Per Mascherin è necessario disciplinare meglio i poteri del giudice nella fase istruttoria del dibattimento; per Piacci occorre promuovere il coordinamento tra vecchie e nuove norme per evitare incertezze e dubbi applicativi in materia di lavoro, infine per Damascelli occorre bilanciare il potere di imposizione fiscale dello Stato con la tutela del contribuente.

FISCO
La rottamazione delle liti fiscali introdotta dalla Legge di Stabilità (Legge 147/2013) e la sua complicata applicazione tra scadenze e proroghe introdotte da ultimo dal decreto Salva Roma ter (Dl 16/2014); le novità in materia di riscossione coattiva introdotte dal c.d Decreto del Fare (Decreto Legge 69/2013) con l’ampliamento della rateizzazione delle somme iscritte a ruolo; la disciplina delle compensazioni dei debiti fiscali con i crediti verso la P.A.; le luci e le ombre introdotte dalla pubblicazione in G.U della Legge Delega in materia di disciplina sanzionatoria e processuale, su cui c’è grande attesa per i decreti di attuazione del Ministero dell’Economia; i profili applicativi della mediazione tributaria; il codice del processo tributario quale approdo delle aspettative di democrazia processuale.
Sono i principali temi discussi nell’affollata sessione dedicata al diritto tributario tenutasi oggi a Roma presso il Complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia nell’ambito della prima giornata del IX Congresso giuridico forense.
A fare il punto sul delicato rapporto tra i diritti dei cittadini e il fisco italiano è il coordinatore della Commissione per le questioni tributarie del CNF, Antonio Damascelli. “La fragilità del principio di affidamento, la schizofrenia a livello legislativo con il continuo ricorso alla decretazione di urgenza e il ritmo delle circolari interpretative dell’amministrazione finanziaria,un processo tributario ancora privo del giusto equilibrio tra le parti sono anomalie eccentriche e, purtroppo, fisiologiche del sistema tributario interno, senza il cui aggiustamento sarà sempre più difficile per i cittadini educarsi alla cultura fiscale.” E’ questo il commento di Damascelli a margine della sessione formativa dedicata al diritto tributario.
“Il Consiglio nazionale forense,- aggiunge – a partire dalle proposte sintetizzate nel Decalogo del Fisco, sino alle recenti osservazioni sul Dl 4/2014 sul rientro dei capitali, ha sempre difeso la necessità di una legislazione fiscale più chiara e meno contraddittoria”. “La riduzione dell’effetto moltiplicatore nel calcolo delle sanzioni fiscali, l’eliminazione delle norme che a vario titolo prevedono il raddoppio dei termini degli accertamenti,il freno all’introduzione dell’uso delle presunzioni, sono solo alcune delle proposte concrete che l’Avvocatura ha messo in campo a difesa dei diritti dei cittadini e per un ripensamento organico della giustizia in materia fiscale”.
Gli ultimi interventi legislativi a livello fiscale sembrano andare in una nuova direzione. “Un consistente passo in avanti verso la certezza del diritto – spiega Damascelli – è stato fatto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale,della legge di Delega fiscale. Meno garantista appare la legge, in punto di ampliamento delle categorie dei difensori innanzi alle Commissioni Tributarie di merito, privi delle qualità professionali che non appaiono garantire il diritto di difesa”.
Altro segno di inversione di tendenza è stato lo stralcio di alcune disposizioni del Decreto 4/2014 sulla voluntary disclosure, ormai archiviato dal Governo. “In attesa di conoscere meglio la versione ultima dei progetti di legge depositati in Commissione Finanze, – dichiara Damascelli – sarà importante non solo semplificare a livello procedurale i diversi step originariamente previsti dal Decreto per il rimpatrio “collaborativo” dei capitali detenuti all’estero, ma sarà altrettanto importante, ai fini di rendere realmente appetibile l’autodenuncia fiscale, creare un maggiore equilibrio tra la presunzione tributaria per il reddito non dichiarato e ingiustamente detenuto all’estero e il conseguente risvolto a livello penale”.
“L’auspicio anche in questo caso, così come nei precedenti esempi citati – afferma Damascelli – è che venga dato ascolto ai suggerimenti ed alle eventuali proposte di modifiche legislative, a livello sostanziale e procedurale, che un’Avvocatura sempre più specializzata sarà in grado di offrire al Legislatore”.Pregiudiziale ad ogni processo di ammodernamento della macchina fiscale è l’abbassamento della sua pressione. “La ragione fiscale – ricorda il coordinatore – non può e non deve essere intesa come concetto distinto o separato dalla certezza del diritto. L’avvocatura, quale garante dei diritti e delle regole, continuerà a svolgere attivamente il suo ruolo”.

PROCESSO PENALE
Una migliore disciplina della utilizzabilità delle prove acquisite nella fase istruttoria dibattimentale del processo da parte del giudice con poteri non in linea con lo schema accusatorio del giusto processo. E’ quanto è emerso oggi nel corso della sessione di diritto e procedura penale nell’ambito del IX Congresso giuridico-forense di aggiornamento professionale, che si sta svolgendo a Roma in questi giorni.
“Poniamoci il problema del perché nel processo civile non si prevede la necessità della prova oltre ogni ragionevole dubbio e nel processo penale invece sì: nel secondo entra in gioco libertà personale delle persone. Da qui l’esigenza di costruire dei riferimenti giuridici per poter dare corpo al concetto del ragionevole dubbio”, ha introdotto i lavori il consigliere segretario Andrea Mascherin. “ E’ dunque necessario marcare sempre più la struttura accusatoria del processo penale, nel quale il giudice terzo dovrebbe intervenire nel percorso formativo della prova, ed in particolare di quella testimoniale, solo  all’esito ed al termine del l’esame e contro esame svolto dalla pubblica accusa e dalla difesa, permettendo così di verificare fino in fondo l’attendibilità del teste”.
Per Mascherin deve tenersi presente che quella dell’esame e del contro esame è una fase che accusa e difesa svolgono con l’esercizio di una tecnica ed una progressione strategica che rischia di essere compromessa ed inquinata da interventi del giudice anticipati rispetto al completamento di tale progressione. Dunque il rispetto dei meccanismi del contraddittorio e quindi del giusto processo, può portare più facilmente al raggiungimento di una sentenza frutto di sintesi di tesi e contro tesi sviluppatesi secondo le regole della completa dialettica.

“Sarà così anche più semplice accedere ad una interpretazione del ragionevole dubbio come necessità di affermare  la responsabilità dell’imputato solo in presenza di una probabilità di colpevolezza che rasenti la certezza. Andrebbero dunque sviluppati istituti meglio definiti circa la inutilizzabilità, in sede di  motivazione della sentenza, di argomenti probatori ricavati da un esercizio dei poteri del giudice nella fase istruttoria dibattimentale non in linea con lo schema accusatorio del giusto processo”
Confronto tra il penalista Ennio Amodio e il magistrato Giuseppe Santalucia, oggi vice capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, sul sistema di custodia cautelare, incorso di modifica in Parlamento con il disegno di legge cosiddetto Ferranti.
Il primo preoccupato dell’ acquisita preponderanza del giudizio cautelare e degli indizi di colpevolezza, con il rischio di intaccare il processo di merito. Santalucia propenso a intervenire con la riduzione dei termini massimi di custodia cautelare (oggi di 180 giorni), in modo da promuovere con immediatezza il giudizi di merito.

LAVORO
Valutare l’impatto che alcune norme del primo decreto legge sul Jobs Act (in Gazzetta ufficiale da ieri), con alcuni elementi di rigidità, possono avere in termini di efficacia concreta sulla occupazione. Rivedere le norme Fornero sul processo del lavoro. E soprattutto lavorare ad un attento coordinamento tra nuovi e vecchi interventi per evitare contraddizioni e dubbi interpretativi.

E’ l’indicazione emersa oggi nel corso della tavola rotonda ”Ripensare il diritto del lavoro spunti di riflessione”,  in occasione del IX Congresso giuridico-forense, organizzato in questi giorni a Roma dal Consiglio Nazionale Forense.

Sul primo decreto nell’ambito del Jobs Act, il primo commento a caldo in apertura dell’incontro, è di Bruno Piacci, consigliere coordinatore del gruppo di lavoro del CNF “Occorre rilevare come l’indicazione del limite del 20% nell’utilizzo di contratti a termine, rispetto all’organico stabilmente occupato, appaia come un dato di  rigiditàdestinato ad incidere in maniera negativa se non si darà la possibilità :alla contrattazione collettiva di operare oltre tale limite anche in ipotesi diverse dalle sostituzioni. Per quel che invece riguarda l’apprendistato, l’eliminazione della formazione pubblica e soprattutto dell’obbligo di assunzione di quote di apprendisti nell’ipotesi di nuovi contratti di apprendistato, sembrano ispirate dall’esigenza di consentire una ripresa dell’utilizzo di questo strumento, ormai poco utilizzato dalla imprese proprio in ragione dei vincoli dell’istituto, con conseguente venir meno di possibilità occupazionali”.
“In generale, sulle altre previsioni del decreto legge l’auspicio è che vengano adottate  norme sistemiche e coerenti tra loro e con le normative attualmente in vigore, evitando l’applicazione di procedimenti frammentari e non coordinati, che contribuiscono a generare ulteriore incertezza, moltiplicarsi di contenziosi e resistenza da parte delle aziende di avvalersi di strumenti che possono rivelarsi alla fine più portatori di danni che di benefici”. E se nel delicato settore del lavoro “Non esistono formule magiche”, è evidente che si “ debba intervenire per superare le carenze sistemiche create dall’entrata in vigore della legge sul lavoro Fornero e dei numerosi interventi legislativi che si sono susseguiti negli ultimi anni.  Le criticità che si erano subito evidenziate al momento dell’entrata in vigore del Rito Fornero, in particolar modo nella prima fase preliminare e del relativo giudizio di opposizione, si sono rivelate immediatamente fondate, dando luogo a contrasti di interpretazione delle norme e quindi a sentenze uguali e contrarie”.  

Bastino due esempi: “ Nonostante fosse ormai consolidato, il  principio che assicura la possibilità al datore di lavoro di adire il giudice per far accertare la legittimità del licenziamento intimato, è ora al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione”, spiega Piacci. “Analoga vicenda ha riguardato – continua Piacci – l’individuazione del giudice dell’opposizione, che ora è stata rimessa alla Corte Costituzionale”.

L’obiettivo di una maggiore flessibilità in uscita che sia compensata da un incremento stabile dei livelli occupazionali – dichiara  – si persegue non solo con gli incentivi alle assunzioni o con semplici make up alle varie tipologie di contratti attualmente esistenti, occorre soprattutto creare quelle condizioni minime per ridurre l’attuale incertezza delle regole del sistema giurisdizionale che è alla base di ogni serio tentativo di riforma del Lavoro.”

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