasi procedura di conciliazione stragiudiziale non può avere nessuna influenza sul giudizio di merito né produrre sanzioni o preclusioni. Si tratterebbe nella sostanza di un quarto grado di giudizio senza alcuna garanzia per le parti.
In Europa (v. la Corte Europea) si sono susseguite decisioni che hanno dichiarato illegittime le norme coercitive e sanzionatorie sopra riportate.
Al fallimento della mediaconciliazione obbligatoria “di prima” seguirà certamente il fallimento “di domani”.
La mediaconciliazione obbligatoria non ha, infatti, alcuno spazio concreto in Europa e in Italia.
Un milione di processi in meno costituiscono una “bufala” del Governo che fa indignare tutti. Come sempre, poca serietà ed attendibilità nelle dichiarazioni della politica!”

“La sciagura non è il ripristino della mediazione civile e commerciale  obbligatoria come da alcuni paventato, al contrario è il mancato allargamento  della stessa  ad altri diritti disponibili  dei cittadini” – lo dice il giurista d’impresa  Giovanni Pecoraro – presidente dell’associazione nazionale per l’arbitrato & la conciliazione – senza scopo di lucro – dal 1995. 
Basta leggere i numeri  e fare una semplice riflessione.  
Dalla data di entrata in vigore della mediazione obbligatoria (marzo 2011 fino alla data della sentenza della Consulta  “per eccesso di delega”  (emessa  a settembre del 2012 del comma 1 dell’art. 5 del D.Lsg 28/2010),  i processi pendenti da oltre 5 milioni si sono ridotti  a 4 milioni.  anche per effetto della mancanza di nuove domande giudiziali.  Dal settembre 2012 (data della sentenza della Consulta) stiamo assistendo  ad un’alluvione di domande giudiziali  che hanno di n uovo portato in meno  di otto mesi i procedimenti pendenti  a quelli esistenti prima dell’obbligatorietà.
E se, la situazione del penale è quella che è, nel civile è addirittura pietosa. L’ultimo rapporto Doing business 2009 ci colloca al 156° posto su un totale di 181 Paesi censiti.
Siamo in coda ad Angola, Gabon, Guinea, ma davanti a Gibuti, Liberia, Trinidad, al contrario dei nostri  partner europei. La Germania è al nono posto, la Francia al decimo, il Regno Unito al 24°, la Spagna al 54°. 
Ma c’è di più. La Commissione europea per l’efficacia della giustizia (CEPEJ), organo del Consiglio d’Europa, ha reso pubblico il suo quarto rapporto di valutazione dei sistemi giudiziari europei, in occasione della Conferenza dei Ministri della Giustizia a Vienna (Austria), in presenza della Vice Segretario generale del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini-Dragoni, di ministri della giustizia e segretari di Stato alla giustizia e di eminenti personalità del mondo giuridico e politico dei 47 Stati membri dell’Organizzazione (settembre 2012).
Il rapporto è un documento unico nel suo genere, visto il numero di argomenti trattati ed esaminati  dai 47 Pesi dell’Unione. 

Grazie alla qualità dei dati raccolti e trattati con una metodologia ampiamente riconosciuta, il rapporto permette ai decisori politici, alla comunità giuridica e ai ricercatori di effettuare un’analisi affidabile dell’evoluzione dei sistemi giudiziari, sulla base di confronti eloquenti.
Contiene tabelle comparative e commenti pertinenti relativi ai settori essenziali, quali le spese pubbliche destinate al sistema giudiziario (anche in un periodo di crisi economica e finanziaria), il sistema del gratuito patrocinio, la mediazione, l’organizzazione delle giurisdizioni e la rete giudiziaria, il personale giudiziario e la parità di genere nelle carriere della magistratura, la gestione del flusso dei procedimenti nei tribunali, l’utilizzo delle nuove tecnologie nei procedimenti giudiziari (giustizia elettronica e tribunali per via elettronica) e la durata dei processi.
”Un consiglio: nutile insistere nel disorientare politici e cittadini da parte di chi ha interesse al mantenimento di privilegi personali. Sarebbe meglio, molto meglio, rimboccarsi le maniche e confrontarsi con il “buon operare” nella mediazione da parte  anche da chi oggi dice di essere contrario alla reintroduzione della obbligatorietà facendosi scudo dei cittadini”.  Anche per questo motivo si invitano tutti i responsabili Parlamentari,  a convertire in   Legge il Decreto e non aspettare  i canonici 60 giorni “.

Ad Anai risponde l’associazione avvocati per la mediazione:  “Ero in attesa di un’ennesima manifestazione di malcontento da parte dell’avvocatura ostile alla mediazione che, incurante del parere dei saggi, degli indirizzi dell’Europa, e del buon senso, continua con un ostruzionismo non costruttivo che non puo’ fare altro che danneggiare ulteriormente il Paese”.
Cosi’ Lorenza Morello, presidente nazionale Avvocati per la mediazione, replica all’Associazione nazionale avvocati italiani.
”Per quanto riguarda l’irragionevole durata del processo, ricordo al presidente De Tilla che è proprio la cattiva giustizia ordinaria che fa condannare l’Italia per una sanzione pari a un punto di Pil, e di questo – sottolinea Morello – non può certo essere tacciata la mediazione che, invece, si ripropone di chiudere un conflitto in 4 mesi laddove per una sentenza definitiva in sede civile in Italia si attendono in media 10 anni”.
Quanto alla violazione dell’art. 3 della Costituzione, osserva Morello, ”garantendo l’uguaglianza dei cittadini, deve permettere anche a coloro che vogliano far ricorso a metodi alternativi al processo di poterli adire”.
”Le lungaggini processuali – evidenzia ancora – rendono meno appetibile l’Italia anche innanzi agli investitori esteri, che dichiarano apertamente di rinunciare a investire sul nostro territorio a causa delle lungaggini con cui una qualsiasi controversia viene conclusa, tempi biblici e incompatibili con un business avanzato”. ”E’ bene smettere di strumentalizzare le agevolazioni che la mediazione presenta nei confronti di chi ne fa ricorso.
La mancanza di competenza territoriale, infatti – precisa – non vuole essere un aggravio per il soggetto in mediazione ma bensi’ una facilitazione, perche’ questo avra’ la possibilita’ di recarsi presso il centro di mediazione piu’ prossima a se’. Cosa che, invece, non è possibile nel rito ordinario”.
Sulla competenza, infine, Morello si dice d’accordo con l’Anai: ”conferire di diritto il titolo di mediatore agli avvocati snatura la norma e il senso della mediazione, che è un istituto che va studiato, conosciuto e praticato e, in quanto agli antipodi della difesa in giudizio, anche agli avvocati deve essere richiesto il possesso dei requisiti specifici”.

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