Trovare lavoro in Italia per un giovane oggi è impossibile: secondo l’Istat il numero di senza lavoro in Italia è pari a 3.220.000, aumentati quest’anno del 4,6% rispetto all’anno precedente (40% dei giovani).

E’ di tutta evidenza che il problema italiano è quello della inesistenza di nuove iniziative imprenditoriali, soprattutto riferite alle piccole e medie attività (da uno a dieci dipendenti) che costituiscono il 94,6% di quelle nazionali.
Questo è il punto di base da prendere in considerazione per superare la crisi.

La circostanza che l’Italia, rispetto agli altri partner europei, stia rapidamente peggiorando per ciò che riguarda la disoccupazione, (peggio di noi rimane soltanto la Grecia), deriva quindi esclusivamente dalla drastica riduzione dall’attività di impresa, intesa in senso lato, (industriale, artigianale, professionale, etc.) ed ovviamente dal fatto che ben pochi imprenditori esteri vengono ad investire in Italia o  ad attivare nuove aziende nel nostro territorio.
Dunque il problema è quello di comprendere e risolvere in termini concreti e pratici tale mancanza di iniziativa e volontà imprenditoriale sul territorio, ponendo mano alle necessarie correzioni e riforme.

APRIRESTE UN NEGOZIO IN ITALIA?
Tempo addietro si rivolgeva al nostro studio un imprenditore coreano il quale ha fatto la propria fortuna nel mondo aprendo una serie di centri per massaggi e tecniche di rilassamento con annesso fast food, riscuotendo notevole successo all’estero, dove dipendenti e funzionari di aziende nell’ora di pranzo si fermavano in tali centri per il pasto e per sottoporsi ai massaggi. La volontà era quella di aprire analoghi centri nelle principali italiane.
Dopo poco tempo e dopo aver sentito numerosi commercialisti ed uffici pubblici, in modo sconsolato l’imprenditore tornava a studio dichiarando di aver deciso di soprassedere, in quanto non gli era stata data alcuna certezza, né circa le autorizzazioni necessarie per lavorare in regola con la normativa italiana, né soprattutto sui tempi tecnici necessari per avere le autorizzazioni ed ancora mancando ogni tutela per l’imprenditore di poter rescindere rapidamente un rapporto di lavoro, allorché qualche dipendente si fosse dimostrato inefficace o poco adatto al compito per il quale era stato assunto.

MANCANZA DI CERTEZZA DEL DIRITTO
Un primo punto negativo rilevante quindi è l’assoluta incertezza normativa con discipline che si sovrappongono, si intersecano ed appaiono non infrequentemente di dubbia comprensione.
In Italia abbiamo 150.000 leggi, circa trenta volte di più di Francia e Germania, fenomeno al quale vanno aggiunti i continui provvedimenti normativi, regolamentari, disciplinari, sanzionatori e quant’altro che presupporrebbero come l’imprenditore debba passare il proprio tempo a studiare le innovazioni, piuttosto che dedicarsi alla propria attività.
Con tale presupposto è evidente che qualsiasi controllo che viene effettuato lascia l’interessato sempre in uno stato di ansia e preoccupazione, non sapendo mai se si è o meno in regola con la disciplina vigente.
 A ciò si aggiunga il frazionamento degli enti autorizzati ai controlli per comprendere quanto sia difficile dedicarsi alla propria azienda piuttosto che interessarsi agli aspetti amministrativi e burocratici.

INCIDENZA FISCALE E ABNORMITA’ DELLE SANZIONI
L’incidenza quasi al 50% del carico fiscale
, (ma in alcuni settori, per esempio quello immobiliare, è maggiore) ci ha portato quasi alla vetta dell’intera Unione Europea, con la differenza che rispetto ad altri paesi non vi è alcuna corrispondenza, a fronte di una percentuale così elevata, per ciò che riguarda i servizi sociali spettanti al cittadino.
A parte l’eccessiva incidenza fiscale ciò che scoraggia l’imprenditore è l’abnormità delle sanzioni applicate in caso di violazioni fiscali, sanzioni che non trovano alcuna giustificazione sul piano di una giustizia sostanziale e proporzionale alla gravità della violazione.
Ciò si noti non solo in riferimento alla normativa tributaria, ma anche a quella previdenziale.
Le sanzioni giungono a portare i pretesi crediti ad aumenti anche del 400% tra imposte, sovrattasse, sanzioni, penali, etc.
Leggevo sul giornale della località ove mi trovavo in vacanza, di una gelateria di Olbia, chiusa per tre giorni per non aver emesso tre o quattro scontrini fiscali negli ultimi 5 anni,  e cioè per un’evasione fiscale di € 1,50 (un euro e cinquanta centesimi) mentre  il marciapiede sul lungomare prospiciente il negozio, era coperto da venditori ambulanti di merce contraffatta, senza che alcuna sanzione o provvedimento venisse comminato.

TERRORISMO FISCALE
In Italia vige la presunzione da parte dello Stato per cui il cittadino è un presunto evasore fiscale
juris et de jure.
Conseguentemente l’Amministrazione Pubblica utilizza metodi e sistemi che mirano a spaventare il contribuente e l’imprenditore data l’enormità delle sanzioni previste e la sostanziale impossibilità di difendersi adeguatamente, trovandosi le due posizioni, cioè quella della P.A. e quella del cittadino, in situazioni contrapposto, ma con armi offensive (il fisco) e difensive (il cittadino) del tutto difformi.
Basti dire per tutte che, per esempio, ai sensi del Dpr. n. 131/86, il contribuente che volesse impugnare un accertamento di valore, è tenuto comunque, anche se la pretesa appare ingiusta, al  momento della proposizione del ricorso, a pagare 1/3 delle imposte accertate e degli interessi.
Quanto alla tutela fiscale, poiché il ricorso non sospende le pretese della P.A., salvo un provvedimento ad hoc del giudice, e dati i tempi tecnici delle Commissioni Tributarie, tutto è chiaramente mirato a dissuadere il vessato contribuente a rivolgersi alla Giustizia, laddove nel corso della causa il Fisco ha tutto il tempo di ipotecare i beni dell’imprenditore, pignorargli l’azienda ed il danaro in banca, (abbiamo assistito ad aziende fallite dopo il blocco dei depositi presso l’istituto bancario dell’imprenditore,  impossibilitato per ciò a pagare gli stipendi).

ECCESSIVA PROLIFERAZIONE DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO E SOCCOMBENZA DELL’AMMINISTRAZIONE FISCALE
Circa un milione di ricorsi pendenti la dice lunga al di là di tutti i metodi per dissuadere il cittadino a rivolgersi alla Giustizia, circa il pessimo funzionamento dell’amministrazione fiscale e l’ingiustizia delle richieste economiche della P.A.
Il dato più rilevante, e più grave, è che per quasi il 40% dei casi, il giudice rigetta totalmente la pretesa dell’Amministrazione Fiscale e, per un altro 25% dei procedimenti,  viene corretta la pretesa.
Per completare il quadro e per parlare dei ricorsi tributari in appello, ricordiamo che,  anche prima della riforma (che impone per le vertenze di valore inferiore a 20.000,00 euro di rivolgersi direttamente e preventivamente alla mediazione presso l’Agenzia delle Entrate), la percentuale di sentenze favorevoli al ricorrente in 2° grado arriva al 44,21%, il che significa che in circa 600.000 casi il Fisco si è comportato in modo scorretto, aggressivo ed ha richiesto somme che non erano dovute. La rilevanza di queste cifre è notevole, in quanto dimostra che l’Amministrazione, sotto la spinta della necessità di dover fare cassa, emette e notifica nei confronti dei cittadini, richieste economiche per oltre il 50% prive di fondamento e comunque  ingiuste.
La cosa è ancora più grave in quanto il Fisco, così facendo, viene meno al criterio di imparzialità che dovrebbe ispirarne il comportamento, e si pone come un soggetto ostile nei confronti del contribuente.
Si tenga per di più conto che molti cittadini non si rivolgono alla giustizia fiscale semplicemente per ragioni di costi, ma senza per questo che le pretese dell’amministrazione fiscale siano fondate.
L’incompetenza e l’arroganza dei funzionari di Equitalia emerge da queste cifre oggettive ed è legittimo chiedersi che fine farebbero simili funzionari, se fossero dipendenti di un’azienda privata, provocando la perdita del 50% delle pretese del proprio datore di lavoro ed il pagamento delle spese legali.
Soprassediamo sui traumi ai cittadini, le ansie ed anche i suicidi.
Per inciso, e per dirne una, per rendersi conto della pessima gestione delle cause basti dire che nelle aule di udienza, allorché siano presenti dieci processi contro Equitalia, vengono mandati dall’ente dieci avvocati diversi.
Dopo la recente introduzione del giudizio preventivo di mediazione tributaria, obbligatoria per le controversie al di sotto dei 20.000,00 euro, le prime 25.000 mediazioni promosse tra il 2012 ed il 2013, hanno comportato che più della metà sono state chiuse dal Fisco riducendo le proprie pretese, con implicita ammissione, anche in questo caso, della infondatezza delle richieste vantate inizialmente.

LE SOLUZIONI POSSIBILI
Osservare  le metodologie assunte in passato in situazioni simili e ciò che avviene negli altri Stati è sempre utile per trarne insegnamenti.

Decremento del carico fiscale

La prima iniziativa da assumere (si veda anche la crisi del 1929), è quella di ridurre drasticamente, immediatamente ed in modo rilevante il carico fiscale sulle imprese.

Introduzione dell’istituto della diffida

Analogamente a quanto avviene in altri Stati, eliminando la presunzione cittadino=evasore, dovrà essere vietata l’applicazione di sanzioni economiche rilevanti, se non viene preliminarmente notificata una diffida a regolarizzare la situazione all’imprenditore.
Solo dopo un termine breve, ove l’inadempimento dovesse persistere potranno essere applicate le sanzioni.
Vanno esclusi tutti quei sistemi che rendono più che difficoltoso rivolgersi al giudice tributario. Le decisioni dovranno giungere, come negli altri Stati, in tempi brevi.

Riduzioni delle penali, sanzioni disciplinari

Applicare sanzioni, interessi usurai, penali per importi che portano sicuramente alla chiusura dell’azienda, è un comportamento irrazionale e che non infrequentemente dà luogo oltre che al fallimento dell’azienda, anche alla perdita per l’amministrazione di qualsiasi introito.

Sanatoria fiscale

Tenuto conto che ormai la situazione è compromessa e non si contano più le case ipotecate, i fermi amministrativi, i pignoramenti eseguiti, e le esecuzioni tuttora in corso, se va cambiata l’intera normativa, andrà posto un punto fermo di partenza.
Quindi dovrà essere data la possibilità ai contribuenti di sanare la propria posizione versando l’imposta base maggiorata eventualmente di una piccola sanzione e liberando i beni dai vincoli esistenti per pretese assurde e prive di ogni ragionevolezza.

Semplificazione normativa

Gradualmente dovranno essere semplificate e ridotte tutte le discipline legislative relative ai singoli settori produttivi.
E’ irragionevole che le norme, sia quelle di diritto sostanziale che quelle processuali e tributarie, appaiano incomprensibili e sia necessario uno specialista, non solo per comprenderle, ma anche per metterle in esecuzione.

Divieto di ripetitività dei controlli

Così come è stato previsto per esempio nel settore della nautica, ove viene rilasciata una certificazione da apporre sul mezzo, ogni attività commerciale avrà diritto ad un unico controllo con divieto di ripetitività e l’attestazione  dell’esito positivo.
Si eviterà con questo la reiterazione inutile dei controlli che crea solo ansia nel piccolo imprenditore e che è solo foriera di episodi di corruzione e concussione.
Potranno essere eseguiti ovviamente i controlli periodici resi necessari dalla tipicità dell’attività svolta.

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