A chi – schiavo della quantità – ha bisogno di “prove”, le ricerche statistiche di Michel Gauquelin dimostrano la validità di alcune affermazioni dell’astrologia: prima fra tutte, quella che collega note temperamentali umane ad alcuni pianeti. Così, ad esempio, la maggior parte degli sportivi di successo e dei militari d’alto grado presenta nel proprio tema di nascita una posizione “forte” di Marte.

Ma – si può obiettare – come mai questo pianeta si chiama Marte? O meglio, come mai proprio quel pianeta ha ricevuto il nome (e con esso la riconosciuta attribuzione delle caratteristiche) del dio della guerra? Un saggista non astrologo, Jaques Sadoul, nella sua opera L’enigme du zodiaque ha supposto che gli antichi osservatori del cielo abbiano probabilmente notato come i nati sotto il prevalente ipotizzato influsso di un certo pianeta dessero prova di spiccate qualità belliche ed hanno quindi, in seguito a questa osservazione, dato a quel pianeta il nome del loro dio della guerra: Marte, appunto. Può essere. Il problema, però, si pone per i pianeti “nuovi” (Urano, Nettuno, Plutone) ai quali il nome è stato attribuito più o meno al momento della scoperta e non dopo una osservazione che potesse rivelare le loro qualità.

Urano fu scoperto dal giovane astronomo dilettante William Herschel il 13 marzo 1781. Il pianeta, cui lo scopritore voleva dare il nome del re d’Inghilterra, Giorgio III, fu invece chiamato, dai suoi colleghi, Herschel; ma, in un secondo momento, su suggerimento di un altro astronomo, Johann Ebert Bode, gli fu attribuito il nome di Urano, che tuttora porta.

Nettuno, dopo essere stato individuato matematicamente da John Couch Adams e da Urban Jean Joseph Le Verrier, fu visto distintamente dall’astronomo tedesco Johann Gottfried Galle il 23 settembre 1846. Anch’esso, in un primo momento, fu chiamato col nome del suo scopritore, che però propose – e la proposta fu accettata – di chiamarlo Nettuno. Forse, ha osservato l’astronoma d’assalto Margherita Hack, per il suo colore verdastro che ricordava il mare e il suo antico dio.

Quanto a Plutone, la sua posizione fu calcolata nei primi anni del ‘900 da Amabile Baptiste Gaillot, William Henry Pickering e Percival Lowell, fondatore dell’osservatorio di Flagstaff, in Arizona. Ma fu individuato visivamente solo nel 1930 dall’americano Clyde W. Tombaugh. Fra i nomi suggeriti per lui: Lowell, Minerva, Chronos, Postumus. Ma Vesto Melvin Slipher, direttore del ricordato osservatorio di Flagstaff, decise, con i suoi colleghi di chiamarlo Plutone. E così fu..

A questo punto si potrebbe dire che si tratta di nomi dati a caso. E però André Barbault, forse il più grande astrologo vivente, ha rilevato come l’attribuzione mitologica si adatti sorprendentemente a questi pianeti nuovi. La pratica astrologica, cioè, ha mostrato a posteriori, ad esempio, che l’influenza del pianeta chiamato Nettuno, è effettivamente nettuniana, ricollegabile alle caratteristiche dell’antico dio del mare. Ma c’è di più. Il già ricordato Sadoul, ha notato che almeno per quel che riguarda Nettuno e Plutone, questi pianeti sono già stati “usati” con il loro nome… prima della loro scoperta. Così, ad esempio, nel 1897, a Parigi, uscì un Manuel d’astrologie spherique et judiciaire in cui l’autore, Fomalhaut (abate Charles Nicollaud), affermava: “Al di là di Nettuno esiste un pianeta che si chiama Plutone”. E Nostradamus (1503-1566), nella quartina 33 della IV Centuria, parla di Nettuno. E andando ancora più indietro nel tempo, troviamo che Manilio (I secolo), nel suo Astronomicon, là dove suddivide lo Zodiaco in otto parti, le fa governate, due a due, da Mercurio, Saturno, Venere e… Plutone.
Ora, conclude Sadoul: “E’ assolutamente certo che Nettuno e Plutone siano stati chiamati così da astronomi e non da astrologi; non lo è affatto che sia stato per caso. E’ legittimo chiedersi se non abbiano ragione gli astrologi quando affermano che la scoperta e la denominazione dei nuovi astri sia stata originata dalla loro stessa influenza e che Le Verrier e Clyde Tombaugh non siano stati poi così liberi nella scelta di quei nomi che era fatale assegnare”.

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