Per la prima volta Francesco De Gregori si è lasciato coinvolgere, dando “volentieri” un suo “contributo”, in un libro “la cui forza è quella di non voler essere conclusivo”. Un racconto per immagini e parole, con foto inedite e parole mai definitive, una storia “ancora in movimento”, cominciata più di quarant’anni fa, come suggerisce il titolo, Guarda che non sono io, appena uscito in libreria, a cura di Silvia Viglietti, editrice della Svpress che lo pubblica e di Alessandro Arianti, pianista dell’artista e anche fotografo.

Per Guarda che non sono io – già titolo di una famosa canzone di Sulla strada – con cui è atteso venerdì 5 settembre al Festivaletteratura di Mantova, De Gregori ha aperto i cassetti di famiglia mostrando le sue foto da ragazzo quando girava “sempre con la chitarra” e “ogni occasione era buona per mettersi a suonare”. Ci sono anche fogli e appunti manoscritti, compreso quello di lavorazione di Vivavoce, il nuovo album in uscita a novembre in cui torna alle vecchie canzoni e le restituisce alla voce di oggi, da Atlantide ad Alice. Si scopre anche come l’autore di Rimmel lavora alle canzoni appuntando prima le parole su un pezzo di carta per poi passare, dopo varie fasi, alla stesura “in bella” su una vecchia Olivetti Lettera 32, per approdare poi al computer. In questo viaggio in bianco e nero e a colori scopriamo anche Monica Vitti appassionata fan di Buonanotte Fiorellino – la canzone d’amore scritta nel 1975, negli anni in cui “il privato era pubblico” – al punto, racconta De Gregori, che avrebbe voluto metterla in un suo disco che “non so se poi si fece oppure no”. E ci avviciniamo a De Gregori onnivoro acquirente di libri e caotico lettore che ama tutto di Cormac McCarthy, da Cavalli Selvaggi in poi e che ammette che tutto quello che ha letto “è andato a finire in maniera sotterranea, inconsapevole in quello che ho messo nelle mie canzoni” come ha raccontato all’ultimo Salone del Libro di Torino. E poi i backstage, tra cui quello del tour di Banana Republic nel 1979, gli incontri, i live, De Gregori in sala di registrazione nel 1971, al Chelsea Hotel a New York nel 1976, con Lucio Dalla nel 1979, con Ivano Fossati nel 1985, con Vasco Rossi nel 1992 e lo stesso anno con Zucchero e ancora con Ambrogio Sparagna, con Ennio Morricone e Francesco Totti, con Nicola Piovani e avvicinandoci a oggi in un negozio di chitarre a New York nel 2014 e nella sala di registrazione di Vivavoce a Roma. La galleria di foto inedite – tra cui la riproduzione del libretto d’iscrizione all’Università di Roma, al corso di laurea in filosofia nell’anno accademico 1969-70, con un insolito De Gregori in cravatta – è accompagnata da approfondimenti sull’artista e i suoi dischi da Alice non lo sa a Rimmel, Buffalo Bill, Viva l’Italia, Titanic. Due le interviste esclusive, una rilasciata a Steve Della Casa in cui racconta che suonare dal vivo ultimamente gli piace moltissimo e l’altra di Gabriele Ferraris a Guido Guglielminetti, produttore di Francesco da quasi 25 anni, in cui si parla di Vivavoce dove “brani vecchi di decenni sembrano appena scritti e acquistano lo smalto che meritano”. “Un disco di cover di me stesso” come ne ha parlato De Gregori nell’anticipazione all’ultimo Salone del Libro di Torino. Pezzi di parole di un work in progress speciale, quello di un artista cresciuto in mezzo alla musica, che con il fratello Luigi andava al Folkstudio e quando scrisse Signora aquilone, la prima canzone incisa su disco, capì che da quel momento qualcosa sarebbe cambiato per sempre.

Guarda che non sono io
a cura di Silvia Viglietti e Alessandro Arianti
casa editrice Svpress
prezzo 29.50 euro

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