Nella puntata scorsa abbiamo cominciato a parlare dei sintomi base del disturbo post traumatico da stress, vediamo ora gli altri sintomi importanti per la sua individuazione ma non sempre tutti presenti.

Sintomi generici
Altri sintomi che vanno a caratterizzare questo tipo di disturbo sono la paura, l’ansia, la sensazione di vulnerabilità, la facile irritabilità, la difficoltà a concentrarsi, la difficoltà ad addormentarsi (disturbi del sonno in genere), l’ipervigilanza, la depressione, il provare sensazioni inadeguate (spesso di terrore, agitazione o rabbia) di fronte a stimoli che ricordano l’evento traumatico (ad esempio ai reduci di guerra capita di provare terrore per i tuoni) e l’evitamento irrazionale di tutto ciò che possa in qualche modo attivare la sensazione provata durante il trauma (o il ricordo del trauma).
Vi sarà inoltre un calo dell’interesse nelle attività piacevoli, una sensazione di estraneità e di distacco verso gli altri, un affievolirsi della capacità emotiva ed affettiva e un restringimento delle prospettive per il futuro. Questi fattori porteranno ovviamente moltissimi effetti collaterali nei rapporti sociali, da quelli familiari a quelli di lavoro.
Inoltre chi ha questo disturbo, proprio come negli altri tipi di stress, può cercare la soluzione nella dipendenza da sostanze o da comportamenti inadeguati, per esempio chi ha provato un grande terrore può sentire il bisogno di mettere in atto comportamenti sempre più estremi perché in assenza di paura sente solo apatia.
Per di più se la persona traumatizzata è anche un superstite potrà provare sensi di colpa per essere sopravvissuta, in questi casi può mettere in atto strategie auto-punitive come per esempio rifiutare le cure o i soccorsi o esporsi nuovamente al pericolo scampato.
Vi saranno inoltre sintomi fisici, conseguenti agli effetti psicologici, come dolori lombari, disturbi gastrointestinali e forti cefalee.

Disturbo post traumatico da stress nei bambini
Il disturbo post traumatico da stress viene spesso riferito ai bambini proprio perché facilmente traumatizzabili. Vediamo quindi come riconoscere un bambino traumatizzato, ricordando che quasi sempre nei bambini traumatizzati segue questo disturbo.
I bambini che hanno subito un trauma presentano un tipo di stress caratterizzato dalla confusione, agitazione e comportamento disorganizzato. I sogni e le fantasie vengono pervase di elementi terrorizzanti e i giochi si fanno monotoni, spesso ricchi di elementi simbolici.
Infatti, non trovando altra via di comunicazione, il bambino esprime questo disturbo attraverso giochi o disegni ripetitivi, in cui vengono espressi elementi riguardanti il trauma subito.
Ma attenzione a non interpretare frettolosamente atteggiamenti simili nei vostri figli: spesso i bambini vengono colpiti in modi che si potrebbero definire “pseudo-traumatici” da eventi blandi a cui hanno assistito e che sono stati trasformati dalla loro fantasia o mal interpretati. Non dimentichiamoci che per un bambino può essere traumatico anche un peluche al quale si stacca un bottone, ovviamente per lui è importante e se possibile gli va spiegato l’accaduto, ma noi dovremo poter non drammatizzare un evento simile.
Inoltre può capitare che atteggiamenti del bambino come gesti o sguardi innocenti vengano riempiti di significato dalla mente dell’adulto, per definizione più maliziosa e contorta, bisogna dunque stare attenti a non lasciare spazio a interpretazioni erronee: possono essere proprio i nostri gesti o i nostri sguardi guidati dalla malizia a far cadere il bambino in trauma per qualcosa che non sapeva e che d’improvviso capisce nel modo più sbagliato.
La cautela coi bambini non è mai troppa: anche lì dove il trauma sia presente, con i nostri atteggiamenti allarmanti rischiamo di aggravare la situazione.

Estensione del disturbo post traumatico da stress
Per quanto vi siano molti eventi traumatici nella vita, fortunatamente a sviluppare questo disturbo sono in pochi: in realtà coinvolge uno scarso 10% della popolazione.
Di questi, circa il 40% ne soffrirà per meno di un anno, il 20% se lo porterà dietro per quasi 2 anni e il 10% per tutta la vita.
Per quanto riguarda la statistica su alcuni degli eventi traumatici, di tutti gli individui che hanno subito lesioni durante un qualsiasi tipo di evento drammatico è il 25% a subirne stress postumo. In particolare, tra coloro che hanno subito un incidente stradale è l’11% ad aver sviluppato questo tipo di stress; per le violenze fisiche (o sessuali) è il 50%; così come è il 50% ad averlo sviluppato tra i veterani di guerra.
Ed è proprio dalla rilevanza statistica di quest’ultima categoria e dal loro quadro sintomatologico particolarmente grave che si è sentita la necessità di catalogare e studiare questo disturbo. Fu infatti dopo la guerra del Vietnam, in seguito alla quale moltissimi superstiti furono gravemente provati dall’esperienza vissuta, che il disturbo da stress post traumatico venne definitivamente inserito tra i disturbi psicologici.
Dai dati si può dedurre come il fulcro del problema non sia l’evento traumatico in sé, per quanto drammatico sia, ma la capacità della persona nel superarlo. E, a volte, la capacità della collettività o del Paese di prevenirlo.

Soluzioni preventive
La prima soluzione a questo tipo di disturbo è la prevenzione sociale e organizzativa, ovvero evitare il più possibile che si creino le condizioni per il verificarsi di situazioni collettivamente traumatiche. Ad esempio sensibilizzando le masse affinché non abbiano comportamenti lesivi o auto lesivi; o in altri casi cercando di migliorare la tecnologia e la preparazione umana.
E lì dove i drammi siano di origine naturale e quindi inevitabili, ridurre il più possibile i danni grazie a comunicazioni tempestive, o nel peggiore dei casi ridurre i danni grazie alla preparazione dei soccorritori.
Un modo utilizzato dal Giappone per prevenire i danni di questo tipo di stress è preparare la popolazione, così che sia conscia dell’eventualità che possa accadere una catastrofe naturale, e che sia ben istruita su come procedere. I giapponesi hanno molte risorse disponibili su cui contare nel caso avvenga una catastrofe: questo li rende più sicuri e meno traumatizzabili. Tutto il mondo ha effettivamente ammirato la capacita di ripresa, le capacità organizzative e la forza che ha dimostrato il Giappone dopo il dramma ancora in atto di Fukushima.

Soluzioni assistenziali
Ma se non possiamo influire troppo sulle scelte organizzative del nostro paese, possiamo almeno sapere cosa fare individualmente nel caso in cui dopo un evento traumatico ci si presenti questo disturbo.
Si ritiene a volte utile l’esposizione guidata a stimoli sempre più forti e sempre più vicini a quanto subito. Altre volte, come per tutti i tipi di stress, risulta essere efficace anche la meditazione e l’avvio a tecniche di rilassamento.
Ma davvero efficace per la risoluzione del trauma risulta essere l’interruzione del circolo vizioso creato dai comportamenti conseguenti al trauma e dai pensieri relativi allo stesso. Ecco cosa bisogna fare: sforzarsi di fare cose piacevoli e gratificanti anche se queste non sono desiderate; lasciare scorrere i pensieri (sbagliato è il cercare di reprimerli), ad esempio può essere sia di aiuto catartico che monitorio (delle proprie sensazioni) tenere un diario dove scrivere i propri pensieri e sensazioni.
Interrotto questo circolo vizioso si potrà fare il passo più importante, ovvero quello di spostare la lancetta dalla drammatizzazione alla normalizzazione. Per fare questo bisogna prima di tutto prendere atto delle sensazioni psicologiche dovute al post trauma e vederle come reazioni normali e non atipiche; dopo di che andrebbe decatastrofizzato anche l’evento accaduto cercando di vederlo più normale di quanto sia stato vissuto fino a quel momento.
E con questo abbiamo detto veramente tutto!

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