Si iniziò a parlare di riforma forense all’inizio del 2008, ma l’argomento era in ballo da anni. Dopo l’approvazione delle riforma dell’ordinamento giudiziario, voluta e partorita (male) dall’allora Guardasigilli Roberto Castelli, si iniziò anche a discutere di riforma dell’ordinamento forense, perchè già dieci anni fa si parlava di troppi avvocati, di riformare il percorso di accesso, di pensare ad una nuova professione che fosse in grado di accettare le sfide del futuro.
 Il futuro è praticamente arrivato negli ultimi dieci anni la professione si è interrogata su come mettere mano soprattutto all’accesso. Poi nel 2008 è arrivato il disegno di legge organico, che rimetteva mano ad una normativa che risaliva al regio decreto del 1933 e si è aperto il dibattito dentro e fuori del Parlamento.

 Le tappe politiche della riforma.
Tutto iniziò al Congresso nazionale forense di Bologna (novembre 2008) quando il giovane guardasigilli e avvocato Angelino Alfano incassò la standing ovation della platea perchè parlò di riforme da fare in nome dell’avvocatura non più sotto dettatura della magistratura. “Portatemi – disse – domani un testo di riforma e io la presenterò in Parlamento, perchè l’avvocato non dovrà più entrare in un Aula di Tribunale togliendosi il cappello di fronte al giudice, ma dovrà entrare a testa alta”. In realtà la riforma c’era già in parlamento, ed era quella presentata dall’ex sottosegretario alla giustizia (III governo Berlusconi, 2001-2006) ed avvocato, Pasquale Giuliano.
Ma il giovane Guardasigilli incassò un’altra standing ovation anche durante la Conferenza programmatica sulla Giustizia organizzata dall’Organismo unitario dell’Avvocatura nel 2009. Ma gli anni passavano e la riforma giaceva inerme in commissione Giustizia al Senato, per riprendere vita miracolosamente alla fine del 2010, guardacaso a pochi giorni dal Congresso nazionale forense di Genova, quando il Guardasigilli Alfano si presentò alla chetichella, incassando comunque i fischi della platea. 
La crepa tra avvocati ed esecutivo era già aperta, nel 2011 arrivarono poi gli anni delle ultime riforme Berluconi-Tremonti la mediaconciliazione, il processo civile e i decreti ferragostani, per gli avvocati paragonabili alla biblica invasione delle cavallette.
Il resto è cronaca: un anno fa al governo arriva l’avvocato guardasigilli Paola Severino che al Congresso di Bari preferisce non presentarsi, mentre il Parlamento riesce ad approvare una riforma tanto attesa.
 
Le reazioni
Per il Consiglio nazionale forense si tratta di una riforma epocale, attesa da 70 anni, una legge per la crescita del Paese. Secondo il presidente Guido Alpa, la riforma restituisce l’Avvocatura alla propria funzione sociale al servizio della tutela dei diritti dei cittadini, in condizioni di autonomia e indipendenza; la riforma è destinata a rafforzare la funzione della difesa ad esclusivo vantaggio dei cittadini”. Con questa riforma, secondo il presidente Alpa “l’avvocatura potrà guardare con fiducia al futuro”.
Per i giovani avvocati si tratta di un passo significativo ma servivano scelte coraggiose su accesso e governance. Per il presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati, Dario Greco, era una riforma attesa da 70 anni, ma che “non risolve i problemi dell’Avvocatura e che non migliora la qualità della giurisdizione e della Giustizia nel nostro Paese. Avremmo voluto scelte più coraggiose in tema di accesso alla professione, di specializzazioni, di formazione permanente, di governance democratica della nostra categoria. Chiederemo – chiude Greco – importanti cambiamenti nella prossima legislatura, allo scopo di modernizzare finalmente l’Avvocatura”.
Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli, soprattutto perchè con la riforma scatta l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa forense per tutti gli avvocati iscritti agli albi. “E’ una giornata storica – ha detto – finalmente possiamo contare su una legge professionale che riconosce in pieno lo status professionale a tutti gli avvocati, compresa una specifica tutela previdenziale”.
La nuova giunta dell’Oua, compreso il nuovo presidente Nicola Marino, ha salutato con favore la nuova legge: “una buona notizia – ha detto Marino – perché dopo oltre 70 anni si cambia ” anche se, ha aggiunto, “saranno necessari diversi aggiustamenti, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei giovani“.
“Il Parlamento si è assunto la responsabilità di votare l’ultimo giorno utile della legislatura una legge che nasce già vecchia” ha detto invece il segretario generale dell’Associazione nazionale forense Ester Perifano
“Prendiamo atto della volontà della strana maggioranza parlamentare che, a camere praticamente sciolte, si è assunta la responsabilità di accantonare il ddl sulle pene alternative , pur di votare l’ultimo giorno utile della legislatura una riforma forense sgradita a larga parte dell’avvocatura italiana. Quello che il Parlamento consegna al Paese è un impianto  normativo non solo antiquato e funzionalmente obsoleto, ma per molti aspetti debolissimo, che presenta molti punti assai dubbi dal punto di vista costituzionale”.
Per evitare l’applicazione di un Dpr – ha concluso Perifano – si è voluto approvare una legge da cui deriveranno 17 regolamenti in bianco affidati al Ministero della Giustizia, oltre a quelli, sempre in bianco affidati al Cnf“.

Sarà costituzionale?
E di problemi di costituzionalità, in realtà si era parlato ampiamente nel pomeriggio durante l’approvazione della legge. I Senatori Perduca, Poretti e Di GIovan Paolo (tutti PD) hann presentato a nome dei radicali una questione di costituzionalità, giudicando la riforma corporativa e penalizzante per i giovani avvocati. 
La pregiudiziale respinta (leggibile in allegato) parla di violazione dell’articolo 35 della Costituzione per la previsione di un diverso trattamento tra i praticanti avvocati che entro i primi sei mesi, presso l’Avvocatura dello Stato o presso enti pubblici verrebbero retribuiti, mentre in tutti gli altri casi no.
Inoltre, dice il testo, vengono previsti ingiustificabili privilegi in tema di prova della continuità dell’esercizio della professione e di adempimento del dovere di formazione professionale a opera di parlamentari avvocati e membri di organi legislativi rispetto a tutti gli altri avvocati. Quando la Corte di giustizia europea si è sempre espressa contro norme che individuano nella continuità di un’attività professionale il requisito cui venga subordinato il riconnoscimento di qualsiasi beneficio; nel testo si revede che un avvocato sia cancellato dall’albo per mancato esercizio effettivo, eppure di tale principio non si fa applicazione nei confronti dei parlamentari avvocati. 
Ma il testo prosegue ancora più duramente affermando che “una sottocategoria la cui maggioranza, nei due rami del Parlamento si è squalificata avallando la costituzione in giudizio delle Camere dinanzi alla Corte costituzionale contro la magistratura per conflitti di attribuzione palesemente infondati (C.Cost. 87 e 88/2012) rivendica così la possibilità per i suoi aderenti di continuare durante il mandato ad essere iscritti negli albi degli avvocati ed esercitare la professiona senza limiti, nonostante sia evidente che la democrazia elettiva impone che il parlamentare deve alla nazione un effettivo, continuativo, abituale e prevalente esercizio del mandato parlamentare al quale va sacrificato l’effettivo, continuativo, abituale e prevalente esercizio della professione di avvocato”.
Ma c’è di più una maestra elementare, dice la pregiudiziale, non può essere iscritta all’albo per il principio costituzionale della libertà di insegnamento che non può incidere sulla libertà richiesta dall’esercizio della professione forense, incompatibilità che però non viene prevista per l’attività di insegnamento o la ricerca in materia giuridiche all’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici. 
La pregiudiziale però non è stata votata anche se durante gli interventi finali, da diversi senatori sono state avanzate perplessità su accesso e compenso dei tirocinanti.
Certo, se Napolitano leggesse bene la pregiudiziale di costituzionalità…
Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, legge approvata il 21 dicembre 2012
Nuova disciplina dell’ordinamento forense, questione pregiudiziale incostituzionalità, 21 dicembre 2012

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