C’era una volta un bravo conduttore, con un buon curriculum fatto di gavetta in una grande realtà locale romana che poi ottiene un grande successo, talmente grande che può diventare ingombrante. Sto parlando di Marco Liorni, che molti ricorderanno per il Grande Fratello ma che, negli ultimi anni, era riuscito a far dimenticare quella benedetta “porta rossa” che consentiva l’ingresso nella casa più spiata d’Italia.

Per una congiunzione astrale di cui non vi è traccia né nel calendario Maya né in quello di “Frate Indovino”, Marco Liorni viene agganciato dalla Rai che si prende la briga di spogliarlo di quella immagine Mediaset così caratterizzante e di fornirgliene un’altra. Un po’ come in  un film di spionaggio, gli viene fornita una nuova identità con la conduzione di “Vita in diretta”. Una sfida enorme dato che Liorni viene scelto per sostituire Lamberto Sposini, giornalista alla guida dello storico programma dal 2008 al 2011, colto da un emorragia cerebrale a pochi minuti dalla diretta del 29 Aprile. Liorni accetta quella scommessa e con umiltà e pazienza conduce insieme a Mara Venier il pomeriggio di Raiuno ottenendo ottimi ascolti. Un grande professionista viene preso dalla tv di stato e viene formato per riempire, si potrebbe pensare, lo spazio, abbastanza carente dei conduttori maschili. La tv è donna, almeno in video, e l’ingresso in scuderia di un nuovo elemento viene infatti salutato molto bene in termini di popolarità e di immagine. Marco Liorni piace per la sua faccia pulita, per i suoi modi pacati, per la sua serietà e per la passione che mette nel lavoro che fa senza mai andare sopra le righe. L’inquilino della porta accanto che ti piacerebbe avere invece del solito rompipalle che la sorte ti regala. Cacchio, ma allora la Rai riesce ancora ad avere una progettualità aziendale se pensa di arricchire la propria squadra con un soggetto così.

E sempre a parlar male di questa azienda che non riesce a stare al passo con i tempi, che ha più canali tematici che frequenze disponibili, che ha un solo canale in HD per trasmettere e viene smistato a seconda dei programmi, che ha i tg regionali ancora in 4:3 quando pure mia nonna ha un 16:9 grande almeno 40 pollici (che così nonna vede meglio) regalato a Natale dai nipoti. Con Liorni si dimostra che la Rai non è imbavagliata da logiche oscure e da conduzioni “ai confini delle realtà”. Lo ha preso, lo ha “de-mediasettizzato” (cosa che non è riuscita a più di un suo collega) e gli ha affidato una diretta quotidiana di quasi tre ore per due anni di fila. E quando Liorni ha smesso di essere “quello del GF” ed è diventato “quello di Raiuno” l’azienda che fa? Cambia tutto il pomeriggio e non riesce a sfruttare il “capitale umano” che ha tra le mani. E meno male che non è rimasto invischiato nel paludoso esperimento di “Mission”, un successo solo per gli amanti di Twitter altrimenti avrebbe bruciato nello spazio di due serate tutto il lavoro fatto. E’ come se nel calcio avessi un capocannoniere e lo tenessi in panchina perché…perché… non riesco a capirlo il perché… forse solo l’Inter di Moratti è riuscita a fare una cosa simile quando aveva la panchina più lunga di un eurostar nelle ore di punta.

Meno male che le succitate reti tematiche sono tante (milioni di milioni direbbe la pubblicità della Negroni) e che Liorni è uno di quelli che non si tira indietro e non fa capricci da diva. E i programmi non solo li conduce, li scrive pure. É il caso di “I love. Ama e fa ciò che vuoi” scritto con la brava Gida Salvino e in onda ogni lunedì alle 23 su Rai premium: un programma che parla di grandi storie d’amore. Intense, drammatiche, passionali, proprio come la storia di baci, carezze e scarpe volanti tra Anna Magnani e Roberto Rossellini. Liorni la racconta, con eleganza e senza la volontà morbosa di fare retro-gossip e la intervalla con le storie di persone comuni incontrate alla stazione dei treni, incontri casuali ma ricchi di emozioni (“emozioni veri”). Immagini di baci rubati e di mani che si stringono per poi lasciarsi all’annuncio di un treno in partenza. E’ l’amore nelle sue sfaccettature: dolce, struggente ma anche amaro. Storie di vita, di possesso, tradimento, tenerezza accompagnate da belle immagini di repertorio si susseguono senza i ritmi ansiogeni di una sposa factual per una mezz’ora che scorre lieve. Sì, lieve è la parola giusta. Chiuderei con una riflessione che potrei sintetizzare così: la tv non è fatta solo di grandi eventi (peraltro costosi) e di fiction. E’ fatta anche di programmi dignitosi e fatti con cura. Quanto è logico fare ascolti su Rai Premium con un volto di Raiuno?

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