L’associazione nazionale avvocati italiani (Anai) rivolge un appello tanto al presidente della Cassa Forense, Alberto Bagnoli, quanto alla commissione di studio creata dall’ente, che comincia oggi i suoi lavori sul nodo dell’obbligo di iscrizione contestuale alla Cassa oltre che all’Albo, previsto dalla nuova legge professionale, di tutti quegli avvocati finora esclusi perchè sotto i minimi contributivi.

Maurizio de Tilla, presidente Anai, sottolinea “come la solidità della Cassa forense sia di interesse per tutto l’intero ceto forense”, ricordando che una parte della politica minaccia l’autonomia stessa dell’ente: “La forte patrimonializzazione – spiega – ha da tempo attratto gli appetiti di una rapace politica che vede nelle Casse professionali una “riserva di caccia” per sanare buchi e deficit di bilancio.

 

Così si è passati a configurare la natura pubblica degli enti per giustificare prelievi forzosi (vere e proprie rapine di risparmi privati) ai quali bisogna reagire con forza, senza accettare di farsi mettere le mani in tasca”.

“In questo quadro piuttosto drammatico – continua – si inserisce la recente riforma forense che prevede la iscrizione obbligatoria alla Cassa di tutti gli avvocati iscritti agli albi. Oggi la differenza è di circa 70.000, domani sarà di più di 150.000.
In sostanza, si tratta di professionisti che hanno redditi molto bassi per i quali prima della riforma non scattava la iscrizione obbligatoria.

La legge di riforma prevede anche che la Cassa provveda a determinare, con apposito regolamento, i contributi da versare che saranno certamente inferiori a quelli degli avvocati che hanno redditi pari o superiori al minimo fissato dalla stessa Cassa Forense”.
Su questa questione l’Anai ha le idee chiare: “Fermiamo le ‘iscrizioni alla cieca’ – afferma – e determiniamo prima i contributi da versare. È proprio in base a tale indicazione che gli avvocati sceglieranno se rimanere iscritti agli albi e, di conseguenza, essere iscritti alla Cassa in base alle nuove regole. La iscrizione prima di tale determinazione non può essere fatta con effetto solo formale. La iscrizione alla Cassa ha, infatti, valore costitutivo con la conseguente applicazione di tutte le provvidenze previste dalla legge e dai regolamenti (assistenza, indennità di maternità, polizza sanitaria, contribuzioni straordinarie, etc.). Il che significa specificazione degli oneri e necessità di formulare previsioni attuariali che non sono state fino ad oggi fatte”.
“Né si può rispondere – ribadisce  – che, poiché i contributi saranno bassi perché bassi sono i redditi dei 70.000, il calcolo contributivo mette la Cassa al riparo da ogni rischio. È vero il contrario. La natura di forte solidarietà che ha da sempre contraddistinto la previdenza forense non può non riguardare tutti gli iscritti alla Cassa, anche quelli che non fanno o fanno marginalmente gli avvocati.
E poi come si fa ad escludere una larga parte di iscritti dal riconoscimento di una pensione minima che farà carico per solidarietà all’intera collettività forense”.

“Attenzione – conclude – De Tilla – Si rischia di dare un alibi alla “politica famelica” per sostenere due cose: l’annullamento e/o attenuazione del pilastro di solidarietà o la confluenza nel calderone INPS”.

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