Ho un giudizio pendente innanzi la 37° Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma e lunedì andrò a discutere l’udienza. L’assistito mi ha fornito il consenso alla pubblicazione del fatto oggetto del contendere che travalica completamente il diritto.

Nel 2009, questo cliente che ha un esercizio commerciale di vendita di scarpe in Roma è stato oggetto di accertamento analitico da parte dell’Agenzia dell’Entrate. L’Agenzia ha effettuato il controllo analitico della contabilità e raffrontato i dati rilevati con quelli dichiarati nel 2005.

Devo premettere che il cliente per la dichiarazione dell’anno 2005 era risultato congruo rispetto ai parametri stabiliti dagli Studi di Settore.

All’esito del controllo, analitico, l’agenzia delle Entrate gli ha contestato una differenza tra il reddito dichiarato e quello accertato di circa € 35.000,00.

Il cliente ha fatto prima l’istanza di accertamento con adesione definita con uno sconto del 5% sul maggior reddito accertato e successivamente ha proposto ricorso– il merito del ricorso e del perché è illegittimo l’accertamento sarà oggetto del prossimo articolo –. Oggi quello che mi preme mettere in debita luce è il comportamento processuale adottato dall’Agenzia delle Entrate. Udite bene!

Il ricorso è stato proposto nelle forme di legge in data 28 Aprile del 2011, cosa provata dalla cartolina di ritorno della notifica a mezzo posta del ricorso.

L’Agenzia si costituisce, prima con controdeduzioni depositate in data 21 Settembre 2011, poi con memoria integrativa del 19 Ottobre 2011.

Con le controdeduzioni dichiarano che il ricorso è stato ricevuto in data 03.05.2011.

Cosa ben più grave in data 14 Giugno 2011, rendono esecutivo il ruolo esattoriale e notificano, in data 17 Agosto 2011, la relativa cartella con la seguente dicitura “le somme sono dovute a titolo definitivo in assenza di ricorso” Totale a pagare € 73.386,54.

A parte le discussioni avute con il cliente in merito alla notifica della cartella esattoriale e della relativa dicitura; vi lascio immaginare ad Agosto 2011 quello che è successo con il cliente!!

Il ricorso era pendente, per cui è stato facile dimostrare l’assoluta mala fede dell’Agenzia delle Entrate, tanto è vero che lunedì 20 Febbraio andrò a discutere il processo. La cosa comunque ha comportato per il cliente l’aggravio della posizione, in quanto è stato costretto ad impugnare autonomamente la cartella esattoriale, costringendolo ad autonomo giudizio ed a spendere i relativi costi di iscrizione della causa. La mancata impugnazione avrebbe infatti comportato la definitività del ruolo esattoriale.

Ora la mala fede processuale può essere fatta valere in sede giudiziaria anche tributaria ex art. 96 del c.p.c., vi farò sapere se esiste una “Giustizia” Tributaria. (fine prima parte)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *