La Suprema Corte, sezione lavoro, con la recente sentenza n. 6787 del 19 marzo 2013, è intervenuta in tema di esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro con riferimento ad un contratto a termine recante la causale della sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto.

Nella fattispecie, la Cassazione ha respinto il ricorso proposto dalla lavoratrice, che aveva agito per l’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato intercorso con la Fondazione Istituto Sacra Famiglia e per la declaratoria della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, assumendo di essere stata assunta per ragioni di carattere sostituivo riferibili ad una dipendente non assente dal lavoro bensì presente in servizio, sebbene temporaneamente trasferita presso altra struttura con mansioni superiori.
Ed infatti, le funzioni di competenza della lavoratrice effettivamente assente dal lavoro, per maternità, erano state provvisoriamente assegnate ad altra dipendente all’uopo collocata presso un altro reparto e a sua volta sostituita dalla ricorrente, nell’ambito di una pratica di ius variandi con scorrimento a catena del personale per esigenze organizzative.

La Fondazione resistente deduceva, al riguardo, che il contratto a termine stipulato, formalmente motivato con l’esigenza di provvedere alla sostituzione di una dipendente temporaneamente trasferita presso un altro reparto con mansioni superiori, fosse in realtà riconducibile, attraverso più passaggi, alla sostituzione della lavoratrice realmente assente per maternità, pur non recando l’indicazione nominativa della stessa. La Corte di merito aveva accolto la tesi difensiva di parte datoriale, ritenendo legittima l’assunzione a termine operata con scorrimento a catena del personale, integrato dal temporaneo affidamento delle funzioni esercitate dalla lavoratrice in maternità ad altra dipendente già presente nell’organizzazione, a sua volta sostituita dalla ricorrente, assunta a tempo determinato per tutta la durata dell’assenza della lavoratrice in maternità.

L’apposizione del termine per esigenze di sostituzione del personale assente. L’art. 1 del Dlgs n. 368/2001 consente al datore di lavoro di procedere all’assunzione di personale con contratto a tempo determinato per sopperire all’assenza temporanea di lavoratori aventi diritto alla conservazione del posto, ad esempio per maternità, infortunio, aspettativa facoltativa, servizio militare o civile. In accordo con la normativa vigente, il CCNL applicato al rapporto de quo prevede la facoltà di ricorrere ad assunzioni a termine unicamente per provvedere alla sostituzione di personale effettivamente assente dall’attività lavorativa, escludendo diverse ipotesi di sostituzione di lavoratori presenti in servizio ma adibiti ad altre mansioni.
Sulla base di tale disposto, la ricorrente rivendicava le proprie pretese di conversione del contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato, invocando la violazione del CCNL di settore.

Legittima l’assunzione a termine con scorrimento a catena del personale.
Confermando le statuizioni della Corte territoriale, i giudici di Piazza Cavour hanno negato la configurabilità di un obbligo, gravante sul datore di lavoro, di adibire il lavoratore a termine, assunto per esigenze carattere sostitutivo, alle medesime mansioni e/o allo stesso posto del dipendente assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro.
La pronuncia in commento si pone, dunque, a presidio dell’effettività del potere organizzativo datoriale, cui consegue la legittimità dell’attuazione, in relazione alle concrete esigenze aziendali, del cosiddetto scorrimento a catena del personale, per tale intendendosi quell’insieme di spostamenti interni di personale, atti all’utilizzo dei dipendenti in organico per la migliore organizzazione possibile della produzione.
In tale contesto, come precisato dalla Suprema Corte, l’unica condizione necessaria ai fini della legittimità dell’assunzione a termine è integrata dalla sussistenza di una stretta correlazione tra la stipula del contratto a tempo determinato e l’assenza del lavoratore, temporaneamente impedito a svolgere la prestazione.
Orbene, una volta accertata la riconducibilità dell’assunzione a termine all’esigenza sostitutiva del lavoratore assente, a nulla rileva l’attuazione della stessa attraverso più passaggi, come nel caso del ricorso alla pratica dello scorrimento a catena.
Pertanto, la sola circostanza che il contratto a termine rechi l’indicazione della lavoratrice spostata per scorrimento ma non il nominativo della dipendente la cui assenza ha dato corso all’occorrenza sostitutiva non inficia la legittimità dell’apposizione del termine, effettivamente collegato alla necessità di sostituire una lavoratrice assente con diritto alla conservazione del posto.
Al riguardo, la Cassazione ha, altresì, precisato che la valutazione relativa alla configurabilità di tale rapporto di correlazione causale costituisce apprezzamento di merito e, dunque, non censurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato.
In definitiva, in coerenza con il disposto ex art. 2103 c.c., che, fermo il divieto di reformatio in peius, attribuisce al datore di lavoro il potere di modificare unilateralmente le mansioni del prestatore di lavoro originariamente convenute – sia pure entro il limite dell’assegnazione a mansioni equivalenti – la Suprema Corte riconosce in capo al datore di lavoro, in caso di assunzione a termine di un lavoratore in sostituzione di un altro assente, il potere di esercitare nei confronti del dipendente a termine, per il periodo dell’assenza, quel medesimo ius variandi che avrebbe potuto esercitare nei confronti del lavoratore sostituito.

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