Quando incontri un uomo, lo giudichi dai vestiti; quando te ne separi, lo giudichi dal cuore”. Sono i russi a sostenerlo e loro di abiti se ne intendono. Rosso, giallo, arancione, verde, turchese. Tinte forti abbellite da ricami floreali, decorazioni geometriche e perline colorate. Copricapi a forma di sella, cilindro, semiluna, decorati con cuciture d’oro, pon pon, fili di perle e strisce di seta impreziosite da penne di pavone. Piume d’oca usate come orecchini e ambra lavorata per farne collane. Tiglio intrecciato e pelle cucita a formare calzature. Un trionfo di colori e grande creatività. Questa era la moda russa di 200 anni fa.

In occasione dell’anno della cultura che offre un nutrito scambio tra Italia e Russia, il Museo nazionale delle arti e delle tradizioni popolari ospita la mostra “L’Abito Popolare Russo”. Cinquanta abiti maschili, femminili e infantili, testimoniano l’evoluzione che va dalla fine del XVIII secolo all’inizio del XX. I costumi appartengono alle collezioni del Museo etnografico russo di San Pietroburgo, diretto da Vladimir Grusman, e provengono da quattro aree geografiche della Russia ottocentesca. Furono esposti per la prima volta a Mosca nel 1867 per volere dell’imperatore Alessandro II.
L’abbigliamento è un forte segnalatore delle complesse vicende storiche russe. In particolare, quello popolare assume un forte significato simbolico nazionale, diversificandosi in relazione all’età, ai ceti sociali e persino ai valori che chi li indossa ritiene essenziali. Si tratta di abiti ricchi di modelli, caratterizzati dalla vivacità dei colori e la varietà dei motivi decorativi, corredato da copricapi e ornamenti di ogni sorta.
“Analizzare l’evoluzione dell’abbigliamento di un popolo equivale a esplorarne e documentarne il passato, riscoprendo le testimonianze di tante vite, talvolta anonime, che hanno contribuito a crearne l’identità”, spiega Daniela Porro, direttrice del museo romano e coordinatrice della mostra. Dagli abiti trapelano la fatica del lavoro, la creatività di chi li ha creati, le emozioni delle feste, ma soprattutto l’esigenza di appartenenza, di un orizzonte condiviso. “L’abito è il paradigma della ricchezza culturale di un popolo che vuole esprimere l’appartenenza a un`etnia, a un determinato gruppo sociale e a una specifica fascia d’età”, aggiunge Luigia Ricci Rozzi, responsabile per la programmazione degli eventi del museo.


L`arrivo dei tartari
Gli elementi essenziali dell’abito tradizionale russo risalgono all’alto medioevo, epoca in cui compaiono i primi modelli di camicie, calzoni da uomo, abiti poggiati sui fianchi da donna, copricapi e calzature. Tra il XIII e il XV secolo si nota una sostanziale uniformità in tutti i gruppi sociali. In seguito alla conquista tartaro-mongola, nei secoli XIV e XV, si ha un`influenza orientale nei soprabiti, evidente nella denominazioni di alcuni elementi. E’ tra la fine del XIV secolo e la metà del XVI, periodo di costituzione e sviluppo dello stato centralizzato russo, che si forma l’abito nazionale russo. Per quanto riguarda l’abbigliamento femminile sono due le varianti: il sarafàn abbinato a un copricapo rigido, diffuso nelle regioni settentrionali, e la poniova, un indumento poggiato sui fianchi, il cui uso ben presto si limitò alle località a sud di Mosca. Nell’abbigliamento maschile si diffuse l’uso di camicie con bottoni laterali sul petto, “alla russa”. Tra il XVI e XVII secolo avviene il rafforzamento dello Stato unitario. I cambiamenti economici e i nuovi rapporti di cooperazione con i gruppi etnici vicini influenzarono la cultura russa. L’abito non subì sostanziali cambiamenti, se non delle innovazioni inerenti i tessuti, gli ornamenti e gli accessori. Gli elementi sostanziali rimasero immutati, grazie alla tendenza conservativa delle tradizioni tipica degli ambienti etnograficamente vari.
Le riforme di Pietro I (1672-1725) introdussero un nuovo tipo di abito “all’europea” che, all’inizio del XIX secolo, divenne il principale abbigliamento da città di tutti i ceti sociali. Nel XIX secolo solo l’abito contadino conservava l’aspetto tradizionale. A questa tendenza corrispose una conservazione delle tecniche agricole. Freno al cambiamento fu il debole incremento di beni e la scarsa circolazione di denaro tipiche del mondo rurale dell’epoca.

 

Alle donne gli abiti, le scarpe agli uomini
La produzione di abiti avveniva nelle case dei contadini. Se ne occupavano le donne. Le bambine imparavano a filare verso i 5-7 anni. Alla filatura partecipavano tutte le donne di qualsiasi età; alla tessitura solo le donne fino ai 40-50 anni. Per cucire a mano usavano filo di canapa o lino. La macchina da cucire, comparsa tra XIX e XX secolo solo tra le famiglie agiate, in campagna rimase una rarità. La tintura di tessuti e filati era eseguita presso i tintori. Anche i soprabiti, fatti di materiale molto pesante, erano confezionati da sarti.La realizzazione delle calzature era invece un’attività maschile. Si trattava di scarpe in fibra di tiglio o di corda intrecciate. Le calzature di pelle erano comprate da artigiani, mentre gli stivali di feltro erano prodotti da specialisti. Lo sviluppo capitalistico, la crescita dei rapporti commerciali e la nascita di un mercato unitario, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, contribuirono alla diminuzione della produzione domestica di abiti. I contadini furono costretti all’acquisto di abiti di consumo, prodotti nelle nuove fabbriche. Gli abiti furono influenzati dalle nuove tecniche di produzione e colorazione. Solo quelli rituali rimasero immutati nelle forme e nei materiali.


L’abbigliamento maschile
Il completo maschile era composto da camicia, pantaloni, cintura, calzature di pelle o di tiglio e copricapo.
La camicia era a forma di tunica, lunga fino al ginocchio. Era legata in vita con una cintura. Le maniche erano lunghe fino alle dita. Il colletto era costituito da una fettuccia sollevata che si chiudeva con un bottone. Sulle spalle stavano delle inserzioni, polik, rossi nelle camicie festive. Il tessuto utilizzato era lino o canapa, di colore bianco o a quadretti multicolori.
I pantaloni, porti, erano costituiti da due stretti calzoni uniti tra loro da un’inserzione rettangolare. Erano lunghi appena sotto al ginocchio, dal momento che andavano infilati dentro gli stivali o ricoperti con le pezze da piedi. Erano sostenuti da una cintura di corda fatta passare nella piega dell’orlo superiore. Verso la fine del XIX viene introdotta la cintura con fibbia. La decorazione consisteva in una riga longitudinale.
Il copricapo era obbligatorio. Il capo veniva scoperto solo al cospetto di anziani e nobili in segno di rispetto e ubbidienza. Nelle stagioni miti si usavano cappelli di feltro, fatti di lana di pecora, di colore nero, marrone o grigio-bianco. In inverno si portavano copricapi pesanti di pelliccia, velluto, feltro, con l’interno foderato di pelliccia o imbottito di piume.

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L’abbigliamento femminile
L’abito tradizionale femminile era più vario. Esistevano quattro completi: il completo con sarafàn e quello con poniova erano i principali e si potevano incontrare in ogni parte del territorio russo; il completo con gonna a righe e quello chiamato kubelok avevano una diffusione localizzata.
Il completo con la poniova. Comprendeva camicia, poniova, cintura, grembiule, una giacchetta detta nagrudnaia, copricapo, calzature di tiglio o pelle. La camicia era di lino o canapa. Le maniche erano lunghe e si restringevano verso il polso. Sulle spalle aveva un inserto trapezoidale, detto polika. Le camicie festive erano decorate su spalle, collo, maniche e polsini con motivi e tecniche tipici delle tradizioni locali.
Le donne sposate sopra la camicia portavano la poniova, un indumento legato alla vita. Era di lana a quadri blu, rossi o neri. Ogni villaggio aveva una poniova caratteristica. Quelle festive presentavano una decorazione, sull’orlo inferiore e lungo le cuciture delle giunture verticali, legata alle tradizioni locali. Decorazione e qualità dipendevano dallo status della famiglia e dalla situazione in cui veniva indossata. Ogni donna possedeva più completi, uno per ogni tipo di festività. Una ragazza che stava per sposarsi ne possedeva circa 15.
Erano usate una o più cinture, allacciate in vari modi.
Il perednik era una tunica senza maniche o con maniche lunghe. Più tardi si diffuse il tipo con pettorina, per indossarla bastava legare i cordoncini dietro il collo e dietro la vita. Esisteva anche quella a forma di grembiule. I perednik festivi erano riccamente decorati con ricami, stampe, fettucce e pizzi.
La nagrudnaia aveva un taglio a tunica e arrivava alla vita, ai fianchi o alle ginocchia. Poteva essere con o senza maniche, chiusa o aperta. Fatta in tela bianca o blu, o in lana bianca, rossa, marrone o nera. La versione festiva era decorata con galloni di tela rossa e con ricami, frange e lustrini.
lI copricapo era delle più svariate forme. Era costituito da una rigida struttura di base, kichka, fatta con tela trapuntata rinforzata con corteccia di legno. Questa struttura poteva essere a forma di corna, di zoccolo di cavallo, di pala e di sella. La kichka veniva ricoperta con il vero copricapo, soroka, che si adattavo alla forma di base. La soroka consisteva in un tessuto ricamato di tela, tessuto, seta o velluto. La parte frontale del copricapo era decorata con ricami e lustrini. Nella parte posteriore era attaccato un elemento in tessuto, pozatilnik, a cui erano fissatati elementi decorativi. Spesso una striscia di stoffa con galloni, cuciture d’oro, perle e perline, era poggiata sulla fronte e, in prossimità delle tempie, lasciava cadere nappe di perline. In alcuni casi, all’altezza delle orecchie erano fissati pon-pon di lana o piume d’oca. Un telo di cotone, successivamente sostituito da uno scialle, veniva poggiato o legato intorno al copricapo.
Le calzature erano in pelle con calze di lana lunghe fino al ginocchio o lapti in fibra di tiglio intrecciata con pezze da piedi.
Il completo con sarafàn. Comprendeva camicia, sarafàn, cintura, copricapo, calzature di tiglio o pelle. Tra le varianti, poteva essere presente il perednik e la nagrudnaia. Era un completo molto diffuso nella parte centrale e settentrionale della Russia, e ben presto soppianto il completo con poniova nella parte meridionale. La camicia, decorata con polik, aveva maniche molto larghe che si restringevano verso il polso.
Il sarafàn aveva più modelli: i più arcaici erano chiusi, a forma di tunica ed erano utilizzati soprattutto dalle donne anziane; nel XIX secolo nella parte posteriore furono ricavate due bretelle che formavano un “dietro”. Erano di lana fatta in casa di colore blu scuro, rosso o nero. Esisteva il tipo aperto con bretelle e con falde anteriori abbottonate con bottoni, all’interno aveva una federa di cotone; il tipo tondo con bretelle diffuso nelle zone centrali; più tardi si diffuse il tipo dritto con corpetto tagliato. Ogni sarafàn aveva una cintura legata in vita. Sopra si poteva indossare una giacchetta, korotena, di svariate forme o la shugai, un indumento aperto con lunghe maniche, fatto con tessuti costosi e decorazioni complesse e lungo fino alla vita o al ginocchio. Shugai e korotena diventarono dettagli dell’abito nuziale verso la fine del XIX secolo. La narukavnik era una’altra giacchetta molto corta, arrivava sino al petto, aperta e con lunghe maniche.
Il copricapo era l’elemento più caratteristico di questo completo. Si poteva scegliere di indossare un copricapo rigido sulla parte frontale o un Kokoshnik. Questo copriva completamente il capo e nascondeva i capelli raccolti in ciuffetti o in trecce. Ne esistevano diversi tipi: il tipo a unicorno aveva la sommità appuntita o arrotondata, a mezzaluna, a berretto a cui era applicata una fascia di perline che scendeva sulla fronte, a forma di sella. Le numerose tipologie sembrerebbero testimoniare l’influenza esercitata dalle varie forme di copricapi locali di origini più antiche. I Kokoshnik erano realizzati da specialisti in tessuti costosi e decorati con ricami in oro. Si portavano con un fazzoletto o uno scialle.
Le calzature erano il più delle volte in pelle ma spesso si usavano i lapti in fibra di tiglio intrecciata.
abiti_2Completo con gonna a righe. Comprendeva la camicia, gonna di lana a righe, perednik, cintura, nagrudnaia, copricapo, calzature di tiglio o pelle. Era indossato dalle donne dei villaggi in cui vivevano i discendenti dei contadini-militari mandati nel XVI-XVII secolo per proteggere i confini meridionali dello stato russo.
La camicia aveva il colletto floscio, maniche larghe con polsini a balza. Era di colore bianco o rosso.
Le gonna erano di lana, a righe di colori forti: rosso, bianco, verde e blu.
Alla vita si legavano larghe cinture di lana decorate. Un perednik a grembiule, di cotone o lana, era legato alla vita. Era indossata anche un gilet, korset, solitamente di velluto nero e riccamente decorato.
Il copricapo era un Kokoshnik a cilindro a cui era legato un nastro ornamentale sulla fronte e un pozatilnik di stoffa sul dietro. Attorno al copricapo si legava un fazzoletto.
abiti_3Completo con abito kubeliòk. Era indossato fino alla meta del XIX secolo dalle donne dei cosacchi. Il kubeliòk era un abito lungo a due battenti con un corpetto tagliato e chiuso da bottoni preziosi. Sul corpetto era attaccata una gonna. Si usavano tessuti costosi, come seta e broccato. Sotto si indossava una lunga camicia bianca di tela o seta. Una cintura con fibbia era allacciata nel punto di unione tra gonna e corpetto. Il capo era coperto con un berrettino tondo non molto alto, di semibroccato, o con un cappello di seta con disegni o ancora con un fazzoletto di pizzo.

Gli ornamenti
L’abito tradizionale abbondava di ornamenti. Abbondavano orecchini, anelli e bracciali di produzione artigianale. Esistevano collane di vetri colorati e di ambra, pietra questa molto amata in quanto le era attribuito un potere magico. Erano molto apprezzate le perle. Nelle regioni settentrionali le collane erano realizzate con materiali non costosi nella forma di grivnia ed erano diffusi i così detti iazik, costituiti da un pezzo di damasco trapezoidale foderato da tela con un collettino che si abbottonava sul collo; alle collane erano associate grandi croci. Nelle regioni meridionali le collane erano fatte di lana colorata e con perline, dette gaitan; in basso avevano un pendente a croce metallica. Erano molto usati i nastri di seta e, tipici di questa zona, erano gli orecchini a sfera di piume d’oca. Nella Russia centrale si usavano gli stesi ornamenti sopra descritti.


 I soprabiti 
Erano uguali per uomini e donne. Quelli femminili potevano essere maggiormente decorati. In inverno si usavano soprabiti fatti di pelliccia, nel resto dell’anno si indossavano quelli di panno. In caso di eccessivo freddo si usava un secondo soprabito che andava solo sovrapposto sul lato sinistro e legato con una cintura. Erano generalmente di colore naturale, solo le famiglie benestanti potevano permettersi tessuti colorati.

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L’abbigliamento dei bambini
I bambini fino ai 5/7 anni indossavano solo camicia e cintura. Si trattava di una camicia ricavata da quelle vecchie dei genitori o dei fratelli.  Solo dopo i 7 anni l’abbigliamento dei bambini si differenziava in base al sesso. I maschietti aggiungevano i pantaloni, le femminucce il sarafàn e la gonna. Nella Russia meridionale le bambine continuavano a portare gli stessi abiti di prima e il loro segno identificativo erano degli orecchini a forma di sfera con piume d’oca. Le bambine potevano inoltre indossare collane e orecchini fatti di bacche o semi di frutta. I bambini non avevano un proprio soprabito, usavano quello della loro famiglia.

abiti_5L’età del matrimonio
I loro abiti erano preparati con tessuti nuovi e arricchiti con numerosi dettagli.  Il completo delle ragazze si differenziava da quello delle donne per la forma del copricapo, che lasciava la parte superiore del capo scoperta tale che si vedessero i capelli raccolti in una treccia. I ricami sugli indumenti si differenziavano per ricchezza e vivacità di colori. A differenza delle bambine, le ragazze portavano nelle trecce dei nastri colorati e delle decorazioni inserite nella parte finale. L’abito era completato da un gran numero di collane e ornamenti al collo. Nelle regioni settentrionali si usavano dei guanti senza dita, sopra i quali si indossavano dei bracciali metallici. In quelle centrali le ragazze portavano sulla cintura delle tasche usate come borsette.
I ragazzi usavano abiti di maggiore qualità e modelli alla moda. Inoltre si differenziavano dagli uomini per l’uso di alcuni elementi, quali gilet e giacca, e per il gran numero di ornamenti, come ad esempio fazzoletti da collo, catenine, orologi al taschino, anelli e ciondoli. I ragazzi e le ragazze avevano soprabiti propri.


Gli anziani

Gli anziani non avevano diritto ad abiti nuovi, ma portavano il loro vecchi abiti o quelli riadattati usati dai bambini più grandi. I loro abiti potevano essere bianchi o di colori scuri, privi di decorazioni e ornamenti. Il copricapo, che non poteva avere forma rigida, era costituito da una cuffia o da un fazzoletto. Così come per i bambini, anche per gli anziani si cercava di fare sparire le differenziazioni legate al sesso: le donne potevano indossare capi maschili e viceversa. Nei giorni di festa gli era permesso di utilizzare i vestiti che i propri figli indossavano nei giorni feriali.

 
Vedove e soldatke
L’abito delle vedove e delle soldatke, le donne i cui mariti erano stati arruolati come soldati, era simile a quello degli anziani per colori e componenti. Era un abbigliamento di lutto, caratterizzato dal colore bianco o nero, assenza di ornamenti e di alcuni dettagli. Localmente si poteva trovare un dettaglio usato per rimarcare il carattere del lutto.

 

Single agèe
Le vecchie nubili non avevano diritto di usare gli abiti delle donne sposate. Nelle regioni meridionali gli era negata la poniova. Il loro abito era costituito da una camicia bianca e da un sarafàn scuro o una giacchetta. Dovevano raccogliere i capelli in un’unica treccia coperta da un fazzoletto usato al posto del copricapo. Predominavano colori scuri e assenza di ornamenti.

 

abiti7Un abito da cerimonia
La fanciulla che stava per maritarsi indossava elementi particolari denotanti il suo status: in alcune zone indossava un copricapo dall’aspetto di un asciugamano, in altre una camicia bianca senza decori e con le maniche lunghe fino a terra, in altre ancora un abito scuro e uno scialle che le copriva metà volto. La sposa durante la cerimonia indossava un abito bianco, nella russa meridionale, bianco e blu o bianco e nero, nei territori centrali e settentrionali. Il copricapo aveva forma arcaica ed era molto ricco e bello. Dopo la cerimonia veniva indossato un abito in cui predominava il colore rosso, sia nel tessuto che nei decori e ornamenti. L’abito da sposo si distingueva dal quotidiano per un ricamo sulla camicia e sul pantalone. Caratteristica era un asciugamano, dono della futura sposa, legato intorno alla vita o a tracolla.

 

Oltre la vita
L’abito funebre era bianco o nero, cucito in casa a mano senza nodi, con i punti dati al contrario e le cuciture non completate al fine di dare un senso di incompletezza. In alcune località era usanza seppellire la donna con il suo abito da sposa. L’abbigliamento era un elemento fondamentale nella cultura tradizionale: senza non si poteva partecipare alla vita festiva. Era molto apprezzato, tanto da venire custodito in preziosi bauli. Così come i gioielli, gli abiti erano ereditati o usati come ricompensa per un servizio reso e, non di rado, erano utilizzati per far fronte a difficoltà finanziarie.
L’interesse per gli abiti tradizionali aumentò sensibilmente tra il XIX e il XX secolo, in concomitanza con l’inizio del processo di distruzione della cultura tradizionale. Fu allora che molte famiglie urbanizzate iniziarono a conservare antichi abiti contadini. Alla fine del XX secolo nacque la moda: molti intellettuali indossavano elementi tipici dell’abito tradizionale e le famiglie benestanti solevano fare indossare vestiti “alla russa” ai loro dipendenti domestici. L’abito popolare ha continuato a esistere fino alla metà del XX secolo. In alcuni villaggi, ancora oggi, le donne anziane continuano a indossarli e a preparare in casa i completi con cui essere sepolte.

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