Si potrebbe pensare a nomine qualificate, evitando doppi e tripli incarichi, che non siano riconfermate dine die; tutte modifiche possibili e attuabili tramite legge ordinaria

Il Parlamento qualche giorno fa ha eletto i nuovi commissari dell’Autorità garante per le comunicazioni e del Garante per la protezione dei dati personali. Una nomina arrivata dopo giorni e giorni di dibattito sul merito, sulle candidature trasparenti, sulla presentazione di curriculum e per questo molto contestata. Anche Golem, nel suo piccolo sta portando avanti una battaglia per la trasparenza: perché non nominare i vertici attraverso un concorso per titoli e quindi premiare la preparazione, la formazione e quindi il merito?
La nomina parlamentare non sempre dovrebbe essere sinonimo di parzialità, di incompetenza e di spartizione delle poltrone, nel senso più becero del termine. Anche il presidente della Repubblica è di nomina parlamentare, eppure una volta eletto garantisce l’assoluta imparzialità diventando il presidente di tutti gli italiani.
Il paragone è inopportuno ma serve a chiarire subito un concetto: non sempre quello che arriva dal Parlamento deve necessariamente essere “parziale e sbagliato”. Vero è che la nomina del presidente della Repubblica arriva con un quorum molto alto, costringendo i parlamentari alle larghe intese e quindi alla ricerca di una personalità di alto profilo che possa soddisfare tutti. Perché allora non cambiare il meccanismo di nomina dei commissari e alzare il quorum anche per le loro nomine? Perché non pensare ad una nomina corredata da curriculum (ma questo sarebbe banale)?
Il problema è che la terzietà dei singoli individui non può essere garantita da nessuna legge..

Come funzionano le autority
In Italia le autorità garanti sono: la Banca d’Italia, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (istituita con legge 287/1990), l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (249/1997), il Garante per la protezione dei dati personali (istituito con legge 675/1996), la Consob (legge 216/1974), l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap, nata con la legge 576/1982), Autorità per l’energia elettrica e il gas (legge 481/1995), l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (legge 109/1994) e la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (legge 146/1990),
C’è un’autorità di garanzia per ogni occasione, ma questo è un’abitudine comune: tanti altri paesi europei hanno scelto di avere un’autorità per ogni argomento (vedi l’introduzione ad una lettura comparata delle autorità indipendenti di Giuseppe Morbidelli in allegato).
Nella sua introduzione Morbidelli molto ironicamente afferma che la dottrina italiana non ha trascurato le autorità amministrative indipendenti e, citando il libro “Democrazie e autorità indipendenti” di Merusi, non esita a parlare di dottrina pantagruelica.
Le autorità indipendenti, comunque, in linea di massima dovrebbero (devono) tutelare i cittadini, vigilare sul rispetto della normativa in materia, assicurare imparzialità e correttezza essere dunque, per riassumere il tutto in una sola parola, i nostri Garanti.
Teoricamente, tante autorità di garanzia dovrebbero essere sinonimo di tanti diritti preservati.
Ma soprattutto queste devono essere indipendenti dal Governo e il loro rapporto col Parlamento dovrebbe consistere solo ed esclusivamente nella presentazione della relazione annuale.
Per quanto riguarda il loro finanziamento, in Italia non esiste una norma generale: ciascuna autorità ha il suo sistema delineato dalla legge istitutiva. Un finanziamento che nel corso degli ultimi anni (dal 2006 in poi) è stato via via ridotto.
La Consob, l’Autorità garante per la concorrenza e del mercato, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici erano originariamente interamente a carico del bilancio dello Stato.
La finanziaria del 2006 ha introdotto una serie di previsioni che hanno aumentato il finanziamento a carico del mercato: Consob, Agcom, Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici e Covip a decorrere dal 2007 sono finanziate dal mercato di competenza per la parte non coperta dal bilancio dello Stato.
Per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ad esempio, con il decreto 207/2008 è stato previsto che gli introiti delle sanzioni irrogate per violazione delle norme fino a 50 mila euro siano destinati al funzionamento dell’autorità stessa.
le successive finanziarie, poi hanno via via ridotto notevolmente il finanziamento dello Stato, riducendone anche il numero dei componenti.

Le importanti ed imminenti decisioni da prendere…
Un esempio fra tutti: l’Autorità per le comunicazioni. L’Agcom prossimamente dovrà decidere su argomenti importanti: alla fine di agosto, infatti, scadono i 120 giorni che il Decreto Fiscale del Governo Monti ha concesso ad Agcom e Ministero dello Sviluppo Economico per definire il destino delle frequenze da assegnare agli operatori televisivi, i cosiddetti “beauty contest”. L’Autorità ha la possibilità di decidere se destinare le frequenze a nuovi operatori televisivi e non consentire la partecipazione alla gara di Rai e Mediaset, oppure decidere di dare una parte di queste agli operatori telefonici a Tim, Vodafone, Wind e La3, che sarebbero certamente disposti a pagare cifre molto alte a fronte di un aumento del traffico e della qualità del servizio per i propri clienti.
Ma soprattutto l’Agcom potrebbe decidere di dare finalmente ad Europa 7 le sue legittime frequenze.
A proposito, nel corso di questi dieci anni, dove è stata l’Autorità? Perché ha permetto al Governo di prorogare vecchi diritti al posto delle legittime richieste di Europa 7?
Ma torniamo ai compiti del futuro: l’Agcom prenderà provvedimenti rispetto alla ricezione del digitale terrestre che di fatto sta impedendo di vedere la televisione a tanta gente (vogliamo contare quanti hanno deciso di passare al satellitare da quando è iniziata l’era digitale)?
Infine, l’autorità potrebbe decidere di consentire la partecipazione alla gara delle nuove frequenze a Rai, Mediaset e La 7, escludendo gli operatori telefonici. Addio beauty contest e addio introiti per le casse dello Stato, perché all’asta ci sarebbero meno operatori…
In questo contesto c’è solo da sperare che un ex deputato di Forza italia, ex dipendente mediaset, un ex consigliere Telecom Italia e altri commissari dalla formazione professionale a dir poco “distante” dalla materia, mantengano un atteggiamento assolutamente terzo e indipendente.

Proposte
Torniamo al concetto principale. Il problema non è la nomina parlamentare, il problema è chi nomina il Parlamento.
Se questo non riesce proprio a far ricadere la scelta in figure di alta professionalità in grado di assolvere il loro compito, occorre allora fare qualche modifica.
Forse si potrebbe inserire qualche incompatibilità in più, qualche qualifica in più, qualche curriculum in più, questo sì.

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