L’Italia affonda, la Grecia brucia e la Germania è in preda allo scandalo. A Roma, invece, tutti a magna’ la porchetta, coi soldi pubblici. Ogni tanto però il conto arriva ai diretti interessati e di solito, a questo punto, scatta l’allarme per chi ha mangiato troppo.


A sentirsi in mutande stavolta è il cinema nostrano (che chiamarla industria sembra troppo). Un cinema bistrattato, flagellato e massacrato dai suoi stessi autori, coadiuvati dai produttori e dalle istituzioni. In questo momento la peggiore minaccia per i predatori della pellicola è la possibile cancellazione di quella messinscena chiamata “Festival del Cinema di Roma”. L’inutile carrozzone di cartapesta creato da Uòlter Veltroni per potersi vedere i film di Fellini senza quei rompipalle dei familiari tra i piedi.

Una scatola vuota che aspira a concorrere con l’altra, ben più finanziata, mostra degli obbrobri di Venezia. Insomma la solita scommessa su un cavallo zoppo, ancora con i fondi dello Stato. Da qui alla guerra di poltrone tra poveracci il passo è breve e registi, autori e addetti ai lavori fanno cerchio attorno a Piera Detassis, la cui direzione dell’ignobile rassegna è stata messa in forse dall’ANICA. L’amicona di Nanni Moretti e direttrice di Ciak (alla quale nessuno ha mai fatto leggere i Cahiers du Cinéma) è affranta da questa notizia inaspettata e fa appello ai suoi compari che si stringono a lei.

Dall’altra parte spunta fuori il neocandidato Marco Muller che, guarda un po’, ha appena smesso di mangiare dopo otto anni consecutivi di direzione artistica dell’agghiacciante buffonata lagunare. Per i rapaci del grande schermo la cultura è come la porchetta: basta che se magna.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *