È trascorsa un settimana dal tragico incidente della Costa Concordia, adagiata su un fondale roccioso con il suo carico di lutto. Sette giorni trascorsi come una gara contro il tempo. Quella per ritrovare i dispersi, ancora ventuno, e scongiurare la temuta marea nera che investirebbe l’isola del Giglio e l’arcipelago toscano. Eppure questa tragedia umana, alla quale speriamo non si aggiunga quella ambientale, poteva essere evitata se chi di dovere avesse adottato un comportamento responsabile.
Ancora è da stabilire se l’alta velocità tenuta sulla rotta “turistica” di avvicinamento all’Isola del Giglio abbia condizionato o meno la pericolosa manovra. Un fatto è certo. Non si dovrebbero mettere a repentaglio vite umane e aree particolarmente sensibili come il Giglio per scopi commerciali. Non dimentichiamoci, infatti, che quest’isola si trova nel bel mezzo del Santuario dei Cetacei un’area protetta da un Accordo internazionale, siglato dieci anni fa da Italia, Francia e Principato di Monaco. Si tratta di un di mare dove l’abbondanza di nutrienti richiama molte specie, come la balenottera comune (il secondo animale al mondo per dimensioni), il capodoglio, la stenella (delfino d’altura) e il tursiope.

Un mare privo di regole
Dopo anni di denunce delle associazioni ambientaliste, fra cui Greenpeace in prima linea, sull’assenza di regole per un traffico navale intenso, solo oggi – dopo la tragedia – si ammette la mancanza di regole più rigide. Pensare che solo un mese fa era avvenuto un altro incidente nel Santuario dei Cetacei, poco più a Nord del Giglio. Il mare in tempesta aveva causato la perdita in mare di circa 200 fusti, contenenti 40 tonnellate di sostanze pericolose, trasportati dall’Eurocargo Venezia della Grimaldi Lines. Un disastro fra l’altro scarsamente comunicato all’opinione pubblica. Eppure una legge per la prevenzione dell’inquinamento dal trasporto marittimo di idrocarburi e per il controllo del traffico marittimo esisteva già dal 2001. La stessa che oggi prevede il doppio scafo per le petroliere ma che, sotto l’aspetto della navigazione, era in attesa di un decreto interministeriale fra il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e quello dell’Ambiente (L. 51/2001). Un decreto che “presto” vedrà luce con l’obiettivo di limitare il transito marittimo nelle zone a rischio ambientale e vietare gli avvicinamenti pericolosi alle coste.

L’Ifo 380, irritante e cancerogeno
Ma quale potrebbe essere il rischio ambientale in caso di fuoriuscita delle 2.400 tonnellate di carburante ancora presenti nei 17 serbatoi del relitto? Il rischio è di una seria, incalcolabile contaminazione di questo vulnerabile ecosistema marino. Basti pensare che lo sversamento di sole quattrocento tonnellate di carburante dalla portacontainer RENA, che si è arenata in una barriera corallina neozelandese pochi mesi fa, ha ucciso circa 20 mila uccelli marini e inquinato decine di chilometri di costa. L’ifo 380, il combustibile stivato nella Costa Concordia, è irritante per gli occhi e la pelle, ma fra i suoi componenti c’è anche una sostanza cancerogena, il benzo(a)pirene, in grado di risalire la catena alimentare. Questo carburante è poi particolarmente denso, tanto che per rimuoverlo dalle cisterne sarà necessario scaldarlo. Ma nel caso si disperdesse in mare tenderebbe a ricoprire i fondali marini, uccidendo tutta la vita animale e vegetale del bentos. E il ripristino dello stato ambientale originale è pressoché impossibile. Oggi esiste il serio rischio che le prossime mareggiate possano provocare l’inabissamento del relitto con conseguenti danni strutturali alla nave e la perdita del carburante. Cosa aspettano le autorità preposte ad accelerare l’avvio dei lavori di estrazione del carburante e adottare un piano per il recupero in sicurezza della nave? Non c’è più tempo da perdere!

Link di approfondimento

Modello di simulazione di un eventuale inquinamento di petrolio dalla Costa Concordia:
http://www.argomarine.eu/public/images/Oil_spill_simulation/Concordia_oilspill.gif

Rapporto Greenpeace “Divieto di Balenazione” (pag 4) del luglio 2010:
http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2010/mare/report-divieto-balenazione.pdf

Legge 14 marzo 2001, n. 51 relativa a Disposizioni per la prevenzione dell’ inquinamento derivante dal trasporto marittimo di idrocarburi e per il controllo del traffico marittimo
http://www.ram.minambiente.it/documents/Leggi,%20Decreti%20e%20Direttive/Leggi/Legge%20251%20del%2014%20marzo%202001.PDF

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