Bisogna combattere la visione mercantilistica dei diritti e della professione forense del Governo, reagire alla crisi del monopolio statale della giurisdizione, puntare all’abrogazione delle norme delle varie manovre che mortificano i valori essenziali dell’avvocatura, approvazione di uno Statuto che rafforzi accesso, formazione, specializzazione, controllo deontologico domestico, qualificazione e soprattutto unità dell’avvocatura.

Su queste basi il vice presidente del Consiglio nazionale forense Ubaldo Perfetti ha aperto i lavori del Congresso forense straordinario che si tiene dal 23 al 24 Milano sotto lo slogan “I diritti non sono merce”.
Secondo il presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli, il governo chiede all’Avvocatura obiettivi irraggiungibili senza ascoltare le proposte che arrivano dal mondo forense.
Il Congresso dell’avvocatura “I diritti non sono merce” è stato convocato d’urgenza per esprimere tutto il disagio di una categoria che sta subendo cosiddette “riforme”, ideologicamente dettate dalla primazia dell’economia sui diritti. “Riforme viziate dall’uso ideologico del diritto comunitario e dall’uso ideologico dell’emergenza economica”, ha ricordato nel suo intervento Perfetti.
«Gli ultimi interventi, dalla Manovra di luglio al decreto Cresci-Italia, stanno modificando profondamente il volto della professione e con arroganza lo fanno con atti amministrativi regolamentari. È così che incideranno su una attività professionale che è riconosciuta dalla Costituzione» – ha detto Perfetti – Quel che più è peggio è che con la stessa visione si interviene sul processo e sulla tutela dei diritti, con provvedimento che apparentemente sembrano frammentari (mediazione obbligatoria, aumenti dei costi di accesso alla giustizia, sanzioni pecuniarie nel processo) ma che in realtà corrispondono a un disegno preciso: mettere in crisi il monopolio statale della giurisdizione, privatizzare la giustizia. Contro questo disegno l’avvocatura deve reagire».
Il vicepresidente del Cnf ha evidenziato come le scelte del Governo siano “di retroguardia” rispetto alla visione più moderna della Unione europea, che con la Carta dei diritti fondamentali ha ribaltato la visione economicistica in funzione di una maggiore tutela dei diritti a garanzia dei cittadini.
« Dobbiamo continuare la nostra azione – ha detto – per ottenere l’abrogazione di quelle norme che sono contrarie ai valori fondanti della professione come le società con soci di puro capitale, un tirocinio ridotto, la completa abolizione dei riferimenti tariffari».
Ma soprattutto l’avvocatura deve dimostrare quella unità, a dire il vero mai mostrata in passato, che possa mandare un forte monito alla politica per non mercificare i diritti.
Per il presidente della Cassa Forense Bagnoli, i principi di indipendenza e autonomia della professione oggi vengono minacciati dalle false liberalizzazioni del Governo che, in un periodo di grave crisi economica, rischiano ulteriormente di deprimere i già depressi redditi degli avvocati.
Dovremo garantire un equilibrio di bilancio a 50 anni, ha continuato il presidente dell’Ente, senza considerare i patrimoni. «Se non si raggiungerà questo obiettivo scatterà la sanzione: il passaggio al contributivo pro-rata e l’applicazione di un contributo di solidarietà dell’1% da parte di tutti i pensionati». Questo secondo Bagnoli porterà a raddoppiare la contribuzione dal 13 % al 26% con ovvie ripercussioni sulla già grave situazione reddituale degli avvocati, perché la percentuale degli iscritti alla Cassa che dichiarano meno di 16000 euro annui supera il 37%.
Il disegno governativo, sempre secondo Bagnoli sarebbe chiaro: scardinare il sistema degli enti previdenziali privati e mettere le mani sui loro patrimoni per sanare il deficit pubblico.
Ma è Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura a parlare il linguaggio da sempre più “vicino” alla politica: fate attenzione perché rappresentiamo un milione di voti.
«Nel nostro Paese assistiamo ad una crisi di democrazia e di rappresentanza e l’Avvocatura – avverte De Tilla – non è più disposta a continuare a subire senza reagire. Siamo oltre 230 mila e costituiamo un bacino di oltre 1 milione di voti». Di questa forza “elettorale” l’avvocatura, secondo De Tilla, ne ha preso coscienza: «trarremo le dovute conseguenze: non voteremo chi ha affossato la professione forense dando la fiducia, chiediamo agli avvocati-parlamentari la coerenza di dimettersi dall’albo professionale».
Il Presidente dell’Oua chiede al Governo un dialogo vero sulla giustizia per l’instaurazione di un tavolo di concertazione sulla revisione della geografia giudiziaria con la presenza degli Ordini territoriali, un confronto ragionato per evitare le soppressioni inutili della stragrande maggioranza degli uffici del giudice di pace, delle sezioni distaccate e dei Tribunali minori. Senza contare l’abrogazione della media conciliazione, un pasticcio tutto italiano secondo il presidente Oua che attende fiducioso la pronuncia della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia Europea.
De Tilla se la prende anche con i magistrati perché in tutto questo tempo non è arrivato dall’Anm, con la quale l’Oua aveva firmato un Patto per la Giustizia, un impegno concreto affinché le proposte concordate con gli avvocati fossero patrimonio comune di un’azione di confronto con il Governo. «la conclusione è che solo gli avvocati sono preoccupati per la tutela dei diritti dei cittadini – ha concluso De Tilla – e forti delle nostre ragioni marceremo in modo non-violento, in tutta Italia, fino ad una grande manifestazione conclusiva a Roma» (in allegato le richieste dell’Oua).
Ma la ricerca dell’unitarietà non sembra aver trovato una pacifica soluzione, perché per l’Associazione nazionale forense il Congresso nasce male.
«Questo congresso, spiace constatarlo, nasce male – dice il segretario generale dell’Anf, Ester Perifano – avrebbe dovuto essere terreno di confronto, ma invece alcune scelte denunciano chiaramente l’obiettivo di voler blindare il risultato finale. È un grave danno per l’avvocatura, perché ci attendono scadenze che sono di fondamentale importanza per il futuro della categoria».
I tempi stringono per il segretario Anf: il 20 aprile il Guardasigilli Severino attende gli avvocati ad un contributo di merito sullo Statuto ordinamentale. «Si tratta – ha continuato Perifano – di affrontare problematiche essenziali come la formazione, l’assicurazione obbligatoria e soprattutto la revisione della governance, locale e nazionale. Se non saremo capaci di dare tutti assieme, e unitariamente, i suggerimenti giusti, avremo poi poco da recriminare. Il rischio è notevole anche sul versante previdenziale: se entro il 30 settembre non verranno date al ministro Fornero adeguate risposte, saremo assimilati al sistema contributivo pubblico e perderemo la nostra specificità». Il tempo è scaduto e secondo Anf non si può continuare a dire di no ma proporre alternative, per questo l’Anf ha lasciato a tutti i delegati un documento con le proposte di merito riguardanti i temi sul tappeto (leggibili in allegato).
La triste parabola dei rapporti con via Arenula
 Come siamo arrivati a questo punto? Si domanderebbero due persone sul punto di lasciarsi. Il problema è che tra avvocatura e l’avvocato-ministro Severino la rottura sembra definitiva, perchè il Guardasigilli non ha intenzione di presentarsi a Milano. Del resto per il ministro l’aria sarebbe quantomeno pesante. I rapporti tra mondo forense e ministero della Giustizia possono essere così riassunti attraverso le visite dei Guardasigilli agli ultimi tre Congressi: a Bologna, a dicembre del 2008 il neo ministro nonché avvocato Angelino Alfano con la sua arringa strappò una standing ovation ai delegati, parlando di mondo dell’avvocatura importante, decisivo per fare le riforme. A novembre del 2010, a Genova, gli avvocati mostrarono già al ministro Alfano il cartellino rosso per le manovre in atto su conciliazione e processo civile. Il Guardasigilli arrivò all’improvviso dopo un susseguirsi di conferme e smentite, fece il suo breve saluto e ricevette svariati fischi (una minima parte rispetto a quelli promessi, vista l’attività frenetica dei vertici che stopparono diverse critiche).
Siamo così arrivati a Milano: il ministro della Giustizia Severino non si presenterà e gli avvocati si trovano a gestire una serie di leggi devastanti per la loro professione.
Responsabilità civile dei giudici
E mentre gli avvocati discutono su come trovare l’unità che farebbe da deterrente per le norme incostituzionali del Governo, i magistrati ottengono un rinvio della discussione sulla responsabilità civile dei giudici a data da destinarsi (durante la discussione della legge comunitaria alla Camera Gianfranco Pini, esponente della lega aveva presentato un emendamento sulla materia poi approvato dall’Aula). Non solo. Intervenendo in settimana in commissione Antimafia, lo stesso Guardasigilli Severino ha dichiarato che la responsabilità diretta dei magistrati non esiste in nessun paese Ue e che neanche la famosa sentenza della Corte di Giustizia chiederebbe questo tipo di disciplina. In settimana i rappresentanti delle toghe sono anche stati ascoltati in commissione Giustizia al Senato e il risultato è che il parere della commissione sul testo sarà contrario.

Le proposte dell’Oua
Il documento dell’Anf

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