Hey teacher, leave those kids alone”  è il verso della notissima  canzone dei Pink Floyd “Another brick in the wall”.  Il brano,  del 1979, e suddiviso in tre parti, rimanda  a una serie di metafore. Quella più forte è l’assenza di una figura di paterna e la sostituzione  di questa con l’autoritarismo delle istituzioni.

Secondo la descrizione del video accompagna la musica,  dei ragazzi dal volto  totalmente spersonalizzato,  che avevano costruito un muro  (the wall) tra loro e gli insegnanti,  finiscono come soldati dentro un tritacarne.  Per finire il tutto con  una liberatoria  ribellione  dei giovani  contro l’idiozia degli adulti. Era un po’ quello che  ha voluto annunciare Renzi con la sua parola magica “rottamazione”.

Una canzone, quella dei Pink Floyd, che non potrebbe essere più  giusta come viatico  per leggere  gli ultimi giorni  di Carnevale, e alcuni episodi simbolici.

Partiamo dalle immagini delle maschere dei bambini che in genere raccontano moltissimo  dei loro genitori, e  perché si continua sempre a parlare del muro, dell’incapacità degli adulti a bambini 01capire i ragazzi.  L’Ansa  pubblica  la fotografia di una  madre mentre  cammina lungo il colonnato di San Pietro tenendo per mano il suo bambino vestito da piccolo Papa Francesco. In poco tempo, la foto è diventata virale. E i commenti erano, visto l’affetto  che riscuote il  papa,  tutti più o meno inteneriti e a timide proteste si rispondeva  che comunque a Carnevale si deve essere leggeri e via così. Proprio a  Carnevale, cioè, durante  il tempo del  sovvertimento dei canoni, l’opportunità di uscire dagli schemi appunto, una madre ha ritenuto giusto inquadrare il proprio figlio nel  simbolo  del dogma. 

Qualche giorno dopo lo stesso bambino si è visto in piazza San Pietro gremita di gente,  consegnato nelle mani del papa, che ha voluto baciarlo. Il bambino però piangeva disperato. Quello scatto restituiva piuttosto  il  senso di una tragedia: un  vecchio  che voleva baciare  per forza la sua piccola fotocopia che si ribellava a più non posso al destino che gli veniva assegnato. Sembrava, quel pianto, un grido  straziante di libertà, in visione per tutto il pianeta.  Che consapevolezza poteva avere quel bimbo se non il desiderio che la madre ha proiettato su di lui?  Manzoni nel descrivere la vita della Monaca di Monza,  poiché il suo destino era già stato segnato dall’autorità paterna, parlava di una fanciulla che giocava con le bambole vestite da suora. 

Ancora. Sono girate tante maschere di poveri bambini sconfitti dagli adulti,  e massacrati dalle loro perversioni. Giravano in rete  mostriciattoli mascherati da vecchi, come una bimba, inconsapevole,  negli orrendi panni di Moira Orfei, con tanto di unghie ricurve, parruccone e boccone rosso. E poi ancora bambole  come quelle che andavano sui letti una volta. Follie che non sono tali. Sembrano solo pupazzi di un regime al quale sembrano tutti anelare. Come  anche   i ragazzini  vestiti da adulti  che cantano   canzoni per adulti, alla Rai in “ Ti Lascio una canzone”, per un pubblico di adulti. 
 
Così,  l’arrivo di Renzi del 5 marzo scorso,  nella scuola primaria intitolata a Salvatore  Raiti, vittima della mafia sembra la giusta conseguenza di tutto questo. Con i loro grembiulini, i giovanissimi  allievi  hanno accolto il neo Presidente del Consiglio scandendo il suo nome “ Mat-tèo Mat- tèo” … Battevano le mani a ritmo per finire in una canzone cantata in coro,  dal titolo “ Clap and Jump per Renzi”.  Ma si trattava di un adattamento voluto dai ragazzi, a quanto dichiarato  dalla dirigente scolastica Angela Cucinotta:   “E’ una canzone  che noi cantiamo tutti insieme in occasione di qualsiasi festeggiamento, lo abbiamo fatto anche questa volta”. Così si consumava nella  totale inconsapevolezza e normalità  l’ennesimo furto ai bambini, condannati da mandrie di adulti confusi a essere solo numeri per tritacarne e ad azzerarsi come i ragazzi  del video dei Pink Floyd.  Erroneamente Beppe Grillo ha tuonato dal suo blog affibbiando la colpa a Renzi  per quella accoglienza nella scuola. Proprio la  spontaneità invece dovrebbe destare  molta più preoccupazione che se non fosse stato voluto dall’entourage del presidente del Consiglio. E’ così entrato nel tessuto culturale del nostro paese  il Culto del Salvatore,  e la “ servitù volontaria”  che  perfino si insegna nelle scuole. Si formano piccole creature, non a maturare uno spirito critico, ma ad adeguarsi ai criteri televisivi dell’uomo famoso, senza distinguere il suo ruolo, né  chiarire significati.

Palazzo Chigi, malgrado le accuse di fascismo e le polemiche non si è affatto dissociato dalle modalità dell’accoglienza, anzi ha pubblicato sul suo canale youtube il patetico teatro. 

Il controcampo del coro era il corpo insegnante, e in prima fila, il Presidente del Consiglio con accanto un vescovo. Un quadretto medievale  delle due autorità,  quella secolare e quella  temporale, che si litigano il territorio vergine da colonizzare.  Poi  i piccolissimi  (5 anni) subito dopo hanno cantato  Fratelli  d’Italia non  con lui, ma verso di lui da solo, come un leader sudamericano, davanti a un grande striscione:  “benvenuto presidente”.

Forse  peggio di tutti  è stato  lo svolgimento della  giornata in cui è stato detto ai bambini di dire a quel signore importante quali fossero i loro sogni, come se fosse Babbo Natale.  Sogni che ancora una volta non saranno  mai realizzati.  Solo che poi c’è sempre qualcuno che spesso aiuta a realizzarli quei sogni: la mafia.

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