Gli avvocati stanno affrontando sfide particolarmente difficili. Da una parte devono fare i conti con la crisi economica, dall’altra sono chiamati a confrontarsi con grandi trasformazioni che potrebbero cambiare ancor più di quanto già avvenuto la fisionomia della professione.


 
A fare le spese di questo clima di incertezze economiche e politiche sono soprattutto i giovani professionisti, più vulnerabili ai cambiamenti e per questo più bisognosi di tutele.
Per loro, come del resto per ogni associato, Cassa forense cerca di fare il massimo: dalla riforma della previdenza forense che, mettendo in sicurezza i conti nel medio e lungo periodo, assicura a tutti assistenza per lo stato di bisogno e pensioni adeguate, al nuovo regolamento delle sanzioni che, sempre garantendo massima efficienza, prevede norme più flessibili per venire incontro alle esigenze degli avvocati a inizio carriera e alla nuova pensione modulare, che permetterà di integrare la propria pensione di base versano una quota personale da decidere anno dopo anno in assoluta libertà.
D’altra parte, la necessità urgente di tendere una mano ai professionisti più giovani scaturisce da dati oggettivi.
Dalle ultime cifre in nostro possesso, tra il 2008 e il 2009 il reddito annuo di un avvocato tra i 25 e i 35 anni si è attestato intorno ai 20mila euro. Il che vuol dire, al netto dei contributi previdenziali e delle tasse, circa 1200 euro al mese.
Senza tredicesima, senza ferie e senza quelle tutele tipiche dei lavoratori subordinati.
Ma la situazione è ancora più critica se consideriamo gli oltre 50.000 giovani professionisti iscritti agli albi ma non alla Cassa, in gran parte sotto la soglia minima di reddito Irpef (10.000 euro annui) e di ricavi Iva (15.000 euro annui).
È vero che la crisi sta colpendo tutte le fasce d’età (tra il 2008 e 2009 il reddito medio annuo degli avvocati è diminuito dell’1,1%), ma è altrettanto vero che i più colpiti sono i giovani.
Nonostante i professionisti al di sotto dei 45 anni siano oltre la metà degli iscritti alla Cassa (57%), infatti, hanno un reddito medio mensile circa 2,2 volte inferiore a quello dei colleghi più anziani: 1.839 euro a fronte dei 3.680 degli avvocati over 45.
Questi numeri sono espressione di una crisi economica che evidentemente colpisce tutti, ma forse più di tutte la professione forense.
Colpa, tra l’altro, di un corso di laurea che non prevede un numero chiuso e rischia di diventare fucina di un “nuovo proletariato”.
In questo preoccupante scenario, la Cassa cerca sempre di agire nel massimo rigore, chiedendo sacrifici a tutti per assicurare il bene di ciascuno, e quindi anche dei più giovani.
In questo senso, non posso che guardare con ottimismo al cd . dl “Lo Presti” che consente alle casse di nuova generazione (cd 103) ed alle casse che già applicano il sistema contributivo di aumentare fino al 5% il contributo integrativo.
Cassa Forense non è direttamente interessata nell’immediato ma lo potrà essere quando si dovrà ridiscutere di contributo integrativo temporaneamente concesso al 4% fino a fine 2015.
Sarà indispensabile ottenere la conferma in via definitiva necessaria per sostenere la riforma del sistema assistenza – già all’esame del Comitato dei delegati – che vada oltre lo stato di bisogno verso un welfare più avanzato anche e soprattutto a sostegno dei più giovani oggi in evidente difficoltà.

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