I due rami del Parlamento hanno scelto i nomi che andranno nelle Autorità garanti. La Camera ha nominato Giovanna Bianchi Clerici e Antonello Soro membri del Garante Privacy rispettivamente con 179 voti la prima e 167 il secondo. Per l’Agcome, Montecitorio ha votato Maurizio Decina e Antonio Martusciello con 163 e 148 voti. Al Senato per l’Autorità garante dei dati personali sono stati votati Augusta Iannini e Licia Califano con 107  e 97 preferenze. Per quanto riguarda invece l’Autorità per le comunicazioni sono stati scelti Antonio Preto e Francesco Posteraro con 94 e 91 voti.
Nonostante nel regolamento, ad esempio del garante per la Privacy, si legga testualmente che le autorità, «oltre ad essere istituite per lo svolgimento di funzioni di garanzia e di vigilanza sull’attuazione di valori costituzionali, sono caratterizzate in misure più o meno ampia dai connotati di indipendenza e di autonomia che le svincolano da qualsiasi riferimento al circuito dell’indirizzo politico», la partita di queste nomine è stata tutta politica.
Forti le proteste, anche all’interno del Parlamento. I parlamentari radicali Rita Bernardini, Emma Bonino, Maria Antonietta Farina Coscioni, Donatella Poretti, Elisabetta Zamparutti, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci, Marco Perduca, Maurizio Turco, avevano annunciato che non avrebbero partecipato al voto: “Da anni, e anche recentemente in vista delle votazioni di oggi, i Radicali propongono che per ogni carica elettiva parlamentare l’apertura del seggio elettorale sia preceduta da una approfondita e pubblica attività istruttoria svolta nelle Commissioni competenti. Procedura che preveda quindi una fase di presentazione pubblica delle candidature, dei curricula dei candidati, e una successiva di audizione delle candidature”. Secondo Antonio Di Pietro e Nichi Vendola “questa è la fine di un romanzo che racconta una storia politica ormai al termine” e soprattutto “quel che è accaduto ieri apre scenari problematici per una eventuale coalizione”. Poi il governatore della Puglia accusa il Pd di “complicità con i vecchi sistemi di potere nelle scelte fatte sul lavoro e in particolare sui commissari Agcom”. Per Vendola “è una pagina nera che può pesare moltissimo sulla scena politica italiana” e specifica che quanto è successo “non è stato un incidente di percorso per il Pd, ma una rottura rispetto a tutti i codici democratici. Non è accettabile l’anomalia italiana nel mondo che ipoteca il pluralismo del sistema informativo”. Critico anche Arturo Parisi che già nei giorni scorsi aveva criticato le logiche di spartizione nei consigli delle due authority. Non ha partecipato al voto e ha parlato di “spartizione irresponsabile”. Secondo il deputato Pd sfuma “ogni promessa di cambiamento” perché ancora una volta si è deciso di “scegliere i membri delle Autorità di garanzia e in particolare dell’Agcom secondo il principio e con il metodo della spartizione tra le parti”.
Molto duro anche il commento sul suo blog di Beppe Grillo: chiudiamo l’Agcom, che sarebbe nata, secondo il comito genovese, per assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle comunicazioni e radiotelevisivo ma vengono poi elette dai partiti.
Alla Camera hanno protestato anche le associazioni di Agorà digitale, Avaaz e VogliamoTrasparenza.it che si sono battute per candidature competenti e trasparenti che hanno fatto anche appello al Presidente della Repubblica perchè non firmi il decreto di nomina.

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