L’altra sera su Rai due vedo una sapida gag che vede coinvolti Paola Minaccioni, Max Giusti e Luca Barbarossa. La Minaccioni interpretava una rumena vestita in abiti succinti da meretrice e diceva in rumeno/romano: “in Italia ce stanno più programmi de magna’ che gente che riesce arriva’ a magna’ a fine mese”. Chiedo scusa se non ho riportato con precisione millimetrica la battuta perché l’epifania che ne è derivata è stata talmente grande che potrei aver perso per strada qualcuno degli ultimi neuroni a mia disposizione.

I PROGRAMMI DI CUCINA IN TV. E’ stato un attimo e mi è tornato alla mente lui, l’imperatore delle mattine culinarie degli anni ’90: Luca Sardella. Si, lo so, la prima è stata Wilma de Angelis su Telemontecarlo nel lontano 1979, ma volete mettere Luca Sardella? “Nomen omen”, una creatura mitologica: metà uomo, metà scoppola, colui che può vantare di aver inciso nella sua carriera di cantante la sigla della seconda serie dei telefilm di Furia cavallo del West, una sigla, però, che nessuno ricorda. E la sua inseparabile compagna di avventure? Janira Majello, con quei suoi modi da Holly Hobbie lisergica e le sue composizioni floreali che ti facevano venir voglia di sterminare qualcosa, almeno un formicaio. Erano loro ad allietare le mattine di Raiuno, quando non c’erano ancora i satelliti a straziare le notti dei dirigenti tv e l’auditel regalava ai suoi programmi numeri da capogiro.

Come dimenticare “Mastro Dante”, macellaio che veniva spesso ospite, che un giorno realizzò una borsa ripiena fatta di cotenna di maiale con tanto di tracolla che il buon Sardella indossò con fare civettuolo mentre saltellava felice da un tavolo all’altro, roba che nemmeno Hannibal Lecter sarebbe riuscito ad ideare oppure Dario Cecchini che molto prima di Benigni (eh sì! che si sappia) citava a memoria passi interi della Divina Commedia di Dante mentre sfilettava bistecche e financo le cucinava; la “cultura” in tv si faceva senza tanto strombazzare degli intellettuali di sinistra. E’ ormai leggenda l’aneddoto che riguarda una delle registe storiche del programma: si narra che, rivolgendosi agli operatori delle camere a spalla che entravano letteralmente con le ottiche nei pentoloni in ebollizione o nelle immense padelle dicesse la frase “datemi il pisello grande grande”: metafora sublime che puntualmente suscitava ilarità e che fungeva da linguaggio in codice per impartire l’ordine di regia di inserire il “duplicatore”, la funzione che avrebbe ingrandito di due volte l’immagine per restituire a casa la pietanza in formato extralarge.

Un’intuizione geniale, quella di portare in video le copertine dei settimanali di cucina con quei piatti in bella mostra che ti mettono di buon umore quando li vedi dal giornalaio. Il tutto rigorosamente in diretta, per più di un’ora e mezza, tutti i giorni. Erano altri tempi, era un’altra Rai, di lì a poco sarebbe arrivata “La Prova del cuoco”, programma in appalto, un format, si diceva, dove in un quarto d’ora devi cucinare con ingredienti che non superino il valore economico di pochi euro… in Inghilterra va fortissimo… e Sardella fu spazzato via. Il format fu inizialmente proposto a lui ma in coppia con Antonella Clerici. Lui rifiutò, o forse credette di rifiutare quella possibilità. Fatto sta che fu spazzato via insieme alla sua inseparabile Janira; la sua rustica conduzione, il suo vezzo di metterci ogni tanto un’esibizione canora hanno fatto spazio alle tagliatelle di nonna Pina e a quello stramaledetto coccodrillo che il giorno che scopro “come fa” lo cancello per sempre dalla faccia della terra e gli faccio fare la fine dei Liocorni.

E poi arrivarono a frotte… Come gli zombie su un obeso del Minnesota: la cucina in tv possiede una sorta di potere ipnotico. E’ praticamente impossibile che vada male e se in Rai c’è un quasi veto al genere culinario per la presenza della “Prova del cuoco” altrove non vi è argine che possa trattenere la marea di cibo che entra regolarmente ormai da qualche anno nelle nostre case. E’ un tripudio, si potrebbe far mattina nel tentativo di contarli tutti ma di sicuro possiamo notare una cosa su tutte: di fondo si è acquisita una dimensione più chic in contrapposizione all’atmosfera casalingo/familar/divertente della giunonica ed instancabile Antonella Clerici. Certo, ci sono varie sfumature di glamour che vanno da “I Menu di Benedetta” (Parodi: La7) a “Le Ricette di Federica” (De Denaro: Raiuno) fino all’instancabile Alessandro Borghese diviso tra ben 4 programmi di cucina (Cucina con Ale, Fuori Menu, Cortesie per gli ospiti, L’ost) che, complici le repliche, vanno in onda contemporaneamente su più reti. E poi c’è la corazzata “Master Chef”, dove al glamour si sono aggiunte le variabili “sfida, talent e reality” giusto per dare un po’ di pepe alla cosa (perdonate la battuta scontata ma ci sta tutta). Se poi pensate che esiste un canale tematico come “Gambero Rosso channel” che è riuscito ad affrancarsi dal controllo Rai e a diventare autonomo mentre la Tv di stato contraeva i suoi investimenti sulla piattaforma satellitare, capite quanto “la roba da magnà” sia come Re Mida: quello che tocca diventa share. Chiudo ritornando alla meravigliosa battuta della Minaccioni: “ in Italia ce stanno più programmi de magna’ che gente che riesce a arriva’ a magna’ a fine mese” perché la Tv è così: è bulimica! Andalù vi saluta e stavolta fa fatica a portarsi via tutti i programmi di cucina.

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