Girano strane idee. Si dice – ma nessuno dice chi lo dica… – che il piccolo editore italiano – categoria sterminata, ma non in senso etimologico, e comunque decisamente a rischio – riesca a vivere del suo lavoro. C’è addirittura chi sostiene – ma si ignora chi sia – che codesto strano essere con scatoloni al posto delle scarpe e stampanti in vece delle mani, mezzo uomo (o donna) e metà monitor, normalmente decisamente miope, campi bene del suo lavoro.
C’è chi sostiene – ma non sono chiare quali siano le sue fonti – che di editoria si possa campare, al punto che aumentano esponenzialmente gli aspiranti autori (di best sellers, naturalmente) fermamente convinti che in essi si sia incarnato il genio invero inarrivabile e inarrivato del Sommo Poeta – o, alle brutte, se proprio ci si vuole sottovalutare, del Manzoni, ma vuol dire rinunciare alla prospettiva dell’impianto home theater nel panfilo comprato certamente con la terza ristampa del libro… (con la prima edizione in molti pensano di comprare attico e superattico, qualcuno addirittura un’isola – di qui poi la necessità del panfilo…).
C’è poi chi sostiene che la cultura non serve a niente, perché non si mangia. Il libro imburrato pare rimanga indigesto e crei acidità, mentre all’olio e sale è peggio degli spinaci freddi di frigorifero. Per carità! Ma di solito si tratta di ignoranti che siedono in Parlamento, per cui non fanno media e danno solo fastidio, a cominciare dal fatto che tra coloro che pagano i loro immensi stipendi ci sono quelli che i libri li scrivono, li pubblicano, li leggono.
A parte l’ultima convinzione – fortunatamente minoritaria oltre che assai mendace e offensiva – scopo di questa rubrica settimanale è di sfatare, sbugiardare, irriverire, sovvertire ogni luogo comune che gira – tipo la storia del coccodrillo albino nelle fogne di New York – sull’editoria, nel tentativo invero tutt’altro che semplice di raccontare ai nostri pochi ma pervicaci lettori che il mondo dell’editoria non è rose e fiori. Semmai, concime e spine (che, comunque, fanno sempre parte della grande giostra della vita).
È, il mondo della piccola editoria, fatica e incertezza, tassazioni al 65 per cento e tagli, paura per un futuro tremendamente incerto e disillusione. Ed è, non da meno e probabilmente di conseguenza, una sorta di filiera della fame che spesso si tiene in piedi solo per la pervicace convinzione degli operatori del settore che peggio di così non possa andare. Salvo poi doversi ricredere.
Parleremo allora, nella rubrica che forse avrete la pazienza – e la saggia follia… – di leggere (e magari di conservare feticisticamente!) di distribuzione di libri, di produzione degli stessi, degli autori e delle casistiche legate a questo strano mondo, di carichi fiscali e vessazioni, insomma dell’intera filiera di un mondo che tutti pensano di conoscere quando ne sono al di fuori ma che, una volta che ci ha accolti nelle sue possenti spire…
…beh, ne parliamo alla prossima puntata.