8 marzo, festa delle donna, non è un mistero che molte tra costoro non festeggeranno, non per mancanza di voglia, ma perché perdute in labirinti immaginari o condannate ad inferni terrestri. Tra i diversi tipi di difficoltà che le donne incontrano ho voluto dedicare questo articolo dell’8 marzo (e il prossimo) alle donne che soffrono di anoressia, molte delle quali stanno in questo momento lottando tra la vita e la morte.

Cos’è l’anoressia
L’anoressia è un disturbo del comportamento alimentare tipicamente femminile (il 90% degli anoressici sono donne), che insorge tra i 14 e i 18 anni.
Questo disturbo induce la persona a ridurre drasticamente l’assunzione del cibo, diminuendo conseguentemente il proprio peso corporeo in maniera radicale, arrivando nei casi più gravi anche alla morte.
Chi soffre di anoressia sembra non avere mai fame, è infatti da questa apparenza che è stato coniato il nome anoressico, che letteralmente vuol dire senza appetito: an (senza) orexis (appetito). Ma in realtà l’anoressico sente la fame proprio come tutti gli altri, è lui (o sarebbe il caso di dire è lei) che decide lucidamente di non farvi caso, di non soddisfare questo suo bisogno.
L’anoressico agendo così crede di mettere in atto comportamenti valorosi, per tal motivo si sente anche superiore agli altri che invece cedono alle loro debolezze. Perso in questo suo eroismo può decidere di rispondere inadeguatamente anche agli altri stimoli corporei, ad esempio capiterà che non si coprirà se ha freddo, che non si fermerà se è stanco, non andrà a dormire se ha sonno, ecc. Rinuncerà quindi ad ascoltare i bisogni del proprio corpo, o risponderà ad essi in modo inappropriato, perché in tal modo ha la sensazione di avere il controllo sulla materialità in favore della spiritualità e dell’intelletto.
Col tempo l’anoressico non riuscirà più a distinguere gli stimoli del suo corpo, confonderà la fame con altri bisogni, addirittura la confonderà con il senso di pienezza, le sue risposte carenti, confuse con la capacità di controllo, gli tenderanno un pericoloso scacco.
Oltre alle sensazioni corporee in via di disorganizzazione, l’anoressico avrà anche la percezione del suo corpo disorganizzata: la così detta dispercezione corporea. Egli si vedrà diverso da come è realmente, per lui la normalità, così come i canoni estetici, saranno completamente elaborati dalla propria soggettività. Ciò che è carne intorno all’osso è considerato grasso, anche dove è gravemente inconsistente; sarà sviluppata addirittura una forma di paranoia verso coloro che cercheranno di convincere l’anoressico della sua eccessiva magrezzami dice queste cose perché è geloso, vuole indurmi a mangiare perché mi invidia” sono pensieri tipici dell’anoressico.
Da quanto detto non meraviglia che gli anoressici siano caratterizzati dal bisogno di controllo e perfezione, quasi ossessivo; per fare questo non c’è più spazio per sentimenti e pulsioni, l’unica cosa che conta è la mente. Essi non accettano gli istinti perché facili all’errore e rifugiano dai sentimenti in favore di una ricerca intellettiva: la vita sessuale diventerà inesistente, le amicizie prima si raffredderanno e poi si romperanno, anche l’amore non sarà più ricercato, e lì dove questo sarà già presente rischierà di sbriciolarsi o di trasformarsi in amore esclusivamente platonico.

L’anoressica
Il passato tipico dell’anoressica vede una ragazzina che andava bene a scuola, eccellente negli sport, piena di hobby coltivati con interesse ed estremo impegno, tendenzialmente ordinata
, la cui giornata è sempre impegnata da qualche attività fisica o mentale e desiderosa di dimostrare ai genitori la sua bravura.
Questa ragazzina si può definire perfetta, ma con la pubertà può capitare che acquisisca una certa rotondità, per cui la sua immagine di perfezione vede una macchia a cui deve porre rimedio, inizierà quindi a mettersi a dieta. Ma se in questo frangente sarà colta da qualche delusione, il suo modo di porvi rimedio diverrà drastico, facile che in questo frangente dalla dieta sorga l’anoressia. C’è infatti il rischio che dia la colpa della sua delusione proprio alla rotondità assunta (probabilmente con la pubertà), e che inizi quindi una lotta contro questa e al contempo contro la sua femminilità.
La lotta così intrapresa le farà sperimentare il potere del controllo sul proprio corpo, controllo del quale lei sola è responsabile e sul quale i genitori, fino ad allora attenti a controllare ogni sua mossa e ogni sua scelta, non possano mettere becco.
Una volta divenuta anoressica la giovane donna cambierà anche il suo carattere: da gentile diventerà scontrosa; da piacevole diverrà irritante; da accondiscendente diventerà irritabile; da affettuosa diventerà fredda; da compiacente verso i genitori diverrà ipercritica, soprattutto nei confronti della madre, che verrà vista come un modello femminile sbagliato.
Gli amici, lì dove non saranno da lei allontanati, saranno essi stessi ad andarsene in quanto diviene una persona difficile da gestire e da sopportare, l’anoressica è infatti una donna debole ed insicura che si maschera di grande superiorità, presunzione e saccenza.

La responsabilità delle madri
L’accanimento nei confronti della figura materna di riferimento non è casuale; infatti l’anoressica recepisce insoddisfazione nel modo di essere donna della madre: una donna che si comporta in un modo, ma vorrebbe essere altro, ad esempio una casalinga che vorrebbe essere una donna in carriera. L’anoressica respira quindi insegnamenti contrastanti, il ruolo tipicamente materno e casalingo viene insegnato, ma al tempo stesso denigrato in favore del ruolo di donna in carriera.
Inoltre l’anoressica respira un clima di educazione del divenire donna che deve sì mirare all’indipendenza, ma al tempo stesso alla dipendenza e alla compiacenza: da un lato viene incoraggiata al successo e alla presa autonoma delle proprie responsabilità, ma dall’altro le viene impedito lo sviluppo della propria personalità, redarguendo i comportamenti che esprimano autonomia.
La ragazzina vive quindi paradossi educativi, è come se dovesse pensare allo sviluppo della propria persona, ma non per se stessa, per compiacere gli altri (i genitori in primis). Il risultato è una ragazza che sente la spinta al successo, ma che al tempo stesso si sente troppo dipendente (e quindi debole) per poter soddisfare questo suo desiderio; ovvero una donna in carriera come un uomo, ma che sia casalinga, moglie e madre. Non sarà raro che i genitori spingano sia all’affermazione del proprio sé, che alla costruzione di una famiglia felice e all’antica.
La critica alla madre diventa quindi la lotta contro la dipendenza dagli altri, mentre la resistenza alla fame diventa il personale modo di esercitare la propria autonomia. E il padre in tutto questo che ruolo avrebbe? Di questo parleremo nel prossimo articolo in cui affronteremo anche l’anoressia maschile: oggi parliamo di donne.

Infine non meraviglia che l’anoressia sia il sintomo dei tempi, e non solo per una ricerca di perfezione estetica, la cui importanza è ormai conclamata, ma anche e soprattutto perché viviamo in un’epoca a cavallo tra i valori passati, presenti e futuri, dove non vi è un solo ruolo per ogni donna: casalinga, donna in carriera, madre, moglie, amante e speranza per le generazioni a venire; ma sono tutti richiesti, nessuno escluso, e possibilmente messi in scena alla perfezione!
E con questa affermazione auguri a tutte le donne, anzi auguri per tutti i ruoli di ogni donna.

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