Il federalismo fiscale è una tipologia di organizzazione amministrativa concernente la gestione delle risorse fiscali all’interno di uno stato. Il principio sottostante tale dottrina implica una proporzionalità tra le entrate tributarie riscosse in una determinata area ed il loro utilizzo in termini di spesa per beni e servizi.
In quest’ottica, ad ogni centro amministrativo al di sotto dello Stato centrale (regioni, province, comuni) dovrebbero essere assegnate specifiche funzioni, sulla base di un quadro di responsabilità condivisa. Obiettivo principale del federalismo fiscale è l’incremento dell’efficienza allocativa: unità gestionali più piccole garantiscono, in linea di principio, un impiego maggiormente oculato delle risorse disponibili.

Il punto principale riguarda l’effettiva capacità, da parte degli enti locali, di riscuotere tributi propri sufficienti a garantire il corretto espletamento delle funzioni assegnate dalla legislazione nazionale (normalmente a livello costituzionale). Spesso questo non è possibile per diversi motivi: innanzitutto le entrate fiscali vengono condivise con lo Stato centrale, che devolve una quota residuale agli enti locali. La base imponibile, inoltre, non sempre è uniforme sull’intero territorio nazionale, per cui alcune aree economicamente deboli non riescono a raccogliere tributi in misura adeguata rispetto ai servizi richiesti. Un sistema di tipo federalista implica dunque un meccanismo ausiliario di compensazione tra aree geografiche, in grado di consentire un livello il più possibile uniforme di benessere. Questi trasferimenti possono essere definiti, ovvero destinati alla soddisfazione di specifici servizi (si pensi alla sanità), oppure semplicemente perequativi, attraverso finanziamenti generici.

In Italia le basi del federalismo fiscale sono sancite dalla Costituzione, nel titolo V riformato nel 2001: in particolare l’articolo 119 stabilisce che “i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”. Soltanto nel 2009, con la legge n. 42, i principi sono stati formalizzati in una legge ordinaria che ha delegato il governo a procedere con serie di decreti attuativi entro due anni, sostanzialmente per ridisegnare il sistema dei tributi propri degli enti locali e fissare dei tetti di spesa attraverso l’adozione dei cosiddetti “costi standard”.

La norma prevede un meccanismo decisionale piuttosto complesso, nell’intento di far partecipare tutti i soggetti coinvolti, sotto la supervisione della neo costituita COPAFF (Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo Fiscale). Il processo è in forte ritardo: gli unici decreti approvati riguardano la definizione delle funzioni essenziali e l’affidamento ad una società pubblica (SOSE spa) per quanto riguarda il calcolo dei fabbisogni. Un nuovo impulso è arrivato dalla spending review avviata dal governo Monti, che dovrebbe accelerare l’implementazione del federalismo fiscale attraverso l’adozione dei primi porvvedimenti entro l’inizio del 2013.(luigi borrelli)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *