Diffamazione, corruzione e stragi naziste, il ministro della Giustizia Severino è intervenuto al convegno organizzato dalla Federazione nazionale della stampa e ha risposto ai cronisti sui temi di attualità.


In tema diffamazione, il Guardasigilli chiudendo il suo intervento davanti a rappresentanti delle forze politiche (Di Pietro, Pecorella, Carra, Vita, Rao fra gli altri) – impiegherà tutte le sue energie per dare un contributo ai disegni di legge esistenti”.
«Non dobbiamo mettere una toppa a colori al problema – ha detto il ministro – il tempo è ormai maturo per intervenire. In questo senso i disegni di legge che vengono da ciascuna parte politica favoriranno un dibattito che dovrà essere pieno. Le idee ci sono, i contributi sono molti. Ormai – dice ancora il Guardasigilli – il tempo è venuto per una seria attuazione di queste proposte di riforma».
I progetti di legge presentati, continua Severino, ”hanno matrici comuni” e ”l’informazione che si svolge nella legalità è la punta di diamante del giornalismo». Tutte le proposte presentate, spiega il ministro, ”si innestano nel giudizio penale ma questo – precisa con forza il Guardasigilli – non vuol dire carcere. Ci sono tante sanzioni detentive che possono essere applicate”. Il carcere, ribadisce il ministro della Giustizia, deve essere ”l’estrema ratio, quando altre sanzioni non funzionano”.
Si deve pensare a «sanzioni di tipo diverso, come quelle pecuniarie o altro».
Il punto principale che deve essere alla base di questa riflessione e degli interventi che ne deriveranno è che, afferma il ministro, «da un lato deve esserci la libertà di pensiero e dall’altro la tutela dei cittadini alla propria reputazione. Sono due beni assoluti e bisogna fare in modo – continua il Guardasigilli – che nessuno dei due venga leso o venga pesato inferiore all’altro».
Il ministro della Giustizia spiega che «a nessuno, neanche al diffamato, interessa il carcere. Il diffamato chiede il rispristino della propria reputazione e poi il risarcimento del danno». In questo senso quindi «deve avere un ruolo centrale la rettifica», cioè lo strumento con il quale si ripristina la reputazione del diffamato. Quello della rettifica, dice ancora Severino, «è il rimedio principale».
La strada da seguire per affrontare questo tema e comunque per migliorare la professione giornalistica, sono ancora parole del titolare di via Arenula, «è una sola: attualizzare e rendere più effettiva l’applicazione dei principi contenuti nella legge sulla stampa. La traccia da seguire c’è».

«Confido che dalla commissione venga fuori un testo equilibrato, ce la metterò tutta perché sia così»: con queste parole il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha commentato con i cronisti – a margine del convegno – la ripresa prevista per questo pomeriggio dei lavori del Senato sul ddl anticorruzione.
A chi le ha chiesto il suo parere sugli emendamenti presentati da alcuni esponenti del Pdl e ribattezzati ‘salva-Ruby’ perché destinati a incidere sul processo per concussione nel quale è imputato Silvio Berlusconi, la Guardasigilli ha risposto: «Ho parlato di norme equilibrate. C’è l’impegno del ministro a rimodulare le fattispecie di traffico di influenze illecite e corruzione fra privati: su quello c’è l’impegno per un testo migliore, il resto è dibattito».
Il ministro Severino non ha voluto pronunciarsi sui tempi della possibile approvazione del ddl anticorruzione: «Noi – ha detto – ce la metteremo tutta perché sia approvato entro la legislatura».
Quanto all’ipotesi che il governo ponga la fiducia sul provvedimento, «è fondamentale – ha sottolineato – che dalla commissione venga fuori un testo corretto. Ciò che accadrà in aula vedremo dopo».

E ancora, sulle stragi naziste, l’ipotesi che alcuni colpevoli condannati in Italia e non estradati nel nostro paese possano scontare la pena in Germania e in generale nei paesi d’origine, «non è stata ancora affrontata, lo vedremo con i ministri interessati ma in ogni caso il tema è di carattere internazionale e va affrontato in quel contesto», ha detto il ministro.
La Guardasigilli ha inoltre ricordato il suo passato di vicepresidente del Consiglio della magistratura militare “quando è stato scoperto l’armadio della vergogna che ha dato il via a questi processi. Importante è ricordare – ha aggiunto – che ci sono fatti rispetto ai quali, nonostante gli anni passati, la coscienza sociale li considera imprescrittibili. Ferite così profonde – ha concluso – che il tempo non riesce a rimarginare”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *