L’art. 156 c.c. per la separazione dei coniugi e l’art. 8 comma 2 della legge 898/70 per il divorzio, prevedono espressamente che tramite la sentenza possa essere iscritta ipoteca giudiziale sui beni del debitore e ciò ai sensi dell’art. 2818 c.c.

L’iscrizione dell’ipoteca giudiziale è consentita in realtà con qualsiasi sentenza di condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altre obbligazioni ovvero al risarcimento del danno, proprio sulla base della norma generale sopra richiamata.
Nel caso della separazione o del divorzio, il coniuge beneficiario, per sé o per i figli, di un assegno di mantenimento a carico dell’altro coniuge o dell’assegno divorzile, può iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili dell’obbligato sulla base della sentenza (ma non con il semplice provvedimento del Presidente che autorizza i coniugi a vivere separati e statuisce i provvedimenti provvisori).
In realtà ogni sentenza costituisce titolo appunto per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Per questo non è necessaria l’attestazione del passaggio in giudicato, ma è sufficiente la copia autentica della decisione di primo grado, ope legis provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 c.p.c.
Quanto alla separazione la Corte Costituzionale ha esteso la portata della norma sull’iscrizione ipotecaria, riconoscendo valore di titolo idoneo anche al decreto di omologazione della separazione consensuale.
Attualmente può essere iscritta ipoteca sui beni del soggetto tenuto al pagamento anche con i decreti di modifica delle condizioni preesistenti ex art. 710 c.p.c. ed ex art. 9 della legge divorzile n. 8989/70 (in tal senso Cass. n. 9994/94 e n. 10064/2013).
Lo stesso diritto sussiste per il genitore avente diritto al mantenimento per la prole nata al di fuori del matrimonio (sentenza della Corte Costituzionale 14/06/2002 n. 236).

IL RILEVANTE EFFETTO DELL’IPOTECA GIUDIZIALE

Per ottenere l’iscrizione è necessario munirsi della sentenza in copia autentica da portare al Conservatore dei Registri Immobiliari ed effettuare l’iscrizione in modo telematico, in genere mediante un tecnico abilitato.
L’iscrizione ipotecaria, come è noto, ex art. 2847 c.c., conserva il suo effetto per ben venti anni dalla data iniziale e l’effetto cessa soltanto se l’iscrizione non viene rinnovata alla scadenza.
Le discussioni ed i contrasti sul punto, riguardano soprattutto i presupposti per sottoporre i beni dell’altro ad ipoteca.
Cioè se sia necessario un periodo adeguato di inadempimento del coniuge obbligato, la cui valutazione è rimessa al giudizio del creditore, ovvero se, nell’applicazione letterale della norma, l’ipoteca possa conseguire semplicemente al diritto di percepire l’assegno dall’altra parte.
Inoltre rilevanti dubbi possono sussistere sull’entità della somma da indicare al Conservatore quale limite relativo all’iscrizione ipotecaria, tenuto conto che l’assegno statuito dal giudice è periodico e normalmente mensile.

LA DETERMINAZIONE DELL’IMPORTO DELL’IPOTECA

Trattandosi di una somma periodica in genere è il creditore a determinare la somma nella nota di iscrizione, così come previsto dall’art. 2838 c.c., sottoscrivendola.
In genere si utilizza moltiplicare l’obbligazione mensile per il numero di anni per il quale presumibilmente rimane in essere l’obbligazione (per esempio fino all’autonomia economica dei figli o fino all’età probabile di vita del coniuge avente diritto).
Ciò comporta che il coniuge o comunque il debitore rischia di trovarsi un’ipoteca sui propri beni per importi estremamente rilevanti (si pensi ad un assegno mensile di € 700,00 x 20 o 30 anni e con ciò legittimando cifre per l’iscrizione ipotecaria dell’ordine di 150.000 o 200.000 euro).

L’ESENZIONE FISCALE

Un altro punto estremamente importante per l’iscrizione ipotecaria a garanzia è che, a differenza di ciò che avviene con l’iscrizione ipotecaria normale sulla base di una sentenza ordinaria soggetta all’imposta di trascrizione (imposta di bollo € 59,00 + imposta ipotecaria pari al 2% dell’importo richiesto con un minimo di € 200,00), in caso di separazione e divorzio o di tutela della prole naturale, grazie alla legge n. 898/70 che sancisce l’esclusione di qualunque onere fiscale, l’iscrizione viene eseguita sempre gratuitamente.
Resta ovviamente fermo l’obbligo di retribuire il professionista incaricato.

LA MANCATA CONOSCENZA DEL DEBITORE

Un punto estremamente rilevante, (questo a parere di chi scrive è  una grave manchevolezza della legge), è che, dell’iscrizione ipotecaria, non ne viene notiziato il presunto debitore, sicché di fatto egli finisce con lo scoprire l’esistenza dell’ipoteca solo allorché per esempio tenti di vendere il proprio immobile o chieda un mutuo in banca.
La questione è estremamente importante in quanto il coniuge in buona fede tenuto al mantenimento, rischia di firmare un preliminare di compravendita, senza sapere che non potrà adempiervi, proprio per la precedente iscrizione ipotecaria da parte della ex compagna, e quindi rischiando concretamente di dover risarcire parte acquirente o nella migliore delle ipotesi di dover restituire la caparra.
Il fatto che il debitore non venga avvertito dell’iscrizione ipotecaria è sicuramente una problematica estremamente rilevante, perché se l’ipoteca da un lato garantisce il credito della moglie o dei figli, dall’altro danneggia enormemente l’altra parte la quale subisce conseguenze non prevedibili, anche perché nessuno usa effettuare le visure sui propri immobili costantemente nel tempo.
Si pensi tra l’altro all’iscrizione ipotecaria che non riguardi un solo immobile oppure che coinvolge un immobile di proprietà di più soggetti, di fatto impedendo il libero esercizio del proprio diritto, o ancora l’ipoteca venga iscritta per cifre al di fuori di ogni ragionevolezza.

IPOTECA COME GARANZIA DEL PAGAMENTO

La Cassazione a fronte delle varie problematiche è intervenuta più volte, precisando che la possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale in forza del provvedimento di separazione ovvero del divorzio, è concessa perché l’ipoteca ha la funzione di garantire il pericolo di inadempimento del coniuge obbligato (ex multis Cass. n.12309/2004).
Tuttavia, la valutazione del coniuge non è autonoma, ma è subordinata al giudizio del merito del giudice, dove la mancanza originaria o sopravvenuta, del pericolo di inadempimento, determina, venendo meno allo scopo per cui la legge ne consente il vincolo, l’estinzione alla garanzia ipotecaria e di conseguenza il diritto della controparte di ottenere dal giudice la liberazione del bene, con il corrispondente ordine di cancellazione ai sensi dell’art. 2884 c.c.
Così anche l’importo determinato dal creditore può essere ridotto dal giudice il quale può avvalersi di criteri oggettivi che non pregiudichino la garanzia in favore del coniuge avente diritto al mantenimento per sé o per i figli, né pregiudichino il debitore per l’eccessività dei beni sottoposti al vincolo o per l’eccessività delle somme indicate impedendo la libera negoziabilità degli immobili.
In sostanza il giudice dovrà prima esaminare si vi è pericolo di inadempimento del coniuge obbligato e se la risposta a tale domanda è positiva, dovrà determinare se l’entità della somma richiesta o il numero dei beni sottoposti al vincolo risultino giustificati.
Sul punto sono tuttavia rinvenibili decisioni di contrario indirizzo, (ex multis C.A. Firenze 25/02/2017 a conferma della sentenza n. 403/09 del Tribunale di Grosseto ed altre) che si sono poste in contrasto con tale indirizzo giurisprudenziale, ritenendo che la lettura della norma evidenzia come non sia richiesta per l’iscrizione ipotecaria la valutazione di alcun pericolo in mora, ma l’avente diritto possa procedere proprio a garanzia dei propri crediti, ipso iure.

IL PREGIUDIZIO PER IL DEBITORE

Da ultimo va accentuato che le questioni circa il diritto o meno ad iscrivere ipoteca consistono sempre in una valutazione ex post.
Infatti sostanzialmente il creditore iscrive senza autorizzazione del giudice ipoteca.
Nel momento in cui viene scoperto tale vincolo sui propri beni, il debitore in assenza dell’adesione del creditore non potrà che rivolgersi al Tribunale. Quindi, anche ammettendo che il debitore possa vantare le proprie ragioni, trascorrerà un periodo minimo di due o tre anni prima che possa ottenere una sentenza, tempi che ovviamente appaiono irragionevoli ed in contrasto con l’esigenza di chi abbia bisogno di vendere o chiedere un mutuo con garanzia sul proprio immobile vincolato dall’altro coniuge.
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 1663/2020 pubblicata il 24.01.2020, pur avendo riconosciuto, dopo anni di causa, che il marito aveva diritto a fare eliminare l’ipoteca iscritta dalla moglie, per intervenuta riconciliazione e quindi subendo il coniuge leso il danno dell’invendibilità dei propri beni per i tre o quattro anni del processo, si è visto di fatto rigettare la domanda del risarcimento del danno, in quanto secondo il Tribunale, i danni si sarebbero dovuti richiedere con la stessa causa con cui l’interessato aveva richiesto ed ottenuto la cancellazione dell’ipoteca e non con un grado successivo ed autonomo di giudizio.