Le ragioni che determinano l’impossibilità di provocare il pagamento del dovuto (anche a mezzo di esazione coatta) possono essere molteplici: l’impresa, ad esempio, può essere dichiarata fallita o, molto più semplicemente, può non disporre della liquidità necessaria a far fronte ai debiti maturati; in senso più ampio si può considerare come impossibilità di incasso anche una valutazione di opportunità che suggerisca una transazione finalizzata all’incasso di parte del dovuto.

Resta il fatto che, a fronte della comprovata impossibilità di procedere al recupero del credito, l’ordinamento permette al creditore, per il caso in cui quest’ultimo sia un imprenditore commerciale, di recuperare la parte di credito relativa alla fiscalità e, di norma, anticipata al momento di emissione della fattura nonchè di postare a perdita il credito in modo da ottenere il relativo beneficio di abbattimento dell’imponibile.

LA  NORMATIVA

La norma cardine che consente il recupero dell’IVA relativa alle operazioni commerciali per le quali non vi sia possibilità di incasso è principalmente rinvenibile nell’art. 26 del D.P.R. 633/72 il quale, al secondo e terzo comma, prevede che:

“ Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25. Il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione ai sensi di quest’ultimo articolo, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell’art. 23 o dell’art. 24, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.

Le disposizioni del comma precedente non possono essere applicate dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e possono essere applicate, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione del settimo comma dell’art. 21”.

La norma, al di là delle questioni relative alla nullità o revoca del rapporto generatore dell’obbligazione, è chiarissima nello stabilire che i presupposti necessari all’emissione della nota di variazione sono, essenzialmente tre:

* Accordo tra le parti (purchè intervenuto entro un anno dalla data di effettuazione dell’operazione)

* Infruttuosità di una procedura esecutiva

* Soggezione  debitore a procedure concorsuali

A questo proposito è bene evidenziare che l’infruttuosità di una procedura esecutiva costituirà presupposto sufficiente solo nel caso in cui sia attestata da un pignoramento negativo che non evidenzi l’esistenza di ulteriori beni utilmente aggredibili.

LE CONDIZIONI

Accordo tra le parti:

Nel caso di accordo transattivo contrattuale tra le parti, non previsto nel contratto originario ma sopravvenuto in seguito, l’IVA sulla parte del credito originario non incassabile ed oggetto di transazione può essere detratta solo se non sia trascorso oltre un anno dal momento di effettuazione dell’operazione originaria. 
La transazione dovrà essere comprovata dalla sottoscrizione per reciproca accettazione tra le parti della proposta transattiva e la variazione Iva dall’emissione, da parte del creditore, di apposita nota di variazione.

Infruttuosità di una procedura esecutiva:

Una procedura esecutiva consegue, normalmente, ad una procedura giudiziale finalizzata, essenzialmente, all’ottenimento di un titolo esecutivo.

Ottenuto il titolo e notificato un atto di precetto il creditore può richiedere il pignoramento dei beni del debitore.

Di norma un pignoramento negativo viene attestato da un verbale dell’Ufficiale Giudiziario che descrive:

– le circostanze in cui è stato effettuato il tentato pignoramento (ora e luogo);

– il titolo esecutivo sulla base del quale si procede;

– l’esito dell’accesso che, per integrare i presupposti per il recupero IVA, deve riportare l’impossibilità di pignorare beni del debitore.

E’ bene tenere presente che talvolta l’ufficiale giudiziario, nel redigere il pignoramento negativo, attesta l’esistenza di beni o crediti concretamente aggredibili: tale è il caso in cui l’ufficiale giudiziario, recatosi presso la sede dell’impresa dichiari che i beni rinvenuti (pur di proprietà del debitore, sono stati oggetto di cessione ad altra impresa.

In tale ultimo caso sarà bene che il creditore, prima di considerare “infruttuosa” l’esecuzione, verifichi i termini della cessione e qualora, come spesso capita, scopra che, ad esempio, la cessione si perfeziona tramite pagamenti ancora in corso, proceda immediatamente con un pignoramento presso terzi al cui solo esito negativo sarà possibile dedurre la perdita (fatta salva l’esistenza dei requisiti di fallibilità di cui appresso)

Soggezione del debitore a procedure concorsuali:

La norma relativa alla perdita sui crediti dispone poi che la possibilità di procedere all’emissione di una nota di variazione sia subordinata al fatto che il debitore sia soggetto ad una procedura concorsuale.

Sul punto è bene chiarire, con riguardo al rapporto che esiste tra l’esecuzione infruttuosa di un credito (attestata dal verbale di pignoramento negativo redatto dall’U.G.) e la fallibilità di un’impresa, che il creditore, preso atto del pignoramento negativo, dovrà verificare se sussistono le condizioni di fallibilità per l’impresa medesima.

Si precisa, a tal proposito, che la principale procedura concorsuale cui il creditore può dare corso è il fallimento che può essere richiesto quando un’impresa non è più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni.

I presupposti e le condizioni che determinano l’instaurarsi di una procedura concorsuale cambiano in relazione:

– al tipo di impresa

– alla quantità dei debiti

– al’esistenza di una concreta possibilità di risanamento

Peraltro è bene tenere presente che la possibilità di emettere regolare nota di variazione è subordinata al fatto che il credito sia stato riconosciuto dalla procedura come certo e determinato nell’ammontare.

Tale ultima circostanza permette quindi, al verificarsi delle condizioni che di seguito si vedranno, di emettere la nota di variazione relativa all’importo che non è stato possibile incassare: può capitare infatti che, all’esito della procedura di liquidazione o risanamento propria della procedura concorsuale considerata, vengano distribuiti riparti parziali che diminuiscano l’importo del credito insoluto. I riparti eventualmente incassati andranno ovviamente a coprire, rispetto al credito complessivamente inteso, quota parte del capitale e della relativa imposta IVA. Vediamo dunque quali siano le modalità con le quali il credito deve essere indicato alla procedura affinchè venga correttamente riconosciuto come componente del passivo concorsuale.

AMMISSIONE DEL CREDITO: CONDIZIONE NECESSARIA

FALLIMENTO

In seguito alla dichiarazione di fallimento ciascuno dei creditori può sottoporre agli organi della procedura un’apposita istanza con la quale chieda l’ammissione del proprio credito al passivo della procedura.

Detta istanza deve contenere:

– i dati del creditore procedente;

– la domiciliaizone e l’indicazione del numero di fax e indirizzo mail presso i quali si desidera che il curatore invii le comunicazioni della procedura;

– la descrizione dettagliata dei presupposti che hanno generato il credito[1] con l’indicazione dei documenti che lo dimostrano;

– l’istanza di insinuazione con la precisazione della composizione del credito (capitale, spese ed interessi) e l’indicazione degli eventuali titoli di privilegio del credito

– in allegato,  tutta la documentazione comprovante il credito

L’istanza può essere inviata al Tribunale competente via fax o via raccomandata almeno trenta giorni prima dell’udienza di verifica crediti nel corso della quale il giudice, su suggerimento del curatore decide se ed in quale misura riconoscere l’esistenza del credito e ammetterlo al passivo del fallimento.

Nel corso della procedura gli organi della stessa (Curatore e Giudice Delegato), hanno poi  l’onere di liquidare l’attivo residuo della società distribuendone il ricavato ai vari creditori insinuati anche tenendo conto degli eventuali titoli di privilegio.

Una volta terminata la procedura di liquidazione la stessa viene chiusa con provvedimento reclamabile.

Le modalità di ammissione del credito ad una Fallimento si applicano anche in caso di apertura di una procedura di Amministrazione Straordinaria.

CONCORDATO PREVENTIVO

Quando un’impresa entra in concordato preventivo o in liquidazione coatta gli organi della procedura contattano i vari creditori affinchè questi ultimi precisino il credito di cui sono titolari.

La precisazione in questione avviene tramite invio di una lettera raccomandata ai commissari incaricati di gestire la procedura nella quale il creditore indica il credito ed i titoli di privilegio allegando la documentazione necessaria a dimostrare l’esistenza del credito medesimo.

Successivamente a tale precisazione i creditori riconosciuti sono chiamati a pronunciarsi, pro quota, sul piano di risanamento o di liquidazione (che caratterizza questo tipo di procedure) che, raggiunte le necessarie maggioranze viene omologato ed eseguito.

PROCEDURE CONCORSUALI E RELATIVI PRESUPOSTI PER L’EMISSIONE DELLA NOTA DI VARIAZIONE

Il recupero dell’IVA può essere esperito solo alla ricorrenza di determinati presupposti per ciascuna procedura concorsuale.

Si riepilogano di seguito schematicamente le relative condizioni:

Fallimento – Al fine di individuare l’infruttuosità della procedura occorre fare riferimento ad un credito regolarmente insinuato al passivo ed alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto (trascorsi 10 giorni dal decreto), oppure, ove non vi sia stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso.

Liquidazione coatta amministrativa – Occorre aver riguardo al decorso dei termini (20 giorni) per l’approvazione del piano di riparto.

Concordato fallimentare – Occorre attendere il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato stesso ed è ammessa per la sola parte non incassata.

Concordato preventivo – Il recupero è ammesso solamente per i creditori chirografari e per la parte percentuale del loro credito che non trova accoglimento con la chiusura del concordato. Occorre aver riguardo oltre che alla sentenza di omologazione divenuta definitiva, anche al momento in cui il debitore concordatario adempie agli obblighi assunti in sede di concordato. Nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura in argomento, in conseguenza del mancato adempimento degli obblighi assunti o alla luce di comportamenti dolosi da parte del debitore concordatario, la rettifica in diminuzione va operata solo dopo che il piano di riparto dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di un piano, a chiusura della procedura fallimentare.

Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – Anche tale procedura non rientra nell’ambito applicativo della nuova disposizione  normativa.

TERMINE PER L’ESERCIZIO DEL DIRITTO

Come si è avuto modo di vedere il presupposto per l’emissione della nota di variazione è, essenzialmente, legato ad una certa fase di ciascuna procedura.

Sul punto è bene chiarire che, di norma, detto presupposto si verifica quando la procedura concorsuale si trova nelle battute finali e che, pertanto le condizioni per il recupero dell’iva possono verificarsi anche molti anni dopo l’instaurazione della procedura e in maniera quasi impreventivabile.

Inoltre la norma relativa alla tempistica con cui è possibile emettere la nota di variazione prevede espressamente che << Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo>> (art. 19 comma 1 DPR 633/72)

IL MONITORAGGIO

E’ chiaro dunque che la verifica dei presupposti per l’emissione della nota di variazione (sia sotto il profilo dell’ammissione del credito che sotto il profilo della sussistenza delle condizioni necessarie alla vera e propria emissione della nota) necessita di un vero e proprio monitoraggio strutturato.

A tal fine l’impresa, per conto proprio o con l’aiuto di un fornitore (avvocato o servicer) dovrebbe contattare ciascuna procedura sia per verificare la corretta insinuazione del credito che per monitorare, almeno semestralmente, il procedimento al fine di accertare il verificarsi dei presupposti necessari al recupero dell’IVA.

Il monitoraggio semestrale garantisce infatti la tempestiva emissione della nota IVA nei termini previsti dalla normativa vigente.



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