Anche se le differenze tra uomini e donne sono davanti agli occhi di tutti, in realtà i comportamenti dell’uno e dell’altro sesso, appaiono poi al momento in cui il matrimonio e la convivenza non funzionano più, talvolta inspiegabili agli occhi all’altro partner.

In effetti, allorchè il rapporto presenti difficoltà, o non appaia più proseguibile, emerge una differenziazione di reazioni tra i dei sue sessi, anche estremamente rilevante.
Si può osservare anzi una certa uniformità di comportamenti, degli uomini e delle donne tra loro, che finiscono con l’incidere in modo sensibile, nei rapporti vicendevoli, allorchè l’unione scricchiola o termina.
Tali peculiarità, i modi di comportarsi diseguali, in sostanza la diversa visione della vita e le reazioni alla crisi di coppia, vengono confermate poi dalle statistiche in ambito nazionale, per esempio, e solo per accennare ad alcune differenziazioni, in tema di iniziativa nel rivolgersi al Tribunale, quasi totalmente appannaggio delle donne, nell’atteggiamento dell’uno e dell’altro di fronte all’interruzione del rapporto (nelle donne è inteso “per sempre” mentre negli uomini è inteso “per ora”), relativamente alla propensione allo sviluppo economico ed alla ricerca di ricchezza, (è estremamente raro trovarsi di fronte a donne capitane di azienda o titolari di patrimoni rilevanti), con tutte le conseguenze in tema di mantenimento e di assistenza economica vicendevole, relativamente al comportamento sessuale (difficilmente, a differenza degli uomini, una donna che ha una relazione coniugale serena mostra interesse ad un rapporto extra coniugale), ed ancora nella necessità di ricrearsi una famiglia (un desiderio quasi esclusivo appannaggio nelle donne).
Tali differenziazioni tra uomo e donna incidono in modo rilevante anche per ciò che riguarda i procedimenti giudiziari, i presupposti e le conseguenze della separazione, del divorzio e dei provvedimento in tema di interruzione della convivenza more uxorio, per l’uno e dell’altro sesso.
Senza alcuna volontà di approfondire gli argomenti, limitandoci a ciò che emerge nell’ambito statistico e dall’esperienza professionale, si possono effettuare alcune considerazioni, che però appaiono importanti per comprendere appieno il fenomeno.

L’INIZIATIVA DELLA SEPARAZIONE – E’ LEI CHE DECIDE DI INTERROMPERE

Indipendentemente dal fatto che si tratti di un rapporto matrimoniale o di un rapporto di convivenza, l’iniziativa di interrompere un rapporto, nella gran parte dei casi, parte sempre dalla donna.
Statisticamente la percentuale dei casi di separazione giudiziale promossi dalle donne al Tribunale si calcola intorno al 70%, ma tale percentuale non tiene conto del fatto che anche la maggioranza delle separazioni consensuali, e cioè che vengano presentate ad impulso di entrambi, in realtà scaturiscono dalla volontà della donna, pur se poi, mancando contrasti tra i coniugi sulle condizioni della separazione, il ricorso viene presentato formalmente da entrambi.
Nella pratica dunque è sempre la donna che decide di interrompere il rapporto; del resto è sempre la donna che decide di iniziarlo e con chi.
E’ lei stessa che, scegliendo il pretendente tra i vari possibili e più affidabili al momento, (come vedremo, situazione che non sussiste più dopo la separazione) stabilisce quando è il momento di lasciarlo.
Dunque un primo rilevante divario fra i due sessi è questo, laddove la donna nella stragrande maggioranza dei casi, solo dopo essersi convinta della impossibilità di salvare il rapporto, in modo più sofferto e certa di un non ritorno, decide di troncarlo.
Di contro gli uomini sono più preoccupati delle conseguenze personali e patrimoniali, e nell’ intimo sono sempre convinti che si possa tornare sui propri passi e quasi mai sono gli artefici della domanda giudiziale di separazione.
Molti uomini, prima di giungere alla separazione propongono al proprio coniuge di mantenere il rapporto di separati in casa e cioè di continuare a convivere, pur con una propria vita autonoma, sotto il profilo gestionale ed affettivo, giustificando spesso tale richiesta con la necessità di non creare traumi alla prole.
Una situazione così ambigua, se è accettabile dagli uomini, non lo è affatto da parte delle donne, anche perché, e questa è un’altra distinzione tra i due sessi, come si è detto, vale il detto comune secondo il quale se la donna dichiara di interrompere il rapporto sentimentale, intende ciò “definitivamente” , mentre se lo dichiara l’uomo, la sua interpretazione è quasi sempre “per il momento”.
D’altra parte, anche sotto altro profilo, come è noto, il marito cerca di evitare il processo di separazione, laddove quasi sempre, a parte le conseguenze personali, sotto il profilo economico perde, in presenza di prole, oltre la casa coniugale, altresì una buona parte del proprio reddito, destinato al mantenimento di figli, ed in taluni casi della ex moglie.
E sottaciamo sulle situazione, molto frequenti, in cui deve anche continuare a pagare le rate del mutuo sulla casa, quelle degli elettrodomestici o dell’autovettura.

RESPONSABILITA’ DEL FALLIMENTO DELL’UNIONE

Se in Italia un’unione coniugale o more uxorio fallisce ogni tre, con un trend verso le medie USA di un fallimento dell’unione ogni due, è legittimo chiedersi a chi possa attribuirsi la colpa della crisi del rapporto, almeno sotto il profilo statistico.
Va chiarito subito che non si intende colpa in senso giuridico, ove si parla più tecnicamente di addebito, bensì piuttosto di responsabilità morale del fallimento del rapporto.
Se allorché una unione sentimentale termina, difficilmente la colpa è ravvisabile, come da manzoniana memoria, solo da una parte, non si può tuttavia fare a meno di rilevare che, in genere, il comportamento dell’uomo appare sotto un profilo etico e di causa preponderante nel fallimento di rapporto di coniugio o di convivenza, il più censurabile.
Ciò non significa naturalmente che non vi siano situazioni nelle quali il comportamento della donna, o il carattere insopportabile, o determinati atteggiamenti, costituiscano l’unica causa della separazione; tuttavia è dato osservare almeno nell’ambito professionale, che nella maggioranza dei casi, la responsabilità dello sfascio del matrimonio o della convivenza, deve farsi ricadere sui mariti o sui compagni, i quali viziati da centinaia di anni di predominio maschile, ben difficilmente sono disposti a rivedere i propri lati caratteriali, nè a cedere o quantomeno a mostrarsi più elastici o disponibili, allorchè il rapporto entra in crisi.
Facciamo riferimento ad atteggiamenti o comportamenti che, al di là dell’aspetto giuridico e di quanto emerge negli atti processuali in Tribunale, tuttavia con il ripetersi nel tempo, finiscono con l’accentuarsi durante il rapporto di coniugio o di convivenza, e provochino la crisi o comunque divengano la causa scatenante o quella più rilevante, nell’ambito dei contrasti vicendevoli, che portano al decadimento dell’unione.
Secondo le osservazioni statistiche la causa del fallimento dell’unione, non deriva, come comunemente si crede, dalla violazione dell’obbligo di fedeltà, bensì dalla stanchezza del rapporto, o secondo altri, dall’abitudine e dall’incapacità di rinnovarsi, ma più comunemente dalla caduta di stima e di affectio per l’altra parte.
L’adulterio o il tradimento è semmai un fatto successivo e conseguente.
Sotto tale luce è osservabile, a fronte dell’irrigidirsi del comportamento maschile ed una scarsa propensione al dialogo, allorché il rapporto “scricchiola” una maggiore disponibilità delle donne, le quali se giungono alla decisione di separarsi e di presentare la domanda al Tribunale, lo fanno solo dopo molto tentativi di mediare soluzioni conciliative, e quindi solo dopo il fallimento conclamato e dopo ogni tentativo finalizzato a salvare il matrimonio.
Per quanto è dato osservare nell’ambito professionale, e fermo restando che la domanda di separazione viene proposta nella maggioranza dei casi dalla donna, il motivo scatenante nell’interruzione del rapporto, è sempre la caduta di stima per il partner.
Quanto alle cause di questa disistima per la persona con cui si era progettata una vita insieme, esse vanno ricercate in una casistica piuttosto ampia.
Si va dalla presa di coscienza di un marito incapace di gestire economicamente la famiglia, indebitato, impossibilitato a sostenere neanche i costi correnti, (la pubblicità al consumo e l’acquisto rateale, mette in crisi un numero di coppie rilevanti) alla constatazione di un insufficiente propensione al lavoro del proprio compagno, all’opposto all’inesistenza di qualsiasi forma di collaborazione per un coinvolgimento eccessivo (più o meno veritiero) nel lavoro, dall’incapacità del proprio coniuge di mantenere comportamenti adeguati, per impulsività ed aggressività nei confronti della moglie e dei figli, fino a vere e proprie violenze fisiche, ma soprattutto morali, dall’eccessiva avarizia costringendo la famiglia ad una vita grama, fino alla prodigalità al di fuori delle proprie possibilità economiche, dall’inesistenza della figura paterna, fino all’applicazione di metodi educativi assurdi, da comportamenti psicotici, fino a pretese di indiscutibilità delle direttive maritali o maschili, da modificazioni comportamentali che fanno vergognare di presentare il proprio marito come tale ad atteggiamenti irrazionali, di gelosia immotivata, fino a pretese sul piano fisico e sessuale non condivise.
Insomma si tratta sempre di situazione che creano nella donna la caduta a picco della stima e quindi del desiderio di continuare la propria vita accanto ad una persona che, alla distanza, si è rilevata ben diversa da quanto appariva all’inizio del rapporto sentimentale.
Ovviamente, accanto alle cause che portano al fallimento dell’unione va annoverata la classica infedeltà, indubbiamente anche questa più frequente nel marito rispetto alla moglie, ma con un distinguo.
Infatti mentre l’uomo anche per una diversa programmazione mentale sul piano fisico è potenzialmente interessato all’intero universo femminile, la donna in genere cerca un compagno all’esterno della famiglia, solo quando scompare la stima per il proprio coniuge o compagno di vita, e insomma allorchè non si sente più soddisfata o realizzata nella famiglia.
Anche sotto tale aspetto, se si vuole porre l’attenzione alle reali ragioni del fallimento dell’unione e non a quelle apparenti, non è l’infedeltà la causa principale delle separazioni, in quanto in un rapporto stabile eventuali storie con la collega o il collega d’ufficio, una volta scoperte, vengono interrotte pur di non distruggere la famiglia.
Le infedeltà viceversa che finiscono in Tribunale sono solo quelle conseguenti ad un rapporto che era già terminato per sottostanti contrasti o incompatibilità caratteriali.
Di questo se ne è resa conto anche la Cassazione che ha ritenuto ininfluente ai fini della richiesta di addebito l’eventuale relazione extraconiugale, allorché il rapporto matrimoniale doveva intendersi già cessato per precedenti e sottostanti gravi motivazioni.
D’altra parte, a riprova indiretta del fatto che statisticamente la colpa morale preponderante del fallimento del matrimonio gravi su gli uomini, pur generalizzando, va considerato che normalmente chi inizia un processo è colui che ritiene di trovarsi nella ragione.
Sotto questa luce sarebbe inspiegabile come mai la stragrande maggioranza delle separazioni venga presentata o sollecitata proprio dalle donne.

MAGGIORE DISPONIBILITA’ ECONOMICA DEGLI UOMINI

E’ raro che il Tribunale accolli un assegno di mantenimento a carico della moglie in favore del marito, mentre è frequentisimo l’inverso.
Fermo restando che esamineremo l’argomento, i presupposti e le condizioni per l’ottenimento del mantenimento o dell’assegno divorzile, in seguito, parlando della separazione e del divorzio, è tuttavia interessante comprendere come mai, in qualunque paese ed in qualunque latitudine, vi sia la propensione del solo maschio a produrre ricchezza, ed una minore capacità della donna in tal senso, più interessata ad altri valori.
Se si esaminano i dati delle Camere di Commercio e quelli relativi alle industrie o alle attività imprenditoriali e commerciali nazionali, si evince con estrema facilità che, pur sussistendo numerose piccole attività gestite da donne, tuttavia solo una piccolissima minoranza di loro gestisce aziende da esse create dal rilevante fatturato, o comunque risulta l’artefice di attività industriali o commerciali importanti.
Questa situazione, che ha delle conseguenze molto significative ovviamente anche nel campo del diritto familiare, trova la propria ragion d’essere nella diversità mentale degli uomini e delle donne rispetto all’attività lavorativa ed è la conseguenza della diversa strutturazione mentale dell’una e dell’altro, tant’è che la stessa caratteristica (propensione alla ricchezza per lo più degli uomini), è riscontrabile, come si accennava, in qualsiasi parte del mondo.
Secondo molti, questa “specializzazione” dell’uomo deriva da una specifica programmazione mentale, che risale all’inizio della specie, almeno sotto tre aspetti.
Da un lato, in quanto la mente maschile, a differenza di quella femminile, opera a settori separati, cioè attribuendo la massima ed esclusiva attenzione a quello che l’uomo percepisce come target o bersaglio, come nel caso dell’attività lavarativa portatrice di reddito.
In secondo luogo, perché l’uomo è programmato per proteggere ed accudire alla propria compagna, percependo quale compito della specie quello di provvedere ad accumulare per lei, le necessarie“provviste”.
In terzo luogo perché, la mente maschile, a differenza di quella femminile, ha una capacità spaziale innata; tutto ciò che ha a che vedere con meccanismi, ruotismi, motori, elettricità, e quant’altro lo attrae in modo incommensurabile.
Basta guardare la rilevantisima percentuale maschile delle domande di brevetto depositate in ogni nazione, per rendersi conto di tale caratteristica peculiare dei maschi.
Nello specifico, sotto il primo aspetto, mentre il cervello maschile è creato con un sistema di compartimenti separati ognuno dedicato ad una specifica attività, o argomento (per questo si dice che gli uomini possano fare una sola cosa per volta), la mente delle donne non ha questa caratteristica (o limitazione), e riesce a pensare ed effettuare varie cose nello stesso tempo.
Secondo alcuni autori è come se il cervello maschile fosse specializzato mediante una divisione di celle finalizzate ad un compito specifico.
Di contro, il meccanismo mentale della donna le permette di effettuare più cose contemporaneamente (guidare la macchina, truccarsi, utilizzare la radio, telefonare, ecc.).
In effetti è sufficiente osservare un uomo per rilevare che egli finalizza la sua attenzione ad un compito specifico, e non è capace di prestare attenzione a due o più eventi contemporaneamente. Se deve ascoltare una persona che conversa con lui, abbassa la televisione, e se presta attenzione ad un evento, si isola dall’altro.
Questa “specializzazione” del cervello maschile fà si che egli consideri il lavoro come il proprio “bersaglio” esclusivo, senza essere distratto da altri interessi contemporaneamente.
Sotto il secondo profilo, secondo alcuni, l’interesse e l’importanza che il maschio attribuisce all’attività lavorativa procacciatrice di guadagno, (a differenza delle donne per le quali il lavoro non è che uno dei propri interessi, insieme alla famiglia, ai figli, alle relzioni interpersonali etc.), altro non è che la conseguenza della atavica programmazione mentale, laddove qualche migliaio di anni fa era compito dell’uomo provvedere alla sopravvivenza, andare a caccia, difendere la caverna della compagna, difenderla dalle insidie, cercare di accumulare più prede possibili e provvedere al sostentamento con la propria attività “lavorativa”.
Questa forma di programmazione, dettata a protezione anche inconscia della propria compagna, è visibile ancora oggi, allorché per esempio nei ristoranti e nei locali gli uomini tendono sempre a sedersi dando le spalle al muro e guardando l’ingresso, in modo da prestare attenzione ad eventuali insidie, ed altrettanto dicasi della scelta del posto nel letto, soprattutto allorché ci si trovi in un luogo non conosciuto, come un hotel, ove l’uomo si mette quasi sempre a dormire nella parte del letto più vicino alla porta di ingresso, come se dovesse proteggere la propria compagna da eventuali intrusi.
In aggiunta a queste caratteristiche, (il considerare importante il proprio lavoro puntando sempre ad un miglioramento e alla maggiore ricchezza e potere possibile), va annoverata, in terzo luogo, la maggiore capacità spaziale degli uomini. Essi utilizzano un tipo di vista cosiddetto “a tunnel” che da loro la possibilità di vedere in modo distinto avanti a sé in profondità, ma con un campo visuale più ridotto, a differenza delle donne che godono di una visione periferica più accentuata.
Inoltre l’uomo è particolarmente sensibile alle modificazioni spaziali, a tutto ciò che si muove.
Anche sotto questo profilo, molti ritengono che tali caratteristiche non siano altro che le conseguenze della programmazione atavica del maschio, allorché doveva cacciare e procacciare le provviste della compagna, in modo che fosse in grado di valutare a distanza eventuali pericoli, scovando rapidamente le prede nascoste nella vegetazione, sensibilissimo a qualsiasi modificazione, spostamento o movimento.
L’uomo in tal senso è particolarmente attratto da tutto ciò che implica capacità spaziali, oggetti in movimento, meccanismi, e simili.
Per rendersi conto di questo è sufficiente entrare in una qualunque sala di video giochi, e rilevare come la quasi totalità dei ragazzi presenti siano di sesso maschile, e quanto attragga più gli uomini la guida dell’autovettura rispetto le donne, le quali hanno maggiore difficoltà in tutte quelle attività connesse con valutazioni meccaniche o di spazio, come per esempio nell’effettuare difficili parcheggi e simili.
Fatte queste premesse è facile comprendere perché gli uomini siano irrimediabilmente attratti, da tutto ciò che è tecnico, (per una donna è incomprensibile come un uomo possa restare estasiato per lungo tempo davanti ad un meccanismo in funzione), e trovino terribilmente affascinante un vettura od un motore (tutti ricordiamo la cartellonistica pubblicitaria ove nel letto matrimoniale, al posto della compagna, sotto le lenzuola l’uomo dormiva abbracciato al lucidissimo motore di una Ferrari.
E’ comunque un dato di fatto che l’uomo consideri il lavoro come una priorità assoluta, quasi come una missione e lo scopo della propria vita, puntando sempre ad un miglioramento, al potenziamento delle proprie capacità economiche, nochè alla realizzazione ed all’accumulo di sempre più rilevanti risorse.
In questa ottica, emerge la suddivisione ed il distacco che nella mente maschile riveste l’attività lavorativa rispetto ad altri interessi.
Nell’ambito lavorativo tutto ciò che costituisce emozioni, sentimenti ed ogni altro interesse viene cancellato in quanto egli si dedica totalmente all’attività lavorativa che considera prioritaria e di estrema importanza.
Per le donne viceversa l’attività lavorativa non costituisce che uno degli interessi ai quali dedicare la propria attenzione e non certamente l’unico, rappresentando non un fine come nell’uomo, bensì un mezzo per realizzare i propri interessi che sono per lo più assorbiti dalla famiglia, dalle relazioni sentimentali, dall’assistenza ai figli, da una buona sistemazione della casa in cui vivere e dalle relazioni interpersonali.
Per l’uomo di contro esistono due interessi totalmente diversificati, da un lato l’attività lavorativa e dall’altro la situazione personale, laddove il lavoro costituisce più che un mezzo, un fine al quale dedicarsi in modo esaustivo (l’80% degli intervistati in vari paesi valuta il lavoro e la carriera come le cose più importanti).
Così gli uomini tendono ad utilizzare tutte le proprie risorse per l’attività lavorativa e per il consolidamento della propria posizione, cercando sempre di migliorare la propria redditività e finalizzando tutte le proprie forze ad un aumento del proprio potere e delle proprie capacità di guadagno.
Di contro nella donna, poiché il lavoro è considerato un mezzo finalizzato alla famiglia, elle vedrà le risorse lavorative come un meccanismo per migliorare la propria abitazione, per permettere scuole migliori per i propri figli, per curare maggiormente la propria persona, ecc.
Quindi per schematizzare si potrebbe dire che, mentre l’uomo con le somme che riesce a risparmiare, cerca di acquistare dei beni che gli permettano un ulteriore reddito e poi con tale reddito, di acquistare altri beni fino a creare un azienda o un patrimonio, di contro la donna utilizzerà ogni incremento del proprio reddito per acquistare le tendine dell’abitazione, comprare dei tappeti, far riverniciare la casa, pagare la retta di una scuola migliore per i figli o per il pagamento del salone di bellezza.
Secondo alcuni, tale meccanismo corrisponde alla programmazione mentale dei nostri antenati laddove il compito della donna era quello di cercare un uomo che proteggesse lei e la prole e fosse sufficientemente forte da procacciare cibo a sufficienza per tutti, mentre il compito dell’uomo era quello di scovare e colpire più prede possibili in modo da creare una riserva per sè e per la propria famiglia.
Ciò ovviamente non significa che le donne non raggiungano importanti traguardi nel lavoro, (è un dato di fatto che mediamente queste ottengano migliori risultati scolastici, vincano i concorsi, siano ottime funzionarie e professioniste), tuttavia non sono portate nell’ambito della libera iniziativa, a creare patrimoni o aziende di rilevanti dimensioni, mancando loro lo stimolo in tal senso.
Si aggiunga ancora una caratteristica fisica peculiare degli uomini che è quella di possedere una elevata quantità di testosterone, la quale, insieme ad una maggiore aggressività, comporta altresì la voglia di competere, di affermarsi sugli altri e di predominare in ambito lavorativo e reddituale.
Nell’ambito della crisi di coppia, questo diverso modo di valutare la realtà incide in modo notevole, in quanto i tribunali, come vedremo, allorché devono determinare l’assegno di mantenimento per i figli minori o maggiorenni non autonomi ed eventualmente per la moglie, partono dal presupposto che gli aventi diritto, debbano mantenere lo stesso tenore di vita che avrebbero   mantenuto se il matrimonio non fosse fallito.
Inoltre anche in caso di autonomia economica di entrambi i coniugi, il Tribunale attribuisce l’assegno di mantenimento alla donna, pur se questa gode di un proprio reddito di lavoro, allorché tuttavia tra le due posizioni economiche sussista un rilevante divario economico.

NECESSITA’ DI UNA FAMIGLIA

Questo è uno degli altri punti distintivi del modo di ragionare femminile rispetto a quello maschile di fronte al fallimento dell’unione.
Se si esaminano le vicende personali delle donne successivamente alla separazione,   che da parte loro viene vissuta sempre in modo più profondo, traumatico e doloroso rispetto agli uomini, si vedrà che quasi tutte, dopo un periodo più o meno lungo per assorbire il dispiacere, tentano di ricostruire un nuovo nucleo famigliare.
Difficilmente una donna separata deciderà di rimanere sola a vita, salvo casi limite di profonde ferite derivanti dal rapporto con l’altro sesso, ma quasi tutte cercheranno di trovare un partner serio ed affidabile con il quale ricostituire un nuovo nucleo sentimentale e famigliare.
Nell’uomo, viceversa, non sussiste tale sensibilità o necessità, oltretutto, già traumatizzato, dopo l’esperienza negativa di aver perso in sede di separazione, il collocamento dei figli, l’utilizzo della casa coniugale dalla quale egli viene estromesso, ed essendo per lo più costretto a partecipare al mantenimento di figli e moglie con un depauperamento notevole.
E’ quindi ben spiegabile la mancanza di ogni desiderio di un uomo separato, sia per inesistenza di una programmazione mentale similare a quella della donna, sia per il trauma subito sotto il profilo personale e patrimoniale dalla precedente unione, che sicuramente lo fa rifuggire dall’ipotesi di un nuovo matrimonio a gambe levate.
Anche in questo caso, se si esaminano le teorie che fanno riferimento ad una programmazione iniziale dei due sessi, si vedrà che la spinta di crearsi una famiglia nella donna, corrisponde ad un interesse della natura alla procreazione e prosecuzione della specie, alla creazione di un nido, all’allevamento della prole, mentre l’interesse dell’uomo è certamente finalizzato ad un rapporto con una donna, ma senza lo scopo di un’unione stabile o di costituire una nuova famiglia.
Ciò fermo restando che, la programmazione mentale dell’uomo è quella di proteggere comunque la propria compagna, qualunque sia il rapporto con essa instaurato e parallelamente la donna percepisce l’analoga necessità di sentirsi protetta.
La differenza è che nel caso della donna il bisogno di protezione confluisce nella necessità di creare un nucleo stabile, mentre nell’uomo la protezione che comunque egli presta a qualunque compagna, ma anche alle persone del sesso opposto che frequenta, come amiche, colleghe di ufficio e simili, è fine a sé stesso e non confluisce nel desiderio di creare un’unione stabile o comunque formalizzata nel matrimonio.
Si consideri peraltro, tornando alla catastrofe che cade sul capo dell’uomo in caso di separazione, che un soggetto portatore di un reddito di € 1.200,00/1.500,00 al mese, al quale in precedenza aggiungeva il reddito della moglie, si troverà improvvisamente povero, e non solo impossibilitato a sostenere il pregresso tenore di vita, ma anche semplicemente a condurre una esistenza dignitosa.
Egli non riuscirà più a far fronte ai costi correnti, ma neanche alle rate di acquisto di un’autovettura, tenuto conto che il proprio reddito è falcidiato della metà, per il mantenimento della prole, e nel caso della moglie, e per l’altra metà, per pagare un affitto, visto che l’ex casa coniugale, in genere viene assegnata alla moglie.
Si spiega quindi facilmente quale sia la difficoltà di una donna separata di ricostituire un nucleo famigliare o comunque di convivenza stabile.
Ciò tanto più che dopo la separazione o comunque superata l’età di 30-35 anni, sul mercato rimangono i maschi, o che non sono riusciti a creare una unione per evidenti problemi caratteriali, o che sono separati e quindi sono già stati scartati da altre donne, per evidente inaffidabilità, come vedremo.

AMORE E SESSO

Le differenziazioni sotto tale profilo sono sotto gli occhi di tutti.
Per la donna, il rapporto sessuale è combinato con il rapporto sentimentale e l’uno trascina l’altro, sicchè questa non è interessata, salvo rare eccezioni, ad un rapporto fisico con un soggetto nei cui confronti non provi preventivamente una qualche forma di affetto.
Né in genere, una volta che si senta pienamente appagata sentimentalmente e fisicamente dal rapporto stabile con un uomo, dal quale si senta protetta e curata, è interessata alla ricerca di rapporti sessuali con altri possibili parter
Per l’uomo viceversa, i due aspetti, sentimento e sesso, sono separati.
Recenti studi, hanno infatti dimostrato che il cervello maschile, a differenza di quello femminile, ha la capacità di dividere l’amore dal sesso, considerando una cosa singolarmente rispetto all’altra, talchè egli sessualmente è interessato a qualunque donna, senza attribuire alcuna rilevanza all’esistenza o meno di un preesistente rapporto sentimentale.
Ciò deriva, sempre secondo i sostenitori della programmazione iniziale, dall’interesse della natura per ciò che riguarda la figura femminile, nel creare un nucleo monogamo, con un’unità familiare a protezione della prole, essendo scopo dell’evoluzione che, alla fecondazione, segua la cura e la crescita della prole, in ambito protetto.
Di contro nell’uomo, sarebbe interesse della natura, la distribuzione più larga del seme, auspicando più rapporti fisici possibili con donne diverse, creando maggiori possibilità di nascite e quindi   aumentando le probabilità di prosecuzione delle specie.
Nell’epoca attuale ovviamente le cose non sono in questi esatti termini, comunque è un fatto indubbio che una donna felicemente coniugata o con un rapporto di convivenza stabile, in un ambito nel quale si senta a suo agio e protetta, difficilmente cercherà avventure all’esterno, o risponderà alle proposte di altri pretendenti, mentre ciò avviene in modo frequente, quasi esclusivamente nei casi di insoddisfacente rapporto coniugale o sentimentale con il proprio partner.
In tale ipotesi tuttavia, proprio per l’incapacità di distaccare l’ambito sentimentale da quello fisico, la donna difficilmente sarà in grado di mantenere in essere entrambi i rapporti contemporaneamente.
Di contro, per l’uomo, anche in caso di rapporti sentimentali stabili e felici, con il coniuge o la compagna, egli resterà sempre interessato a eventuali proposte sul piano fisico di altre donne, senza per questo necessariamente intaccare la solidità del rapporto coniugale o l’affetto per la propria vecchia compagna.
Ciò proprio per la capacità mentale, di mantemere distinte e separate le due attività, quella sessuale e quella sentimentale.
Tale diversa programmazione mentale, fa sì che riesca poco comprensibile alle donne, come un rapporto, dal punto di vista dell’uomo, possa essere anche esclusivamente sul piano fisico.
Altrettanto incomprensibile è per la donna, il fatto che un uomo sia interessato a qualsiasi rapporto sessuale con l’altro sesso, anche con donne per le quali non vi è alcun feeling, ed addirittura con donne che non si stimano e perfino che si odiano.
Tutto questo è proprio spiegabile con le diverse aree che nel cervello maschile sopraintendono all’amore ed al sesso, talchè nulla vieta che una donna, anche se odiata, tuttavia sessualmente sia pienamene appagante.
E’ la norma che quando un uomo viene scoperto dalla propria compagna invischiato in una relazione adulterina, o al di fuori della coppia, egli si giustificherà sostenendo che si tratta soltanto di un fatto sessuale.
In realtà, contrariamente a quanto ritiene la compagna, con buone probabilità, quanto dichiarato, corrisponde al vero.
Sotto tale profilo, va detto che l’uomo ben può mantenere due o più rapporti contestualmente, senza pregiudicare l’affectio maritalis e dunque senza considerare per nulla l’ipotesi di una separazione; situazione di promiscuità viceversa insostenibile per la mentalità femminile.
La sensibilità dell’uomo per l’aspetto sessuale, va accentuato anche sotto altro profilo, e cioè nel senso che egli è facile preda della sollecitazione sessuale e della seduzione di una qualsiasi donna (in limiti ragionevoli), anche se si trova a suo agio nell’ambito di un rapporto familiare, ma ben raramente è disposto a pregiudicare il rapporto solido sottostante soltanto per un rapporto fisico.
Egli in sostanza pur essendo interessato alla seduzione proveniente dall’esterno, non è interessato a pregiudicare la famiglia già esistente, nei confronti della quale sente di avere seri doveri, per un nuovo rapporto esterno.
Va tuttavia precisato che un rapporto sessuale in un uomo, proprio per il meccanismo di protezione che scatta automaticamente, non infrequentemente poi si trasforma in un rapporto sentimentale, anche perché l’istinto biologico di ciascun uomo è quello di proteggere ed aiutare la propria compagna, anche se occasionale.
Di contro la donna, in genere, non risponde alle sollecitazioni di un eventuale partner esterno, se si trova in un rapporto coniugale o di convivenza stabile, mentre è disponibile se vi è una caduta di stima all’interno del rapporto di coppia.
Sotto il profilo chimico, questo elevato interesse degli uomini per il sesso, a parte la diversa progettazione del cervello, deriva anche dalla maggior livello di testosterone presente nei maschi, in quantità superiore di circa venti volte rispetto alle femmine, fatto che spiega anche la maggiore aggressività e competitività dei maschi.
Va considerato incidentalmente il fatto che, nel corso dei secoli tale maggior disponibilità dell’uomo è stata sempre giustificata, mentre contestualmente veniva disapprovata la disponibilità sessuale della donna.
D’altra parte, la particolare sensibilità dell’uomo per gli approcci di natura sessuale, indubbiamente favorisce le donne, le quali facilmente, mostrando la propria disponibilità, riescono senza troppi problemi a sedurre il compagno prescelto, (tutt’altre sono le problematiche e ben più difficile è il ricreare un rapporto stabile o una famiglia).
Va ancora considerato il meccanismo delle pulsioni sessuali nei due sessi, laddove nell’uomo, sussiste una eccitabilità immediata seguita però, poi con il soddisfacimento fisico, da un totale disinteresse, mentre nella donna il desiderio sessuale è più lento ad accendersi e cala in modo altrettanto proporzionalmente lento, tant’è che alcuni osservatori paragonano i due sistemi, nell’uomo ad un forno a microonde che va immediatamente in temperatura, ma cessa istantaneamente di funzionare e diviene repentinamente freddo con lo spegnimento dell’apparecchio, e nella donna invece come un forno tradizionale che raggiunge la temperatura lentamente, ed altrettanto lentamente diventa freddo.
Questa particolare sensibilità degli uomini, anche in età avanzata, per la disponibilità femminile, unita al fenomeno dell’immigrazione di un numero rilevante di donne provenienti da culture e criteri etici lontani anni luce dalla morale corrente, sta dando luogo al nuovo fenomeno nei Tribunali delle separazioni, richieste non più da soggetti, tra i 30 ed i 40 anni, ma da uomini ultracinquantenni o ultrasessantenni, i quali decidono di iniziare un nuovo menage con compagne ben più giovani e fisicamente più disponibili ed attraenti dell’ex coniuge.
A giustificazione, o meglio per comprendere la spregiudicatezza, di queste ultime, le quali non si creano alcun problema nel distruggere nuclei familiari consolidati, seducendo mariti e compagni, va detto che, quasi sempre, si tratta di donne che fuggono da realtà degradate, con problemi primari anche di rinvenimento del cibo, se non di semplice sopravvivenza, talchè la possibilità di vivere con un uomo che le assicuri una esistenza dignitosa o agiata, costituisce uno stimolo insopprimibile, e non si pongono certamente dubbi di natura morale.
Un’altra distinzione, nel caso di intrusione di un terzo incomodo, va fatta per i cosiddetti tradimenti platonici, cioè su di un piano squisitamente sentimentale, ma senza rapporti sessuali.
Infatti, mentre per la donna è estremamente grave che il proprio compagno si innamori di un’altra persona, anche se non con un coinvolgimento fisico,   nell’uomo, l’innamoramento della propria donna di un altro soggetto, se non vi sono rapporti fisici, è considerato molto meno grave.
Ciò in quanto sempre secondo la teoria della programmazione della specie, l’interesse dell’uomo è quello di assicurarsi che la prole fecondata derivi dal suo seme, mentre l’interesse della donna è quello di curare il mantenimento del rapporto famigliare, apparendo altrettanto importante questo, se non di più rispetto il rapporto fisico.
La Cassazione, va ricordato, aderisce alla tesi femminile, ritenendo che ben possa essere addebitata la separazione al coniuge colpevole di una relazione extraconiugale, anche ove non sussistano rapporti fisici.
Concludiamo per ricordare che, statisticamente poco meno del 90% delle relazioni extra coniugali vengono iniziate dagli uomini, ma vengono troncate nell’80% dei casi da donne, allorché queste si rendono conto che il rapporto è limitato all’aspetto sessuale senza alcun coinvolgimento sentimentale, o comunque senza alcuna possibilità di ricreare un nuovo nucleo familiare.

IL DIVERSO ATTEGGIAMENTO DI FRONTE AL FALLIMENTO DELL’UNIONE

Dall’esperienza professionale, emerge la differenza netta di atteggiamento degli uomini e delle donne di fronte al fallimento del rapporto matrimoniale o di convivenza.
Nel senso che, in genere, la donna vive la crisi di coppia in senso molto più profondo e sofferto dell’uomo.
Ciò sia, allorchè il termine del rapporto derivi dalla impossibilità di proseguire la vita insieme (un compagno violento od aggressivo, diseducativo per la prole, senza volontà di lavorare ed accudire alla famiglia, dedito al gioco e simili).
Sia allorchè, più semplicemente, sussista una relazione extraconiugale dell’uomo, che renda impossibile, quantomeno per dignità, di proseguire la vita assieme.
Va detto, tuttavia, che prima di arrendersi all’evidenza dei fatti, la donna, in genere, tenta in tutti i modi di salvare il matrimonio o la convivenza, e quando si arrende, lo fa con estrema sofferenza e dolore.
Un distinguo deve essere fatto, allorchè invece, l’unione venga a cessare, per il desiderio della donna di iniziare un rapporto con un nuovo compagno.
Ciò avviene, normalmente nei casi in cui il rapporto si affievolisce e poi termina per la caduta di stima da parte della donna per il coniuge, e contestualmente per l’inizio di una nuova storia al di fuori del matrimonio.
In questi casi la donna chiede la separazione, dopo aver realizzato le proprie aspettative, con la conoscenza di un altro possibile partner ed aver iniziato una nuova relazione con questo, relazione considerata sufficientemente stabile e caratterizzata da un possibile futuro.
Poiché a differenza dell’uomo, l’universo femminile non contempla una promiscuità di rapporti, se non per il periodo strettamente necessario ad operare una scelta, l’inizio di una nuova storia comporterà la decisione di presentare il ricorso per separazione al Tribunale.
E’ interessante notare che, in questa ipotesi, allorché la donna decida di rivolgersi all’avvocato per proporre il ricorso, essa è ben disponibile ad effettuare concessioni sul piano pratico ed economico al proprio coniuge, pur di giungere rapidamente ad una separazione consensuale, portando con sé il retaggio storico del senso di colpa, per aver interrotto l’unione con una nuova relazione.
Senso di colpa che non sussiste quasi mai nell’uomo, allorché la responsabilità del fallimento dell’unione ricada su di lui.
In realtà, così facendo, la donna finisce con il pregiudicare gli interessi propri e dei figli.
Infatti rinunciare all’assegnazione della casa in presenza dei figli o, ad un adeguato assegno di mantenimento per costoro, pur di definire subito la separazione, costituiscono scelte, delle quali ci si pentirà amaramente in seguito, e peraltro pregiudicando diritti che non riguardano tanto l’interessata, quanto proprio i figli conviventi, anche perché, come vedremo, si tratta di diritti che nulla hanno a che fare con l’eventuale addebito della separazione.
Del tutto diversa è la situazione in cui l’unione fallisce allorché viene scoperta una relazione del proprio compagno che rende impossibile la prosecuzione del rapporto.
Anche in questi casi in genere la separazione viene proposta dalla donna, la quale non intende rimanere in situazioni ambigue all’interno della stessa casa, mentre non infrequentemente l’uomo richiede in queste situazioni, di vivere “separati in casa”.
Simili richieste, che non vengono mai accettate dalla donna, in genere vengono giustificate dal compagno, con il tentativo di evitare gli ingenti costi di una separazione, o con l’inopportunità di una separazione in presenza di figli ancora in tenera età o simili.
L’interruzione del rapporto, in queste situazioni, non infrequentemente, viene vissuta dalla donna in maniera estremamente angosciosa.
Sopravvengono stati confusionali, apatia, rabbia nei confronti di chi ha sottratto il compagno, una caduta di autostima per non essere riusciti a mantenere il rapporto, frequentazione di psicologi continuandosi a tormentare sui motivi e sulle ragioni che hanno portato al fallimento dell’unione, tutte situazioni che vengono vissute in modo fortemente traumatico.
A ciò si aggiunge, stante il fatto che tali separazioni, da abbandono, colpiscono donne in età non più giovanile, la paura di rimanere senza un compagno, un quadro della propria vita futura nero, la paura di rimanere esposta soltanto a storie future superficiali e così via.
La caratteristica di tali fallimenti, è che la donna si pone sempre in posizione di paragone con la nuova partner del compagno.
Le frasi del genere “cosa ha lei che io non ho” e simili, sono l’espressione della mentalità femminile, mentre nessun uomo, di fronte all’abbandono della donna per un altro partner si metterebbe mai in posizione di competitività con il nuovo arrivato, comunque non sul piano fisico o personale, ma al massimo sotto il profilo del diverso successo in campo lavorativo, o del maggiore reddito, tenuto conto della diversa importanza che l’uomo attribuisce a tale aspetto della vita.
Ovviamente l’altro motivo preponderante che crea uno stato di malessere estremamente grave nella donna che perdura anche per lunghi periodi, è il fatto che questa attribuisce, a differenza dell’uomo, al rapporto sentimentale ed alla stabilità dell’unione una importanza molto più rilevante, di quanto in genere ne attribuisce l’uomo, e quindi il fallimento dell’unione costituisce quasi il fallimento della propria vita.
A ciò si aggiunga la difficoltà di ricostituire una famiglia e di trovare un partner affidabile superata l’età giovanile, la sensazione di aver perso la capacità di sedurre, tutti fatti che pregiudicano in modo rilevante la serenità delle donne, con un carattere non sufficientemente forte per far fronte alla nuova realtà, e che finiscono molto frequentemente dallo psicologo o dallo psicoterapeuta per riacquistare l’autostima e la serenità.
Invero lo stesso fenomeno, ma in misura estremamente minore, si ravvisa anche tra gli uomini, con minori difese, di fronte alla perdita della compagna, i quali talvolta si rifugiano nell’abuso di alcool.
In realtà, fermo restando che la separazione comporta un cambiamento radicale delle proprie abitudini, ciò nonostante va evitato sicuramente di passare il tempo in vuote e dannose elucubrazioni, e tantomeno di piangersi addosso, mentre è necessario prendersi un periodo di riflessione, senza cercare di ripristinare immediatamente una nuova relazione sentimentale, qualunque essa sia, quasi a voler collaudare la immutata capacità di sedurre.
Ciò al fine di organizzare ex novo la propria vita, comprendere le nuove esigenze, frequentare vecchie e nuove amicizie e, a poco a poco, il trauma che sembrava impossibile da superare, svanirà semplicemente.

UOMO SEPARATO, UOMO ROVINATO

E’ certamente indubbio quale delle due parti, in un processo di separazione, venga maggiormente penalizzata dai provvedimenti previsti dalla normativa.
Nel nostro studio legale, scherzando, e se le circostanze lo consentono, quando si presenta un uomo chiedendo di attivare il processo di separazione, il primo consiglio che forniamo è di passare dal fioraio, comprare un adeguato mazzo di rose e tornare a casa dalla moglie; l’alternativa è di perdere i figli, casa e danaro.
A parte la battuta, è una realtà come, in presenza di figli, l’uomo esca dal processo di separazione in modo a dir poco disastroso.
Infatti, al di là della responsabilità nel fallimento dell’unione, i figli dopo la pronuncia di affidamento condiviso, vengono collocati presso la madre (statisticamente in oltre il 90% dei casi), residuando al padre il mero diritto di visita e di averli con sé due volte a settimana, un week end alternato all’altro, per metà delle vacanze scolastiche natalizie e pasquali, e 15/20 giorni in estate.
Tuttavia la vera catastrofe giunge con i provvedimenti sulla ex casa coniugale, che viene assegnata alla moglie con quanto in essa contenuto e con conseguente estromissione del marito; il quadro si completa tragicamente con l’obbligo di partecipare al mantenimento della prole (ed ove la moglie non sia autonoma economicamente anche al suo mantenimento), con una somma che, per redditi normali falcidia dal 30% al 50% della retribuzione.
Soprassediamo sulle situazioni in cui vi sia ancora un mutuo da pagare o sulle rate dell’autovettura.
In queste condizioni, un soggetto portatore di un reddito di 1.200/1.800 euro, al quale in precedenza si aggiungeva il reddito della moglie, si troverà improvvisamente povero, e non solo impossibilitato a sostenere il pregresso tenore di vita, ma anche semplicemente a condurre un’esistenza dignitosa.
Egli non riuscirà né a far fronte ad un canone locativo per un’altra abitazione, ma neanche alle rate per un elettrodomestico.
Riportiamo a titolo di esempio l’importo medio mensile del contributo economico versato per i figli, accollato dai Tribunali agli ex mariti, rilevato nel 2006 (dati pubblicati dall’Istat in tema di separazione e divorzio).

SEPARAZIONE

1 figlio                                                  € 414,38
2 figli                                                    € 529,41
3 o più figli                                            € 753,99

DIVORZIO

1 figlio                                                  € 388,02
2 figli                                                    € 571,58
3 o più figli                                            € 687,62

Poiché il primo problema è quello di trovarsi un’abitazione, i maschi con un reddito sufficientemente elevato, provvederanno alla locazione di un alloggio di modeste dimensioni, mentre quelli con un reddito minore, torneranno sistematicamente nell’abitazione dei genitori (un separato su 5) o si faranno ricoverare da altro parente prossimo o amico.
Eventuali ritardi nel pagamento del mantenimento verranno subito sanzionati dal legale della ex moglie con un pignoramento della retribuzione o del conto in banca (il che comporterà in più, l’annotazione presso le varie centrali dei rischi, come soggetto non affidabile, con l’inibizione per poter accedere a qualsiasi forma di mutuo o finanziamento) o ancora chiederanno al giudice l’accollo del mantenimento direttamente a carico del datore del lavoro.
Quanto ad eventuali nuovi menage sentimentali, costoro (gli ex mariti), memori delle conseguenze catastrofiche del precedente matrimonio, e soprattutto delle implicazioni economiche, resteranno molto guardinghi, anche perché gli uomini a differenza delle donne, non sentono in genere alcuna necessità di ricrearsi una famiglia.
Pur disponibilissimi a rapporti fisici, (e questo è un interesse che perdura anche in età avanzata), sono poco inclini a formalizzare una nuova unione, ma al più un rapporto di convivenza, tenuto conto peraltro, in una visione utilitaristica, che l’alloggio dell’altra partner può costituire un rifugio ed una soluzione, per non sobbarcarsi più il canone locativo di una casa, (ed in tal senso le donne separate devono prestare molta attenzione a non immettere nell’abitazione un aspirante compagno, sia per non perdere l’assegnazione della casa, ove questa sia di proprietà dell’ex coniuge ex lege n.54/06, sia perché poi la procedura per liberare l’alloggio è lunga e costosa).
Sotto tale profilo va detto che gli uomini separati, hanno più probabilità di trovare una nuova anima gemella, da un lato in quanto non hanno precedenti impegni familiari, (mentre le donne sono limitate dal peso dei figli), dall’altro perchè la loro “forbice” spazia da donne in giovane età, fino a persone mature.
Di contro le donne separate ricercano eventuali nuovi compagni in una fascia di età molto più ristretta, a partire dalla propria in poi, non sentendosi in genere protette da un uomo molto giovane e quindi operano la ricerca su un campione di età molto più ristretto.
Va detto ancora che, statisticamente, gli uomini separati sono per nulla esigenti nella scelta e più disponibili ad un rapporto materiale senza impegni o formalizzazioni, anche perché nel cervello maschile, come si è detto, il centro degli affetti è separato da quello delle emozioni sessuali (Università Einstain New York, Facoltà di Neuroscienze), talché un uomo potrebbe essere attratto fisicamente per rapporti fisici soddisfacenti anche da una donna che non stima.
Tuttavia il vero problema della maggior parte degli ex mariti separati, non è tanto quello sentimentale, quanto quello della sopravvivenza.
E’ un fatto che un soggetto, il quale in precedenza godeva di un tenore di vita normale, (si calcolano a Milano e provincia gli uomini separati in difficoltà economiche in circa 50.000), dopo la separazione, andrà ad ingrossare la fila di quelli che i mass-media definiscono i nuovi poveri, con tutti i problemi personali conseguenti, non ultimo un probabile stato depressivo.
Talché molte amministrazioni pubbliche si stanno organizzando per rinvenire alloggi a prezzi ridotti o altre provvidenze mirate a questa categoria.

LA DONNA SEPARATA: SINGLE A LUNGO

In genere la donna esce dallo scontro dalla separazione “a testa alta” almeno dal punto di vista dei provvedimenti giudiziari a lei favorevoli. In realtà non è così.
O meglio, sicuramente la moglie dalla separazione ottiene risultati tangibili preclusi all’uomo.
Infatti, innanzitutto, fermo restando l’affidamento condiviso (custodia morale comune dei figli), ottiene il collocamento degli stessi, cioè il diritto di farli vivere con sé.
In secondo luogo ottiene, quale genitore collocatario, l’assegnazione della casa coniugale, cioè il diritto di abitarla gratuitamente, anche se questa è intestata o cointestata al marito; e con i costi delle abitazioni in Italia, si tratta di un vantaggio economicamente molto rilevante.
Infine ottiene il diritto a percepire un assegno, ed eventuali accessori, per la partecipazione al mantenimento per i figli e ove non abbia, o non possa procurarsi adeguati redditi propri, che le consentano un tenore di vita analogo a quello al quale avrebbe avuto diritto, l’ex moglie ha diritto ad un assegno per sé.
Nei rapporti di convivenza, il Tribunale dei Minori utilizza gli stessi parametri, anche se, mancando il rapporto coniugale, la moglie non ha diritto al mantenimento per sé stessa, ma per il resto le situazioni sono parificate.
Tuttavia proprio quello che apparentemente costituisce un vantaggio, l’avere con sé i figli con conseguente diritto alla casa ed al mantenimento), rappresenta anche un limite rilevante, non solo impegnandola al 100% nella cura della prole, ma anche limitandola nella possibilità di crearsi un nuovo menage ed una nuova famiglia.
Come si è visto, sotto tale profilo, a differenza degli uomini, che non hanno alcuno stimolo in tal senso, in genere la donna, dopo la crisi derivante dal fallimento dell’unione, cerca in modo naturale di crearsi una famiglia, sperando di incontrare un partner serio ed affidabile.
Tuttavia l’errore in cui spesso incorrono le donne è quello di immaginare che, fuori dal matrimonio, la situazione sia rimasta la stessa da loro conosciuta da giovani, vale a dire un certo numeri di pretendenti, tra cui scegliere, possibilmente il migliore.
Nella realtà la situazione è totalmente diversa, in quanto tutte le coppie si sono formate, in vista di un rapporto definitivo, tra i 23 ed i 30 anni, ed i matrimoni (ma anche le convivenze stabili), vengono contratti (fonti Istat) intorno i 30 anni.
Le separazioni dei coniugi avvengono, viceversa, dopo oltre dieci anni di matrimonio (secondo l’Istat la durata media dei matrimoni che termina con una separazione è di 13 anni), anche se in questi ultimi anni si assiste al fallimento dell’unione anche in età superiore ai 50 anni.
La realtà è che una donna separata, troverà innumerevoli potenziali compagni per un rapporto libero e senza vincoli, ma pochissimi disponibili per la ricostituzione della famiglia.

Infatti, escludendo coloro che in età non più giovanile non hanno ancora instaurato relazioni, evidentemente per seri problemi personali, caratteriali o relazionali, gli unici uomini liberi sul “mercato” apparentemente e potenzialmente di interesse per una donna desiderosa di ricrearsi una famiglia sono quelli provenienti da altre separazioni.
Tuttavia costoro sono proprio gli ex compagni scartati da altre donne (non si dimentichi che quasi sempre è la donna che impone la separazione) per inaffidabilità, scarsa fedeltà, aggressività, mancanza di volontà lavorativa, incapacità di amministrare il danaro, mancanza di collaborazione ed assistenza, ecc.
Dunque le separate finiscono per operare la ricerca su un campione maschile già collaudato, ma ampiamente già scartato da altre donne, e cioè pieno di problematiche e ben scarsamente affidabile.
Va anche ricordato che, se da un lato le donne separate tendono naturalmente a ricrearsi una famiglia, dall’altro come detto, gli uomini separati non sentono affatto tale esigenza, ed anzi sono particolarmente spaventati dall’idea di ricadere nello stesso precedente errore, con conseguenze catastrofiche, derivanti dal matrimonio o dalla convivenza fallita.
A questo va aggiunto che le donne separate con figli, incontrano estrema difficoltà nel porre in essere incontri prodromici ad una eventuale relazione duratura, anche solo per problemi logistici, come quelli relativi alla sistemazione dei figli, trovando qualcuno che si prenda cura di loro, nei pochi momenti, tra casa e lavoro, destinati allo svago.
Tutto ciò senza contare poi i problemi di compatibilità tra i propri figli e l’eventuale nuovo compagno.
Infine bisogna considerare, come si è accennato che, a differenza degli uomini, le donne operano la loro scelta su un margine di età ridotto, escludendo tutti i soggetti troppo giovani e quindi non tali da ispirare adeguata protezione.
Né d’altra parte, maggior successo, almeno esaminando le statistiche, arride ai tentativi di trovare il proprio compagno tra gli uomini felicemente sposati, (colonna gialla), laddove costoro, pur spesso disponibili ad un rapporto fisico, non sono affatto disponibili a mettere a repentaglio una famiglia già costituita, proprio per le caratteristiche di affidabilità che ha permesso al matrimonio di sopravvivere.
Neanche va sottaciuto che le donne in genere, nella ricerca di un partner, sono molto più esigenti degli uomini e meno inclini ai compromessi.
Sotto un profilo di evoluzione della specie, la donna in realtà, è enormemente più esigente dell’uomo, nel ricercare e scegliere un partner che lei ritenga affidabile.
Ciò, secondo coloro che si rifanno ad una programmazione naturale della specie, in quanto alla donna spetta il compito di allevare la prole, e dunque questa ha bisogno di garanzie precise e sostanziose, e cioè ricerca un uomo che possa provvedere alla sua protezione ed ai suoi bisogni, in sostanza un uomo affidabile, provvisto di adeguata capacità, creatività, intelligenza, disponibilità, ecc.
Di contro il problema non si pone per l’uomo, in quanto egli non sente la necessità di essere protetto da alcuno, né di creare una famiglia, e quindi sostanzialmente si “accontenta” di una donna piacente, in buona salute e disponibile, caratteristiche possedute dalla maggioranza, non chiedendo e pretendendo caratteristiche diverse.
Questa difficoltà nella ricerca di un partner dopo la crisi del rapporto, trova piena conferma nei dati statistici, laddove nell’ambito delle donne separate, solo il 30% circa riesce ad instaurare una storia sentimentale sufficientemente stabile e soltanto il 10% circa passa rapidamente ad un nuovo matrimonio, per il quale comunque, in caso di rapporto coniugale, bisogna comunque attendere i tempi per la successiva pronuncia divorzile.
Ovviamente la percentuale di donne che instaurano in una nuova unione (convivenza o matrimonio) dopo la separazione o lo scioglimento del primo matrimonio, dipende da molte variabili, tra cui in particolare, la storia precedente, l’età della separazione, ecc.
Come è facilmente ipotizzabile, le donne che si separano in età giovanile, sono quelle che in maggior proporzione, iniziano una nuova vita di coppia, mentre le donne che si separano in età avanzata, più difficilmente entrano in una seconda unione.
Va detto che questo non significa affatto, nella realtà, che le donne separate non intrattengano relazioni, anzi è esattamente l’opposto, laddove quasi tutte instaurano rapporti sentimentali.
Il fatto è però che il nuovo accompagnatore viene considerato per lo più come una soluzione di ripiego o di compromesso, utile e piacevole, oltre per qualche uscita, ma nulla di più.
Nei paesi anglosassoni viene denominato il compagno dei week end.
D’altra parte è nota la battuta dei vari film americani, secondo la quale è più facile che una donna separata quarantenne muoia in un attentato terroristico piuttosto che trovi marito.
Si tratta insomma di relazioni, in assenza della stima che costituisce la base ed il presupposto di un rapporto sentimentale serio, stabile e duraturo, che costituiscono sempre soluzioni di compromesso, caratterizzate dalla precarietà e dalla temporaneità.
Basti pensare che secondo i dati Istat, a distanza di 15 anni dalla separazione, ben il 70% delle donne è single al nord, arrivando all’85% al sud Italia, salvo, come si ripete, storie di diversa durata.

IL FALLIMENTO DELL’UNIONE DAL PUNTO DI VISTA DI LEI

Non vi è dubbio che il termine di una storia sentimentale viene vissuto in maniera molto più traumatica dalla donna rispetto all’uomo.
Ciò deriva dal fatto che la maggior parte degli uomini (statisticamente l’80% circa) attribuisce al lavoro importanza preponderante della loro vita, mentre la stessa percentuale delle donne ritiene la famiglia come una priorità assoluta.
Per ciascuna donna, la serenità familiare, il sentirsi protetta dal proprio compagno, ed in sostanza il sentirsi amata, costituisce un presupposto essenziale della propria vita.
Per inciso statisticamente le persone che si sentono amate presentano una durata di vita più lunga ed uno stato di salute migliore.
Le persone sposate e senza crisi coniugali in effetti, presentano tassi di mortalità più bassi rispetto ai single, ai soggetti separati o divorziati.
Questo succede perché di norma il rapporto matrimoniale oppure di convivenza stabile, comporta una maggiore sicurezza emotiva, contestuale alla tranquillità della vita in comune e sotto lo stesso tetto, allungando le aspettative di vita.
Anche se, a fronte delle statistiche, circola la battuta, per cui chi è sposato vive certamente più a lungo dei single, ma gli sposati hanno certamente più voglia di morire.
A parte le battute è un dato oggettivo che, sotto qualunque latitudine, la tranquillità emotiva, la sicurezza di avere un compagno vicino, la tranquillità del fatto che ufficialmente il proprio compagno è fuori del mercato delle storie sentimentali, comporta una media di sopravvivenza di circa dieci anni maggiore rispetto agli uomini e le donne che invece hanno storie sentimentali travagliate o comunque instabili.
La rilevante differenza che nella mente della donna, rispetto la mente dell’uomo, riveste la famiglia, porta come conseguenza immediata, in caso di cessazione della storia sentimentale, che la donna viva il fallimento dell’unione dunque in maniera molto più traumatica rispetto l’uomo.
Non c’è separazione in Tribunale che non comporti uno strascico di depressione, incontri con lo psicologo e conseguenze anche sul piano pratico.
Se la donna è insoddisfatta delle proprie relazioni sentimentali, spesso non riesce a concentrarsi sul lavoro, mentre per l’uomo in genere accade l’inverso, e cioè allorché egli non si realizza nel lavoro, non riesce a concentrarsi sulle relazioni sentimentali.
Tale atteggiamento diverso dalle donne rispetto agli uomini, emerge facilmente anche dal comportamento, laddove per esempio gli argomenti di discussione tra donne, riguardano sempre le storie sentimentali, i rapporti con il proprio compagno o coniuge, le vicende extraconiugali ed i problemi della propria famiglia e simili, mentre nei rapporti tra uomini, gli argomenti di colloquio riguardano il lavoro, sport, vacanze, ma ben difficilmente un uomo andrà a confidarsi con un altro suo simile di problemi che egli considera assolutamente personali e facenti parte della sua privacy.
La sicurezza di un rapporto monogamo nella donna, acquista un valore estremamente rilevante, laddove il matrimonio o almeno un rapporto di convivenza stabile, consiste nella mente della donna, in una notifica erga onmes, da un lato dell’indisponibilità del proprio compagno e dall’altro del fatto che questi la considera unica.
Se si esaminano i libri di psicologia, si evince come la sensazione di essere amata e speciale per il proprio compagno, ha un effetto rilevantissimo nella psiche e nell’azione chimica del cervello femminile, in quanto la tranquillità e la sicurezza del rapporto di coppia è un presupposto essenziale ed inderogabile per la serenità della vita di qualsiasi donna.
Per questi motivi, come si accennava, allorché il rapporto sentimentale termina, l’evento viene vissuto, in genere, in modo molto più traumatico da parte della donna rispetto all’uomo.
Scattano meccanismi di caduta dell’autostima, la sensazione del fallimento di tutta la propria vita. Se l’artefice dell’interruzione del rapporto è la donna, la scelta è sempre dolorosa, tuttavia diviene insopportabile allorché viceversa l’unione decade, per scelta dell’uomo che lascia la propria compagna, magari dopo molti anni dall’inizio dell’unione.
Sotto questo profilo (l’uomo che si allontana), si assiste statisticamente ad uno spostamento in avanti dell’età della crisi di coppia, correlato all’aumento della vita media e ad un netto miglioramento dello stato di salute di entrambi i sessi.
Sta diventando estremamente frequente, nelle aule di giustizia assistere a separazioni di soggetti non solo ultra cinquantenni ma anche in età molto più avanzata.
Ciò si verifica anche a causa dell’effetto cosiddetto “domino”, vale a dire, più coppie si separano, più donne separate vanno ad insidiare i compagni delle coppie stabili.
Fenomeno a cui va aggiunto, come ben sanno gli operatori del diritto di famiglia, quello delle giovani donne straniere ch, provenienti da realtà di indigenza e povertà, non nutrono alcuno scrupolo morale nel cercare compagni economicamente stabili tra le altre coppie.
La reazione all’abbandono, soprattutto quando giunge inaspettato, può quindi essere estremamente traumatica, creando confusione e sgomento nella donna.
L’idea di rimanere sola dopo moltissimi anni di rapporto coniugale, mancando improvvisamente la persona che comunque costituiva un riferimento ed una protezione, fa mancare il terreno sotto i piedi, creando una serie di reazioni che oscillano dal cercare ossessivamente di comprendere le motivazioni del fallimento dell’unione, all’odio, alla nausea, all’idea irreale di riconquistare il compagno, e simili.
Dallo stato di insoddisfazione e di rabbia, nascono comportamenti anche contraddittori, interviene l’amor proprio, la paura di rimanere sole, non infrequentemente la colpevolizzazione, la caduta della valutazione di sé stessa, la considerazione che si è solo capace di attirare persone sbagliate, il rifiuto di qualunque rapporto futuro con gli uomini, o viceversa all’opposto, la ricerca di continue relazioni superficiali, una dopo l’altra.
Accanto a tali reazioni, possono sopravvenire depressione, angoscia, ansia, rabbia disturbi neurovegetativi e simili.
Invero, l’aumento delle separazioni e dei divorzi ha aumentato a dismisura la clientela degli psicologi e psicoterapeuti, necessitando la donna, dotata di una notevole sensibilità, a differenza dell’uomo, per la crisi del rapporto sentimentale, dell’aiuto di un professionista esterno per superare il momento difficile.
In realtà, dopo un lasso di tempo non particolarmente lungo, ci si abitua anche alla nuova situazione fuoriuscendo dallo stato di malessere in cui ci si trovava a seguito del fallimento del rapporto sentimentale.
Va comunque detto, che anche se il fallimento dell’unione è pericoloso sia per gli uomini che per le donne, creando anche problemi di squilibrio psicologico, tuttavia sussiste per le donne anche problematiche che prima erano poco frequenti, come i disturbi cardiaci.
Infatti il sostenere che dal fallimento dell’unione soffre il cuore, corrisponde alla realtà psicofisica, laddove l’Università del Texas su un campione di 9.500 persone, ha stabilito che a 60 anni, 1/3 delle donne separate ha problemi vascolari, contro poco più del 20% delle donne con una vita coniugale tranquilla, disturbi che nascono infrequentemente da una somatizzazione dell’ansia.
Va detto ad onor del vero, che anche gli uomini separati hanno problematiche fisiche più rilevanti di quelli con una vita di coppia serena, tuttavia per costoro ai problemi sentimentali si aggiungono quelli materiali, la mancanza di reddito, le difficoltà economiche e di sopravvivenza.

LE REAZIONI AL FALLIMENTO DELL’UNIONE – LE PROBABILITA’ DI UN NUOVO MATRIMONIO

La necessità di ricostruire un nuovo nucleo familiare, di trovare una persona che sia protettiva, che provveda alla propria compagna e che sia affidabile sotto ogni profilo, fa sì che al termine dell’unione, e allorché si giunga al momento di dire addio, la donna peraltro normalmente più sensibile a questo genere di eventi, mostra un atteggiamento più sofferto di fronte alla cessazione di una relazione importante, sia che questa derivi da sè stessa, sia che derivi dall’abbandono da parte del partner.
In realtà poiché quando un rapporto termina, in genere sussiste sempre un altro o un’altra, la situazione è ben diversa, allorché il fallimento dell’unione derivi dalla volontà di interrompere il rapporto da parte della donna, la quale normalmente lo fa, giunge a questo passo dopo aver instaurato una nuova relazione sostitutiva, ovvero in quei casi (numerosi) in cui è l’uomo che interrompe il rapporto per un’altra compagna.
Si tratta di un impulso biologico insopprimibile che fa parte dell’istinto di conservazione.
D’altra parte ritornare da sola dopo aver fatto l’abitudine di numerosi anni ad un rapporto di coppia, la scomparsa della persona su cui si fondavano le proprie speranze e dalla quale ci si sentiva protetta e curata, costituisce un trauma rilevante.
La perdita di un compagno con cui si era abituati a confidarsi e con il quale si condividevano ogni momento negativo o positivo della vita, la mancanza di un rapporto fisico, la mancanza di una persona sulla quale si contava, crea un senso di smarrimento, divenire soli rispetto ad un rapporto a due, crea dunque una insicurezza ed un vuoto, ai quali va aggiunto anche la paura di rimanere sola e cioè della solitudine futura.
In realtà va considerata la situazione in maniera oggettiva.
La mancanza di un compagno, significa che bisognerà trascorrere qualche tempo in questa condizione, ma non sussiste in realtà alcunché di traumatico o di veramente serio, dal momento che nulla vieta di frequentare altre persone, amici, conoscenti, ecc.
Altra versione standard è quella di riesaminare in modo ossessivo i propri comportamenti dove si è sbagliato, anche se in realtà non vi è nessun errore e non vi è nulla da imputare, a rimproveri a sé stessa per i comportamenti che si sarebbero dovuti tenere e non si sono tenuti, alle recriminazioni sulla colpa del fallimento dell’unione, facendo riferimento a piccoli episodi (la mancata cura del corpo, eventuali offese, noia, e così via).
In realtà se si esaminano i libri di psicologia, si evince che non ha senso rintracciare i motivi per i quali l’unione è fallita, ciò che è importante è dare atto che ciò è avvenuto, ciò che è importante è dare atto oggettivamente che ciò è avvenuto e che è inutile tentare riavvicinamenti.
Come ben sanno i legali, quasi mai un rapporto che si è interrotto, ha serie probabilità di essere recuperato.
Ovvero numerosissimi sono i casi di coniugi separati che poi intrattengono nuove relazioni successivamente, ma nessuna di queste finisce per ricostituire una unione legale come era in precedenza.
Il che è come dire che una volta che la campana è rotta non è più riparabile, non tornerà più come prima.
Continuare a tentare di ricostituire il rapporto, significa soltanto pregiudicarsi ogni prospettiva di conoscere altre persone e avere nuove possibilità, impiegando il proprio tempo in sterili tentativi di riavvicinamento.
Dopo le sensazioni iniziali, muta anche il comportamento nei confronti dell’altro sesso, si passa da considerazioni del genere “non voglio essere più coinvolta in relazioni sentimentali”, “non voglio più lasciarmi andare”, “non voglio più soffrire”, “perdo solo il mio tempo, attiro solo soggetti inaffidabili” e quindi si crea un irrigidimento nei confronti di eventuali nuove relazioni.
Sempre esaminando i libri di psicologia sul tema si evince che un altro motivo per cui la donna lasciata decida di rimanere sola, è giustificata in cuor proprio dalla speranza che l’ex compagno ritorni ripensandoci, ipotesi assolutamente irrealizzabile e priva di fondamento.
L’altro atteggiamento, esattamente opposto, è la reazione all’interruzione del rapporto sentimentale, iniziando ad avere una serie di avventure in modo ripetitivo, più o meno come fanno molti uomini, i quali non hanno nessuna intenzione di impegnarsi.
Questo modo di reagire, cioè la ricerca continua di un partner, uno dopo l’altro, deriva in realtà da una insicurezza di fondo, cioè dal desiderio di dimostrare a sé stessa di essere ancora capace di attrarre eventuali compagni.
A parte che si tratta di una prova inutile perché qualsiasi donna è in grado di attrarre qualsiasi uomo, una simile scelta, e cioè il continuo dar luogo alle relazioni occasionali, finisce in realtà per creare solo un ulteriore malessere.
Ciò deriva da una programmazione naturale della donna che tende ad avere un rapporto stabile ed una famiglia, e salvi rari casi di ragazze che abbiano la tendenza ad avere storie senza importanza, in realtà si tratta di uno stravolgimento del proprio carattere.
Sussistendo di fatto una forzatura rispetto il proprio istinto che poi in realtà può anche produrre effetti negativi.
Mentre nell’uomo le continue relazioni hanno un significato di “gioco”, nella donna la mancanza di un punto fermo sentimentale, a parte i rischi fisici di unioni sempre con persone diverse, finisce per amplificare il senso di fallimento della propria vita sentimentale.
Infatti esaurito il periodo della vendetta, rispetto all’altra partner, vivendo delle futili avventure, si finisce con il sentirsi ancora più soli e storditi, e ciò senza contare le problematiche connesse con un numero elevato di rapporti, laddove al di là dei problemi e dei rischi fisici, ci si rende conto che un numero di esperienze continuative abbiano come unico scopo quello di non pensare di essere rimasti soli e senza contare ancora il rischio di incontrare persone disturbate psicologicamente e che possano creare problemi sul piano personale.
Sempre nell’ambito dell’insicurezza e della paura di rimanere sola, va annoverato la caduta in stati depressivi, ed i tentativi di raschiare in fondo ai barili, come quello di cercare di ricontattare i precedenti compagni, fidanzati e simili.
A parte questi aspetti personali e psicologici, se si esaminano le statistiche dell’Istat italiane, (che comunque sono simili a quelle di tutti i paesi industrialmente evoluti) è vero che qualunque donna è capace di attrarre qualunque uomo sensibile anche sul piano fisico, tuttavia la possibilità di trovare una persona affidabile al di sopra dei 32 anni diventa estremamente difficoltoso, e quindi va accettata l’idea di rapporti sentimentali con soggetti non totalmente soddisfacenti, ma senza possibilità di poter instaurare un rapporto stabile.
Secondo le statistiche infatti, se il numero delle separazioni e divorzi è in costante aumento, ed anche dei secondi matrimoni in una percentuale di circa il 10% delle nozze, tuttavia le probabilità di incontrare un nuovo principe azzurro e di poterlo sposare sono scarse.
Gli uomini al secondo matrimonio hanno in media 47 anni se sono divorziati e 58 anni se sono vedovi, le donne invece si sposano in media a 41 anni se sono divorziate o 47 se sono vedove.
La tipologia più frequente nei secondi matrimoni è quella in cui lo sposo è divorziato e la sposa è nubile è il 4,2% dei matrimoni, mentre il caso opposto in cui è la sposa ad essere divorziata e lo sposo celibe e soltanto il 3,4% .
I dati delle indagini multi scopo Istat (famiglie e soggetti sociali), mostra che fra le donne separate, il 24% ha dato luogo ad una seconda relazione, ma per ciò che riguarda l’unione stabile la situazione è molto diversa.
Infatti dopo un periodo di convivenza, solo il 9% delle donne separate riesce a passare ad un secondo matrimonio, il che, come si vede dall’esperienza sul campo, significa che il residuo 91% si deve accontentare di relazioni saltuarie o al massimo di convivenza.
In realtà va anche aggiunto che la percentuale di donne che danno luogo ad una nuova unione matrimoniale o di convivenza stabile, dopo lo scioglimento del primo matrimonio, dipendono da molte variabili, tra cui l’età della separazione.
Infatti in quel 9% delle donne che si risposano vanno annoverate quelle più giovani, ovvero quelle che si separano quando hanno meno di 24 anni.
Le donne che si separano in età più avanzata molto più difficilmente entrano in una seconda unione, talché delle donne giunte ad un secondo matrimonio, in realtà sono rinvenibili soltanto quelle che si sono separate prima dei trent’anni.
Ciò deriva dalla semplice constatazione sotto gli occhi di tutti che prima dei trenta anni le coppie non si sono ancora stabilizzate e quindi sul mercato vi sono ancora numerosi maschi affidabili, essendo facile scartare quelli poco appetibili.
Di contro le donne che si separano dopo i 40 anni hanno soltanto il 10% di probabilità di dar luogo, non tanto ad un matrimonio, ma neanche ad una unione abbastanza sicura e stabile.
Le curve statistiche dimostrano che dopo 15 anni dalla separazione di fatto, il 70% delle donne del nord Italia è ancora single, mentre il 30% è formato da nuove unioni, seppure non particolarmente stabili, mentre al sud ed al centro l’85% è ancora single e quindi le nuove unioni sono ridotte al 15%.
Questi dati confermano quanto detto e cioè che una donna per essere disponibile ad una unione stabile, o ad un nuovo matrimonio, ha necessità di rinvenire un uomo con tutte le caratteristiche adatte, di affidabilità, di solidità economica, di carattere affettuoso, disponibile e simili.
Tutti tali soggetti in genere sono già stati coinvolti in precedenti nozze prima dei 32 anni.
Di contro per gli uomini separati non vi è alcuna difficoltà, in quanto essi non hanno né bisogno di sentirsi protetti, né sentono lo stimolo di una nuova famiglia, e quindi sostanzialmente qualunque donna disponibile può essere appetibile.

LA RICERCA DEL PARTNER TRAMITE INTERNET

Senza dubbio l’uso della rete per allacciare relazioni è divenuto di uso comune, anche se ben diverso è il normale utilizzo da parte dei giovani, rispetto le ore passate davanti allo schermo da parte di soggetti maturi.
E’ comunque un dato oggettivo che i primi sintomi di un malessere nella coppia, sono dati dal comportamento di chi passa la notte a “chattare” in cerca di relazioni e contatti con l’altro sesso.
Né d’altra parte va sottaciuto che internet ha esteso la possibilità di creare relazioni prima scaturenti solo dalla partecipazione fisica e diretta, e ciò in modo esponenziale.
Praticamente ciascun utente ha acquisito la possibilità, prima del tutto inesistente, di iniziare con estrema facilità, relazioni con un numero indeterminato di soggetti.
Per molti tale possibilità è sfociata in una e vera propria sindrome psicologica, con motivazioni generalmente diverse tra gli uomini e le donne.
Mentre queste ultime cercano normalmente un compagno di vita, effettuando una ricerca sistematica, l’uno dopo l’altro, nel tentativo di trovare l’anima gemella, gli uomini (in età non più adolescenziale), viceversa tramite la rete ricercano compagne anche occasionali, mantenendo contemporaneamente, e non infrequentemente, più relazioni in essere.
Ovviamente l’anonimato di internet, fa sì che quanto dichiarato dai potenziali partner non è detto che sia veritiero, talché poi gli incontri di persona, spesso, sono anche deludenti, in alcuni casi anche pericolosi, laddove in rete c’è sempre un’alta percentuale di soggetti mentalmente disturbati.
Tant’è che la cronaca nera è piena di relazioni iniziate tramite internet e finite malissimo.
E’ vero senza dubbio che molte relazioni (e si fa riferimento non solo a quelle sentimentali ma anche semplicemente di amicizia fra persone dello stesso sesso) sono iniziate proprio tramite l’utilizzo della rete, ed i vari siti che propongono amicizia, rapporti sentimentali, incontri e simili, hanno un successo rilevante, tant’è che secondo una inchiesta dell’Università di Zurigo, circa il 20% dei contatti tramite Internet si trasforma in un’amicizia, anche se nel residuo 80% si annidano storie sgradevoli ed anche situazioni con gravi strascichi giudiziari.
Seppur è vero che con la nuova normativa sullo stalking (legge n. 38/09), si è intervenuto in modo efficace (il Ministero indica per il primo anno di applicazione della legge 1216 arresti, oltre 7000 denunce ed un aumento del 25% delle richieste di aiuto nei centri antiviolenza dello Stato), tuttavia, riuscire a distaccarsi da uno squilibrato, incontrato su internet, può divenire molto difficile, rovinando la propria serenità per lunghi periodi, imponendo interventi giudiziari tempestivi ed adeguati.
Se dunque l’utilizzo di internet ha permesso il collegamento istantaneo mondiale di tutti gli utenti con meriti rilevantissimi, come il fatto di poter valutare opinioni diverse anche in regime dittatoriale, dall’altro vi p da dire che ha inferto un colpo mortale ai matrimoni.
Secondo l’associazione più importante degli avvocati matrimonialisti americani, la principale motivazione di una rottura sentimentale deriva da “Facebook” sotto due aspetti, da un lato in quanto permette di conoscere potenziali partners e dall’altro perché costituisce prova decisiva nei processi divorzili, allorché la parte lesa porta il computer in Tribunale, mostrando le prove del tradimento e dell’infedeltà.
Né va dimenticato sotto questo profilo che i computers, in realtà anche se apparentemente cancellano i collegamenti, esaminati da un esperto conservano sempre traccia di tutto quello che viene fatto.
E’ un fatto comunque che in America le pagine di facebook vengono sempre più utilizzati come fonte di prova e sostituiscono i vecchi “sms” o le tracce sulla giacca, o sulla camicia, di rossetto.
Due terzi degli avvocati americani hanno affermato che facebook è la fonte primaria di prova a carico della parte colpevole nei procedimenti divorzili, accanto a “My Space” con il 14% e da “Twitter” con il 5%.
Caso classico, statisticamente, è il ritrovamento di vecchi partner e/o di amicizie, allorché gli interessati siano disponibili sotto il profilo sentimentale ed il collegamento tramite internet costituisce l’inizio di un rapporto.
Tra l’altro sempre più spesso vengono utilizzate sempre secondo l’associazione dei matrimonialisti americani, le dichiarazioni, le foto ed ogni altro elemento che l’interessato lascia su facebook o similari, come foto, dichiarazioni, affermazioni e simili, tanto più che circolano frequentemente numerosi programmi che permettono di violare la privacy del computer di una persona, accedendo anche alle informazioni che l’interessato ritiene erroneamente riservate o private.
Tanto più che sono facilmente rinvenibili in commercio o anche su internet, numerosi programmi finalizzati apparentemente a recuperare i dati cancellati erroneamente, ma che in realtà servono egregiamente per ricostruire tutto quello che c’è nel computer a distanza di vari anni.
E’ un fatto tuttavia che sempre più soggetti appena tornati a casa dal lavoro, o anche sul lavoro, la prima cosa che fanno è accendere il computer o collegare facebook o similari.
Tant’è che per alcuni è diventato proprio un atteggiamento compulsivo-ossessivo, che finisce con il diventare l’impegno principale della propria esistenza.
Una simpatica trasmissione ha evidenziato il caso di un commesso di un negozio, che aveva basato ormai tutta la propria attività e l’interesse sull’utilizzo di facebook, accendendolo in ogni momento possibile e mantenendo innumerevoli relazioni sentimentali contemporaneamente, regolamentate sul computer con delle caratteristiche di ciascun partner, appuntamenti, preferenze, ecc., fatto che ovviamente aveva portato al decadimento di ogni altro interesse e quindi al fallimento dell’unione coniugale precedente e alla cancellazione di ogni altro interesse e/o hobbies.
Statisticamente è frequentissimo l’incontro virtuale con gli ex fidanzati o corteggiatori, e si è arrivati in Inghilterra fino al primo divorzio pronunciato per un tradimento virtuale, laddove la donna inglese che ha ottenuto il divorzio si era accorta che il marito aveva una relazione su “Second life” sia pure con una donna virtuale ed ha deciso di chiedere la separazione al Tribunale.
Ovviamente l’anonimato e l’inesistenza di controlli, fanno si che possano essere posti in essere facilmente inganni, o peggio, vere e proprie truffe.
Sempre in Inghilterra, un trentanovenne di Liverpool, aveva iniziato una relazione sentimentale extra coniugale con una donna, indicatasi come “Emma” fino a che egli aveva deciso di incontrarsi per avere un rapporto dal vivo.
Dopo aver fatto un viaggio di quasi mille chilometri, si accorgeva che la “Emma” che amava, non solo non esisteva ma al suo posto vi erano due ragazzi che avevano ripreso con la telecamera l’incontro, mettendo in video tutto ciò che era successo, rendendo pubblici i comportamenti tutte le comunicazioni, e tutte le email trasmesse incautamente.
A parte i soggetti con seri problemi psichiatrici, che ovviamente non risultano dal collegamento virtuale e che emergono poi dopo vari incontri con relativi rischi, vi sono anche vere e proprie truffe come quella posta in essere da un’azienda di incontri matrimoniali che permetteva il pagamento tramite internet e che inviava falsamente lettere di amore e corteggiamento a svariate donne per mantenere il collegamento al sito e quindi incassare il relativo danaro.
E’ un fatto che la rete sia piena di donne in cerca di compagni, con i quali ricostituire una famiglia, e di uomini che viceversa cercano distrazioni senza tuttavia impegnarsi.
Ovviamente entrambi danno una versione di se stessi del tutto diversa da quella reale.
Ad ogni modo nelle aule dei Tribunali, tutto il materiale risultante dal computer e che può essere ripescato a distanza di anni, con appositi programmi, quali messaggi, video, fotografie, dichiarazioni e simili, costituiscono piena prova ai fini dell’addebito della separazione, addebito che in Italia comporta la perdita del diritto al mantenimento, ove il soggetto interessato ne avesse diritto, ai sensi dell’art. 156, I° comma del Codice Civile.
Statisticamente se i siti tipo Facebook, Twitter e simili, possono essere considerati responsabili del fallimento di unioni matrimoniali o di convivenza consolidate, va detto anche che nell’area di internet, i rapporti tramite tastiera, hanno cambiato drasticamente il modo di coltivare i rapporti umani.
Anche perché il fatto di dialogare tramite una tastiera con un soggetto che apparentemente non si conosce, da un lato appare estremamente intrigante, e dall’altro permette di meditare sulle risposte e sulle comunicazioni, evitando quello che è la caratteristica del rapporto diretto, e cioè di comprendere immediatamente la personalità dell’altro laddove le comunicazioni non vengano mediate dalla tastiera, in un tempo di risposta ragionato, ma sono istintive.
Ovviamente tutti quanti nelle comunicazioni, nel mostrare il proprio profilo e nell’evidenziare le proprie caratteristiche (sono innumerevoli i casi di donne che inviano foto giovanili, o addirittura di un’amica) tendono, come è naturale, a mostrare solo i propri lati favorevoli, ovviamente nascondendo accuratamente tutti quelli negativi, sia fisici che psicologici e comportamentali.
Quindi se facebook viene insignito dell’etichetta di “rovina famiglie”, tuttavia va evidenziato come molto raramente le unioni sentimentali iniziate in rete, hanno un esito positivo, se il bersaglio è quello di instaurare un rapporto stabile e creare una famiglia.
Se viceversa il target è soltanto quello di aumentare le proprie amicizie e di rapporti senza alcuna presa di continuità, internet si presta benissimo, pur con le dovute cautele.
Ad ogni modo, è un dato di fatto che internet abbia cambiato il mondo e la vita di ciascuno passa attraverso la rete.
Basta effettuare una ricerca sui dati statistici per rilevare che il 96% dei soggetti al di sotto dei trent’anni è iscritto ad un social network e sono diventati di fatto un punto di riferimento per le nuove generazioni. Basti dire che statisticamente tali siti hanno superato come visite, quelli pornografici con cifre inimmaginabili.
Youtube per esempio fornisce oltre due miliardi di possibili video giornalmente.
Viene da chiedersi se i Social Network, siano in effetti la causa della fine di una relazione, o siano soltanto il completamento di situazioni già compromesse.
Vi è da rilevare sotto questo profilo, che dal punto di vista statistico, certamente l’utilizzo di tali mezzi per iniziare nuovi rapporti riguarda coppie già in crisi, tuttavia non va negato che anche in situazioni di benessere, e cioè in rapporti di coppia che funzionino, la curiosità di mettersi alla prova e di dimostrare che si è ancora capace di sedurre è uno stimolo a ricercare persone che siano interessate ad un dialogo oppure alla conoscenza.
In realtà la curiosità di effettuare nuove conoscenze in modo estremamente semplice da casa o dall’ufficio non può che attirare, atteso che nei ritmi attuali, il lavoro lascia sempre meno tempo agli hobbies, alla frequentazione degli altri e simili, e quindi l’utilizzo di social network e cioè di mezzi che permettono di estendere le proprie amicizie senza problematiche ed in poco tempo, e soprattutto senza la necessità di muoversi, costituiscono inizialmente uno svago e poi possono indubbiamente dar luogo alla scintilla che provoca il fallimento dell’unione.
E’ un fatto tuttavia, che tutti i rapporti iniziati mediante i social network statisticamente sono di breve o brevissima durata e comunque sono molto rari i casi di coppie che riescono ad instaurare con un incontro tramite facebook o similari, un rapporto continuativo o giungere addirittura al matrimonio.

UNA NUOVA RELAZIONE DOPO LA SEPARAZIONE

Ovviamente non ci interessa in questa sede esaminare le metodiche di approccio, bensì vogliamo esaminare al questione sotto il profilo squisitamente statistico.
Apparentemente, tenuto conto che gli uomini sono sensibili alla disponibilità femminile, rivalutata la popolazione mondiale in circa sette miliardi persone, scartando i troppo giovani ed i troppo anziani, sussiste un numero di possibilità dell’ordine di circa due miliardi di individui di sesso maschile.
L’interesse dell’argomento emerge semplicemente anche da un esame dei siti presenti in rete, laddove alle parole “come trovare un marito” su google, emergono circa 5.030.000 risultati!
Esaminando invece la questione più in concreto, sotto il profilo sociale e statistico, è da considerare che attuamente, (si esaminino i diagrammi precedenti) falliscono ogni anno , quasi la metà dei matrimoni contratti, e quindi ogni anno vi sono “sul mercato” circa 100.000 uomini e 100.000 donne separati, (negli anni precedenti il numero era più alto, tenuto conto del calo rilevante attuale dei matrimoni in Italia)
A questi vanno aggiunti circa ulteriori 120.000 maschi e femmine, che provengono dal fallimento dei rapporti di convivenza more uxorio.
Poiché le coppie si formano statisticamente secondo l’Istat intorno ai trent’anni, e le separazioni vengano pronunciate mediamente dai 35 anni di età in poi, è evidente che, la possibilità per una donna separata di trovare un partner può riguardare solo tre categorie:
I soggetti ancora celibi o senza relazioni stabili;
I soggetti che provengono da una precedente separazione o dal fallimento dell’unione;
I soggetti già sposati;
I soggetti vedovi.

Sotto il primo profilo, gli uomini che non abbiano instaurato rapporti sentimentali stabili ad oltre 40 anni di età, fanno ipotizzare problematiche di carattere psicologico o fisico o quantomeno che non siano disposti ad un rapporto stabile e quindi non sembrano da prendere in considerazione.
Quanto al secondo gruppo, il più numeroso, (stimabile in Italia, in età non eccessivamente avanzata, in circa 2.000.000 di maschi) sono apparentemente i destinatari naturali della ricerca, stante lo stato libero in età matura.
Va però tenuto conto che costoro in realtà, provenienti già da un fallimento dell’unione, (coloro che hano più separazioni alle spalle sono quasi sempre i più inaffidabili), sono in realtà già stati scartati da altre donne, e quindi indubbiamente presentano delle problematiche evidenziate in un altro pregresso rapporto.
Tuttavia, dall’esperienza professionale, si nota che, non sempre le nuove relazioni con uomini separati sono destinate al fallimento.
Se è vero infatti che in genere, le problematiche che si erano evidenziate nel primo matrimonio, poi finiscono con il riemergere anche nel secondo rapporto, portandolo alla chiusura, tuttavia in alcuni casi, ciò non si verifica.
Talvolta, invero, un difetto caratteriale che aveva portato al fallimento dell’unione, apparendo inammissibile per una donna, di contro possa essere sopportabile da un’altra.
Si pensi per esempio al soggetto che si separi per incapacità di amministrare i propri beni,   di gestire il danaro e simili, pur apparendo magari una persona attraente sotto altri aspetti.
In questo caso ove l’interessata goda di un reddito adeguato e sia in grado di aiutare economicamente il partner, renderà meno rilevante la problematica compensandola con le proprie possibilità e con il poprio controllo.
Così un altro soggetto dedito anima e corpo al lavoro, che non ha partecipato attivamente nel menage familiare, portando l’unione al fallimento, può divenire interessante per altra donna, anch’essa coinvolta nell’attività lavorativa.
Di norma tuttavia statisticamente, le relazioni con soggetti separati spesso finiscono con il fallire per le stesse problematiche che avevano portato al fallimento del primo matrimonio, talchè le donne separate che contraggono un nuovo matrimonio, come si è visto, sono soltanto il 9%.
Quanto ancora alla categoria degli uomini sposati, e prescindendo da ogni valutazione etica o morale, (va messo sul piatto della bilancia anche il pregiudizio che viene portato alla precedente moglie ed alla prole), va detto che pur essendo gli uomini sensibili alle avances femminili, proprio la caratteristica di affidabilità di quelli che hanno mantenuto in essere il matrimonio, fa sì che costoro pur essendo disponibili ad un rapporto sentimentale o sessuale, per la maggioranza non sono per nulla disponibili a mandare a monte il pregresso matrimonio.
Statisticamente infatti solo una percentuale abbastanza bassa, intorno al 10%, finisce con l’abbandonare la precedente moglie per iniziare una nuova relazione sentimentale (ora il fenomeno è ravvisabile anche in età più avanzata).
Si tratta normalmente di situazioni in cui, essendo scomparso ogni feeling, il matrimonio si trascinava soltanto, e nelle quali, l’inserimento di un’altra donna, non costituisce la motivazione del fallimento dell’unione, bensì soltanto l’occasione per formalizzare un fallimento che già era esistente.
In tutti tali casi, va però sempre messo sul piatto della bilancia, il minor reddito che porterà nell’unione il nuovo compagno, a causa dell’obbligo di mantenimento che il Tribunale gli accollerà certamente per figli, e talvolta, per la precedente moglie, ove questa non abbia redditi adeguati che le consentano di mantenere il pregresso tenore di vita.
Molto spesso ci capita di assistere ad assegni di mantenimento per la famiglia precedente che, di fatto vengono pagati, dalla nuova compagna.
La ricerca di un compagno tra gli uomini sposati, un po’ deriva dalla scarsa affidabilità di quelli separati e già scartati da precedenti donne, dall’altro, se si esaminano i libri di psicologia, rappresenta per molte donne una sfida, attribuendosi un senso di potere nell’attrarre un uomo che è già impegnato.
Inoltre la conquista di un uomo già coniugato, significa per l’interessata trionfare su un’altra donna, quindi rassicurarsi del proprio potere e delle proprie capacità ed ancora questo genere di uomo può rappresentare la sicurezza desiderata, potendo meglio soddisfare i bisogni emozionali e materiali.
In realtà però se, come avviene frequentemente, (nel 90% dei casi) il prescelto, pur disposto al rapporto adulterino, non intende affatto separarsi e quindi iniziare stabilmente una nuova relazione, (psicologicamente si dice che gli uomini sposati considerano queste relazioni extraconiugali quasi come un gioco), la donna finisce con il dedicare buona parte della sua esistenza ad una relazione che non avrà alcuno sbocco.
D’altra parte il problema è molto sentito, basti considerare che su internet nel motore di ricerca google, alla voce “relazioni con uomini sposati” emergono circa 399.000 siti dedicati.
Quanto infine ai vedovi, una categoria poco rappresentata, dal momento che, solo un uomo su sei in Italia sopravvive alla moglie, va detto che quelli in età ancora appetibile, costituiscono una minoranza estrema, talchè nel 2009 la quasi totalità dei vedovi risposatisi, (1702 per l’esattezza), spesso con donne straniere, erano ultrasessantenni.
Un’ultima nota va fatta per ciò che riguarda i modi ed i luoghi di rinvenimento del compagno, laddove spesso le donne che si separano sono convinte in cuor loro che la situazione, come si è detto, sia la stessa di quando erano ragazze, e cioè un numero elevato di pretendenti e corteggiatori tra i quali scegliere.
In realtà la situazione è ovviamente del tutto diversa, in quanto le coppie, passati i 30 anni circa, sono già formate, e sul mercato come si è visto rimangono ben pochi soggetti maschili affidabili.
Sotto il profilo statistico, le relazioni formate tramite la rete, sono quelle con minor numero di probabilità di successo e comunque di breve durata (dati dalla Social University of America).
Più probabilità di successo, sono le relazioni iniziate in discoteche, e locali destinati agli incontri, anche se, in genere contro l’interesse della donna di creare una famiglia e cercare una relazione stabile, c’è quello dell’uomo viceversa di un rapporto soltanto fisico, occsionale o poco impegnativo.
Le maggiori probabilità di trovare l’anima gemella, sotto il profilo statistico, emergono da un cambio di atteggiamento della donna, non più in attesa di un possibile corteggiatore frequentando locali o siti internet ad hoc, ove in fondo si trovano i soggetti, meno affidabili, ma ricercando un possibile compagno in località e situazioni nelle quali l’eventuale soggetto che interessa, non vi si rechi al fine di trovare una compagna, ma per motivi di lavoro, di svago, hobbistici, culturali o simili.
Singolare è notare che le unioni più solide provengono proprio da situazioni di questo genere, vale a dire da frequentazioni di luoghi che nulla hanno a che vedere con l’incontro di anime gemelle, nei quali l’assenza di avances da parte del soggetto prescelto, viene compensata dall’incoraggiamento e dalla disponibilità mostrata dall’interessata, invertendo i ruoli.
Ci è capitato di assistere a unioni solidissime, nate in circoli di motociclisti, club di musicofili, esperti di informatica, hobbisti del fai-a-te e non da ultimo in club di pescatori.
E’ vero che alzarsi alle 6 di inverno per salire su una barca traballante con la canna da pesca e la cerata è un grande sforzo, d’altra parte, la ricerca dell’anima gemella, vale pur sempre qualche sacrificio!

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