Si sa che il tema della competitività è assai scivoloso nel nostro paese. Quando poi si parla dei tempi burocratici e dei costi necessari per avviare un’impresa, prevale lo scoraggiamento, al Sud più che al Nord.

In realtà non è così scontata la fotografia che emerge dal Rapporto “Doing Business in Italia 2013” della Banca Mondiale, commissionato dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Rapporto confronta tredici città (Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Potenza, Roma e Torino) e sette porti italiani (Genova, Trieste, Napoli, Catania, Taranto, Gioia Tauro e Cagliari) in relazione a cinque indicatori: l’avvio d’impresa, l’ottenimento dei permessi edilizi, il trasferimento di proprietà immobiliare, la risoluzione di dispute commerciali e il commercio transfrontaliero marittimo.
Partiamo dalle good news che il Rapporto evidenzia: l’Italia ha migliorato il suo posto in classifica tra i Paesi in cui è più semplice fare impresa passando dall’87º posto al 73º. In ben undici delle città prese in esame per cominciare un’attività imprenditoriale ci vogliono pochi giorni come in Danimarca e Stati Uniti; in particolare le procedure sono rapide a Milano, Padova e Roma (sei giorni contro i dodici della media Ocse).
Altro elemento inaspettato che emerge dalla ricerca è la situazione “a macchia di leopardo” con differenze notevoli in termini di performance tra una città e l’altra senza però che ci sia una divisione netta tra i capoluoghi del Nord e quelli del Sud.
I tempi per l’ottenimento dei permessi necessari, per esempio, alla costruzione di un magazzino variano e di molto, ma tra città come Catanzaro e Palermo, in cui servono oltre sei mesi, e città sempre del Sud come Napoli, Campobasso e Potenza, dove basta la metà del tempo. A Milano, se si analizza questo dato, basta un mese per avere lo stesso permesso. Catanzaro, altro dato sorprendente, è la prima città nella classifica italiana per la facilità di avviare un’impresa, Cagliari è la seconda per la facilità di ottenere un permesso edilizio.
«Scoprire che c’è una scarsa differenza geografica e che il divario tra Nord e Sud non sia così netto in termini di performance – ha evidenziato il Ministro della Coesione territoriale, Fabrizio Barca nel corso della presentazione del Rapporto – dimostra che si può fare bene dappertutto se c’è la volontà da parte di un’amministrazione locale, anche usando ricette diverse. Le best practice servono da sprone per ottenere migliori risultati».
E l’Italia ce la può fare anche secondo il Direttore per gli indicatori globali e l’analisi della Banca Mondiale, Augusto Lopez Claros, secondo il quale «se in una sola città italiana si concentrassero tutte le best practice che abbiamo riscontrato in tredici capoluoghi italiani e assumessimo quella città come riferimento, l’Italia nella classifica del nostro Doing business passerebbe in un sol colpo dal settantatreesimo posto al numero 56 della classifica generale». L’effetto emulazione aiuterebbe quindi l’Italia ad essere più attrattiva e risolverebbe alcuni di quei problemi strutturali che frenano ogni slancio imprenditoriale.

Passando alle bad news contenute nel Rapporto “Doing Business”, nonostante i progressi che ci sono stati, l’Italia continua a collocarsi molto al di sotto di quella che è la posizione media dei 27 Paesi europei, che è intorno alla 40esima. Ci troviamo all’84º per avviamento d’impresa, al 103º per le concessioni dei permessi edilizi, al 104º per l’accesso al credito e al 160º per la risoluzione delle dispute commerciali.
E c’è un dato che accomuna tutte le città italiane prese in esame ed è la nota dolente del Rapporto: i costi eccessivi per avviare un’impresa. Tutti e tredici i capoluoghi sono enormemente al di sopra della media, con costi che sono circa pari al 14,5% del reddito pro capite, contro il 4,5% della media Ocse. In particolare, secondo la Banca Mondiale, oltre il 70% (il 72% per l’esattezza) di questi costi derivano dai servizi professionali.

Nel corso del suo intervento, il ministro Barca si è soffermato in particolare sugli eccessivi costi notarili, usando toni netti a riguardo: «La nascita di un’impresa è una tassa che favorisce una categoria di rentier. Le imprese dovrebbero chiedere dei cambiamenti».
I notai però non ci stanno e con una nota di Eliana Morandi, notaio di Rovereto, che è proprio uno dei referenti contattati dalla Banca mondiale per la realizzazione dello studio, contestano i dati. «Il rapporto – spiega Morandi – non prende in considerazione i dati oggettivi inviati dai referenti e l’abbiamo più volte segnalato. I costi notarili per le Srl e le Srl semplificate ammontano a circa il 10% del totale».

In ogni modo, in tutti gli interventi nel corso della presentazione del Rapporto, a partire da quello del direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, è emersa la necessità di proseguire con le riforme. I quattro piani d’azione nazionali messi a punto dal Governo, “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia” e “Piano di Azione Coesione” sono giudicati positivamente dagli osservatori, un primo importante passo, al quale farne seguire necessariamente degli altri, in attesa della prossima pagella, si spera, migliore di questa.

Doing Business in Italia 2012, 15 novembre 2012

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