Molti credono che, con l’abrogazione del reato di abbandono del tetto coniugale, l’allontanarsi dalla casa e dalla famiglia, non costituisca più alcun reato. Non è così. 

Infatti, accanto alle azioni civili, in presenza di determinati presupposti, in caso di violazione degli obblighi di coabitazione e di assistenza familiare, il codice penale prevede specifici reati con le disposizioni degli artt. 570 c.p.
Le violazioni previste riguardano sia i rapporti genitoriali che coniugali, ma anche le unioni civili omosessuali, successivamente all’entrata in vigore del D.lgs 6 del 2017, laddove espressamente la nuova disciplina statuisce che agli effetti della legge penale, con il termine matrimonio si deve far riferimento non solo al matrimonio eterosessuale, ma anche alle unioni civili tra persone dello stesso sesso.

LA VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE (ART. 570 C.P.) E L’ABBANDONO DEL DOMICILIO

La norma che è stata promulgata durante il ventennio fascista e quindi perseguendo fini parzialmente diversi da quelli attuali, tenuto conto che nel tempo la famiglia si è evoluta in maniera davvero sostanziale, statuisce quanto segue: Chiunque abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da € 103,00 fino ad € 1.032,00.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti al numero 1 e quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.
Sicuramente una delle situazioni più frequenti è proprio quella relativa all’abbandono della casa familiare, sottraendosi il responsabile ai propri obblighi di assistenza o peggio facendo mancare i mezzi di sussistenza, rientrando in tale concetto tutti i mezzi economici necessari per il mantenimento di una vita dignitosa.
Ricordiamo  per inciso che dal 2018 è entrato in vigore l’art. 570 bis c.p. che punisce penalmente chi non versa esattamente le somme statuite dal giudice civile.

L’ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE

Quanto all’allontanamento dalla casa familiare, come si diceva, è pur vero che il reato di abbandono del tetto coniugale è stato abrogato molti anni orsono, tuttavia tuttora l’art. 570 c.p. punisce l’abbandono della casa allorché contestualmente il colpevole si sottragga agli obblighi di assistenza familiare.
  La giurisprudenza si è interrogata più volte sulle caratteristiche dell’abbandono del domicilio domestico, laddove nelle prime interpretazioni della legge sussisteva una differenziazione tra l’allontanamento da parte della moglie e l’allontanamento da parte del marito.
  Ciò nel senso che, nel primo caso bastava che la donna si sottraesse alla convivenza comune anche per un tempo limitato, per configurare il reato, ritenendosi che una donna sposata dovesse rivestire una posizione con doveri morali specifici all’interno della famiglia e della società dell’epoca, anche se giustificava tale allontanamento per esempio con la necessità di lavorare.
Di contro la stessa condotta posta in essere dal marito veniva ritenuta legittima dalla Cassazione.
Attualmente con l’equiparazione delle due figure post legem del 1975 la situazione ovviamente è del tutto mutata e gli obblighi vicendevoli sono parificati.

CONTESTUALE OMISSIONE DELL’ASSISTENZA FAMILIARE
Perché si possa configurare il reato dell’abbandono del domicilio domestico, è necessario che l’allontanamento sia volontario, illegittimo e, contestualmente sussista un inadempimento agli obblighi vicendevoli e nei confronti dei figli.
Va anche rimarcato che la Cassazione e anche molte decisioni di merito hanno esteso il reato, configurando quale “tetto coniugale”, non solo la casa di abitazione quale domicilio principale, ma anche tutti gli altri luoghi ove si svolge la vita familiare.

Da un lato il reato si configura allorché l’abbandono del domicilio e della casa coniugale avvenga in modo repentino, senza ritorno e quindi in modo definitivo, volontà desumibile dal comportamento posto in essere prima e dopo l’allontanamento.
Dall’altro va detto che l’abbandono del tetto coniugale configura il reato di cui all’art. 570 c.p. quando contestualmente sussista la sottrazione agli obblighi familiari.
Spesso il privare la famiglia della propria presenza fa venir meno il supporto economico e morale a cui è tenuto il soggetto che si è allontanato.

L’OMISSIONE DELL’ASSISTENZA FAMILIARE
È da precisare tuttavia che la Cassazione non configura il reato soltanto per la circostanza di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla famiglia lasciata nell’alloggio, ma la condotta assume rilievo penale anche quando comporta come conseguenza, sempre secondo la Cassazione, l’inadempimento agli obblighi morali e materiali connessi al rapporto di coniugio e quindi all’assistenza dovuta alla propria compagna ed ai figli.
Si noti che non si fa riferimento solo alle obbligazioni economiche, ma anche a quelle etiche.
Dunque il reato si considera sussistente anche quando il soggetto che si è allontanato continua a provvedere economicamente ai mezzi di sussistenza necessari alla famiglia, costituendo l’abbandono anche una lesione del diritto della famiglia alla figura ed alla presenza del genitore e/o del coniuge.
Ciò anche soltanto sotto l’aspetto morale, facendo mancare il colpevole la propria figura genitoriale o di coniuge all’interno della famiglia stessa.
Se si esamina la giurisprudenza corrente si evince che l’essersi allontanato definitivamente dall’ex casa coniugale può infatti costituire reato, allorché tale comportamento di luogo alla violazione dell’obbligo di assistenza, anche solo morale, a favore del coniuge.
In tal senso alcune decisioni della Cassazione rilevano come l’abbandono ingiustificato della casa comune non va punito di per sé stesso quale comportamento isolatamente valutato, ma solo se il rilascio della casa ed il mancato ritorno, comportano la conseguenza della mancata assistenza sia pure soltanto morale, come si diceva, al coniuge ed ai figli.
Va tuttavia accentuato che tale orientamento pecca di una certa indeterminatezza, in quanto fa riferimento ad un generico dovere di assistenza nei confronti di coniuge e figli minori, richiamando “l’ordine e la morale delle famiglie” non specificando il contenuto degli obblighi di assistenza a cui sarebbe collegata la commissione del reato.

LEGITTIMITA’ DELL’ALLONTANAMENTO

È viceversa da accentuare l’orientamento ormai consolidato secondo il quale, perché sussista il reato, l’abbandono del tetto coniugale, debba essere posto in essere senza un giustificato motivo.
La necessità di lavorare al di fuori della famiglia o più frequentemente la domanda proposta di separazione, annullamento, scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovviamente esclude la commissione del reato.
È infatti da segnalare in tal senso che la Suprema Corte con numerose sentenze ha precisato come, affinché sussista il reato di cui all’art. 570 c.p. è necessario che l’abbandono del domicilio risulti assolutamente ingiustificato e connotato da un oggettivo disvalore etico e sociale.
Ricordiamo che, se l’abbandono della casa coniugale può essere giustificato dalla ricerca di un lavoro o dal licenziamento, tuttavia lo stato di precarietà economica non è mai sufficiente ad evitare la condanna per la violazione dell’art. 570 c.p. n. 2, (far mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o al coniuge), laddove la giurisprudenza di merito o di legittimità è sempre stata costante nel ritenere come non sia sufficiente essere licenziati o dimostrare lo stato di disoccupazione, per sottrarsi agli obblighi di natura economica e di mantenimento della famiglia.

AGGRESSIVITA’ DI UN CONIUGE
Di contro, se l’allontanamento dalla casa ed il mancato ritorno avvenga per una giusta causa (si pensi a violenze del marito o a situazioni di oggettiva pericolosità) e cioè in sostanza derivi da una situazione di intollerabilità della convivenza, la responsabilità penale non viene configurata.
Va tuttavia detto che, sotto il profilo civilistico, il rilascio della casa per giustificato motivo, deve essere comprovato (per esempio con una denuncia penale per violenza).
Diversamente si rischia che il giudice della separazione non assegni la casa al coniuge che  ne avrebbe avuto diritto, avendo lasciato l’alloggio volontariamente e senza giustificazione.

RILEVANZA CIVILISTICA

In realtà ormai, molto più frequentemente, l’allontanamento dalla casa coniugale ha rilevanza e comporta delle conseguenze più che altro sul piano civilistico, laddove viene considerato motivo di addebito della separazione con la conseguenza della perdita di diritto al mantenimento ove ne sussistessero i presupposti ed ai diritti ereditari.
Anche però sotto il profilo civilistico, e quindi dell’addebito della separazione, l’allontanamento va considerato sempre legittimo allorché ci si trovi in presenza di situazioni che giustificano il rilascio della casa, e non solo in tutte quelle situazioni in cui ci si trovi di fronte a violenze che mettono in pericolo l’incolumità fisica e psichica di un coniuge o dei figli, ma anche in presenza di altre situazioni che rendono intollerabile la convivenza, quale l’infedeltà, l’inserimento nell’appartamento di altri soggetti ed in alcuni casi anche il comportamento autoritario di un coniuge e perfino la mancanza di intesa sessuale.
In ogni caso, come si accennava, poiché nell’ambito della separazione, del divorzio o dei provvedimento a tutela dei figli minori o maggiorenni non autonomi, il giudice è tenuto ad assegnare la casa (diritto ad occuparla gratuitamente) ad una delle parti, va accentuato che l’abitazione non deve mai essere rilasciata spontaneamente, in quanto diversamente si corre il rischio di non poterne ottenere l’assegnazione.