I risultati della visita che il premier iracheno Nouri al Maliki ha effettuato la scorsa settimana a Mosca hanno cambiato lo scenario geopolitico in Medio Oriente a vantaggio dell’asse Russia-Iran-Siria. E’ questa la preoccupazione di tutti gli analisti e della stampa araba che hanno commentato nelle ultime settimane gli avvenimenti che riguardano il Medio Oriente. I governi iracheno e russo hanno sottoscritto un accordo per l’acquisto di armi e attrezzature militari per il valore di 4,2 miliardi di dollari. Dopo questo accordo Mosca diventa il secondo fornitore di armi del paese arabo dopo gli Stati Uniti. Dal canto suo invece la Russia rafforza i suoi rapporti con l’Iraq e rientra dalle perdite subite nel settore della vendita di armi dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi in Libia.

A lanciare l’allarme per primo è stato il giornale arabo “al Sharq al Awsat”. In articolo apparso la scorsa settimana si spiegava che in seguito a questo accordo l’Iraq diventa la porta principale d’ingresso in Medio Oriente per la Russia. L’intesa sottoscritta ieri da al Maliki e dal premier russo, Dmitrij Medvedev è il frutto di un lungo lavoro condotto a partire dal governo di Baghdad dallo scorso aprile tramite il suo ministro della Difesa, Saaduni al Duleimi. Tra le forniture previste nell’accordo ci sono anche 30 elicotteri di attacco di ultima generazione Mi-28NE e 42 batterie semoventi missilistiche antiaereo Pantsir-S1.

Non è passato inosservato nemmeno il fatto che il viaggio in Russia di al Maliki sia avvenuto pochi giorni dopo la visita a Baghdad del ministro della Difesa iraniano, il generale Ahmad Vahidi. Forse per questo ha scatenato forti polemiche in Iraq l’accordo sottoscritto a Mosca. A protestare contro
questo acquisto di armi è stato in particolare il deputato sunnita Hussein al Allawi, secondo il quale “la visita del premier iracheno a Mosca è conseguenza dei legami che intercorrono tra Russia e Iran, i quali vogliono che il nostro paese non sia più alleato dell’Occidente e vogliono portarci nella loro sfera d’influenza insieme alla Siria”. Il parlamentare ricorda una vecchia alleanza tra Iraq e Unione Sovietica risalente al 1973. “Questa nuova alleanza contrasta con gli interessi del nostro paese – ha aggiunto – e con la politica estera intrapresa dopo l’occupazione americana del 2003”.
Del parere opposto è invece il deputato dell’Alleanza per uno stato di diritto, guidata dallo stesso Maliki, lo sciita Adnan al Siraj, secondo il quale “questa visita non sancisce un’alleanza con la Russia e non dà vita a un nuovo fronte con l’Iran. Si tratta di una visita fissata da tempo, perché il governo iracheno lavora per tenere aperte le porte con tutti, specialmente con le grandi potenze, e cerca di restare in equilibrio con le varie forze presenti nel mondo”.

Secondo l’emittente “al Jazeera”, però, il governo di Baghdad è sottoposto a forti pressioni internazionali in questo periodo: da un lato c’è il regime di Teheran che spinge per ottenere un sostegno iracheno alla Siria di Bashar al Assad, dall’altro ci sono pressioni interne provenienti dai sunniti e dai partiti curdi iracheni, legati, a loro volta, agli Stati Uniti e che vogliono schierarsi contro il regime di Damasco. Della stessa opinione è il politologo iracheno, Wathiq al Hashemi, secondo il quale “l’Iraq ora è tra due fuochi: le pressioni iraniane sono molto forti, specialmente per quanto riguarda la questione siriana, mentre i partiti politici vogliono restare alleati degli Stati Uniti, anche perché Teheran vede in Baghdad l’alternativa possibile in caso di caduta del regime di Damasco”.

Il più preoccupato per questo nuovo scenario che si sta delineando nella regione è stato oggi l’editorialista del quotidiano “al Sharq al Awsat” secondo il quale dopo la visita in Russia, il premier iracheno al Maliki potrebbe essere diventato il sostituto del presidente siriano Bashar al Assad in Medio Oriente. “Questa visita ha una tempistica eccezionale se si pensa a quanto sta accadendo in Siria – si leggeva in un editoriale – e ha un valore strategico importante. La verità è che Maliki è riuscito a mettere insieme un’alleanza con Teheran, una con Washington e una con Mosca. Riesce a tenerle tutte insieme, cosa che nessuno è riuscito a fare nella regione: basti vedere la situazione in cui si trova impantanata ora la Turchia e non per colpa sua ma per i problemi della regione stessa”. L’analisi del quotidiano arabo proseguiva ponendo un quesito: “Se l’Iraq vuole essere un membro attivo della Lega araba fautore della democrazia e della stabilità perché sottoscrive un accordo con la Russia che impedisce qualsiasi soluzione per la Siria nel Consiglio di sicurezza dell’Onu? Specialmente ora che al Maliki dice di non sostenere né Assad né l’opposizione. Perché ora un accordo con Mosca? Non era meglio mantenere quelli con gli Stati Uniti e l’Europa nonostante la difficile situazione economica in cui versa l’Occidente? Tutto lascia pensare che al Maliki voglia diventare il sostituto di Assad nella regione e ciò avviene offrendo alla Russia la possibilità di acquistare le sue armi”.

Nel corso del suo tour all’estero il premier iracheno, Nouri al Maliki, ha effettuato il 12 ottobre una visita anche in Repubblica Ceca dove sono state apportate delle modifiche al contratto di acquisizione dei caccia cechi da parte di Baghdad. Secondo quanto ha annunciato il portavoce del primo ministro iracheno, Ali al Mousawi, all’emittente televisiva “al Sumaria” nell’ambito dello stesso contratto già sottoscritto in precedenza, Baghdad potrà ottenere quattro caccia del tipo L-159 in più rispetto ai 24 già prenotati. Secondo al Mousawi questa modifica del contratto di acquisto degli aerei da combattimento cechi è uno dei risultati più importanti ottenuti dalla visita del premier a Praga. Le altre modifiche riguardano invece i tempi di consegna che passano dai 59 mesi accordati in precedenza a 26, così come richiesto dalle autorità irachene. Nel corso della sua visita a Praga, Maliki ha incontrato il premier ceco, Petr Necas, con il quale ha discusso anche un contratto di acquisto di elicotteri da combattimento e altri accordi nel settore petrolifero.

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