Il fatto è che nessun personaggio politico nell’Italia repubblicana ha suscitato tanta incondizionata approvazione e tanta violenta riprovazione come Silvio Berlusconi.

Un modo, forse attendibile, per esprimere un giudizio sull’uomo e il suo operato, stabilendo se merita ancora fiducia, può essere quello di attenersi strettamente a valutazioni di fatto, condivise da fautori e avversari.

Il primo dato oggettivo risiede nella evidenza che gli italiani oggi non stanno meglio rispetto a quando Berlusconi, nel 1994, fece la sua “discesa in campo”; anzi gli ultimi dati ci dicono che, quanto a ricchezza, siamo tornati al 1986.
Su questo son tutti d’accordo, sia i più accesi sostenitori sia i più spietati detrattori. Ciò che cambia è solo la motivazione. Mentre i supporter sostengono: ”Non è colpa sua”, gli altri son fermamente convinti del contrario.

Per l’assoluzione dell’ex premier vengono avanzati principalmente tre argomenti: l’assetto costituzionale italiano che non dà potere sufficiente ad un uomo solo; il tradimento o il freno degli alleati in Parlamento; la crisi che non è certo colpa sua. A questi motivi vanno poi aggiunti i PM “politicizzati”.
Intanto una riflessione: Berlusconi al momento della sua “discesa” aveva suscitato attese e speranze quali mai si erano viste prima. Si sono sentite definizioni come: “Uomo della provvidenza” e “Unto del Signore”.

Dunque non un ulteriore politico qualsiasi ma una persona eccezionale e un imprenditore di grande successo. Oddio in merito a questa seconda qualità, alcuni hanno fatto notare che quando Silvio si è cimentato sul terreno della libera e reale concorrenza, rilevando la Standa, la ha avviata ad un cocente fallimento; ricordate la “Casa” (poi chiusa) “degli italiani”?
In ogni caso, nel sentimento comune era considerato un uomo che ci avrebbe donato quegli stessi risultati positivi di cui si erano giovate le sue aziende. E’ andata diversamente.
La prima causa dell’insuccesso, come si è detto, consisterebbe nel nostro assetto costituzionale che pone in fermo equilibrio gli organi dello Stato bilanciandone i poteri.
La motivazione è strana. Forse che quando prometteva di risolvere i problemi dell’Italia, Berlusconi non era al corrente dell’ordinamento italiano derivato dalla seconda guerra mondiale? Dei limiti che esso imponeva al presidente del consiglio? Certamente doveva esserne consapevole oppure si deve pensare che abbia fatto promesse senza nemmeno conoscere le regole con le quali andava a cimentarsi.

Per altro va considerato che anche il Presidente della Repubblica ha ben scarsi poteri, eppure Napolitano ha saputo fare della sua carica uno strumento di guida e indirizzo preminente in uno dei momenti più difficili per la nazione. Viene da pensare che non si tratti di un problema di poteri ma piuttosto di capacità, moralità e autorevolezza.

La seconda ragione dell’insuccesso di Berlusconi viene indicata nel tradimento o nel freno posto da alleati e sodali di governo o maggioranza; per intenderci da Fini a Bossi, a Tremonti e così via.
Ma quei personaggi sono sati selezionati da Silvio stesso. Dovremmo pensare che un uomo delle sue qualità non abbia saputo scegliersi bene i compagni di viaggio? E quand’anche le opzioni fossero state obbligate per formare maggioranze, dovremmo ritenere che un uomo come lui non abbia saputo gestire al meglio quegli alleati riottosi? Una persona banale come noi certamente avrebbe fallito ma una eccezionale di sicuro, no.

La terza motivazione a discarico è affidata al fatto che non è colpa di Berlusconi questa crisi finanziaria prima, ma ora economica, che sta travolgendo mezzo mondo e preoccupando l’altra metà.
Non c’è dubbio: la crisi non è colpa di Silvio.
Ma la questione è un’altra: per mesi, quasi due anni, molti in Italia e tutti nel mondo lanciavano avvisi via via più disperati affinché il governo italiano adottasse tempestive misure per fronteggiare i problemi che si stavano addensando sull’Italia, minacciosi e distruttivi.
Le prove del loro imminente abbattersi erano molte: la recessione della Grecia e poi dell’Irlanda e del Portogallo e della Spagna.
Ma il nostro governo, nulla. “Siamo tra i paesi più virtuosi del mondo” ci diceva Silvio, “ Non abbiamo bisogno di alcuna manovra”. Subito dopo, invece, gli è stato necessario approntarne una disperata e raffazzonata, in soli tre giorni, per la immensa somma di 80 miliardi di euro, a evidente riprova che c’era grande bisogno di agire e farlo tempestivamente. Ma ormai era tardi. Ed è dovuto poi intervenire un medico spietato per cercare di porre rimedio, senza tante sottigliezze, alle ferite che Silvio aveva lasciato andare in suppurazione e che ancora oggi son lontane dal guarire.

Un’altra valutazione condivisa sull’uomo è la “disinvoltura” del suo comportamento privato. Qui l’assoluzione nasce da un concetto strabiliante: “Ognuno a casa sua fa quello che gli pare”. Ma siamo impazziti?
Forse che uno, perché sta a casa sua, può picchiare la moglie (o viceversa)? Può avere rapporti con una minorenne? Se andate ospiti a casa di un amico, trovate corretto che veniate malmenati e derubati perché stavate a “casa sua”?
Sarà forse opportuno far comprendere in fretta che la maggior libertà di cui si gode a casa propria non va molto oltre la possibilità di andarsene in giro in mutande.
Sempre a discolpa di Silvio, si è detto “non si guarda dal buco della serratura” e comunque “un leader si valuta in base alle sue qualità pubbliche e non ai suoi comportamenti privati” .
Anche qui c’è da rilevare come siam tutti d’accordo, sostenitori e detrattori, che i comportamenti privati (a volte anche quelli pubblici) di Silvio suscitano più di qualche perplessità.
E’ difficile credere che tanti padri, madri e nonni elettori del centrodestra considerino alcune sue condotte, specie nei rapporti con le giovani, pienamente indifferenti ai fini di una valutazione complessiva; mentre c’è da restare sconcertati per quanti traggono, dagli stessi modi di fare, ulteriori motivi di approvazione e fiducia.

Credo si possa convenire sul fatto che l’elettorato non impone al politico di candidarsi ma se questi lo fa, deve sottoporre i suoi atti, anche quelli privati, al giudizio di tutti, perché su tutti egli ha il potere immenso di determinarne la stessa vita privata, il futuro, le risorse economiche, la sicurezza, la libertà eccetera. E quindi l’eletto deve poter essere giudicato anche (se non soprattutto) per i suoi comportamenti privati. Da essi è possibile, ad esempio, valutare se sia adatto a formulare una normativa corretta sulla tutela morale delle giovani donne.

Un ultimo grave ostacolo al mantenimento delle promesse fatte da Silvio, sono considerati i Pubblici Ministeri “politicizzati”.
In realtà non tutti i PM ma solo quelli della procura di Milano. Veramente non solo quelli di Milano ma anche delle altre, molte procure d’Italia che lo hanno inquisito o avviato a giudizio. A dirla tutta non solo questi PM ma anche quelli che hanno proceduto contro eminenti personalità del suo partito, come, ad esempio Papa, Dell’Utri, Cosentino costringendo, da ultimo, Silvio alla loro “ingiusta” esclusione dalle liste elettorali.
Dunque par di capire che i PM ( i quali qualche eccesso lo hanno certamente compiuto) agiscano sempre per motivi politici ogni volta che si occupano di Berlusconi e dei suoi. Con la conseguenza che costoro godono di un salvacondotto speciale (e dirompente per lo stato di diritto). Essi quindi potrebbero essere indotti ad infrangere la legge a loro piacimento, in quanto ogni iniziativa giudiziaria a proprio carico sarebbe inficiata dalle motivazioni politiche degli organi inquirenti e anche dei giudicanti qualora non decidessero a favore (come le “comuniste” che hanno stabilito l’ammontare degli alimenti nella causa di separazione con Veronica Lario).

Insomma, per trarre le conclusioni, il bilancio della “discesa” di Berlusconi è fortemente in perdita per gli italiani, le loro attese sono andate deluse.
Pensavamo di poterci giovare delle stesse prebende delle sue società commerciali che avevano visto incrementare gli occupati, migliorare l’organizzazione e aumentare gli stipendi.
Allo stesso modo ci aspettavamo maggiore occupazione per l’Italia, e invece è diminuita (e crollata quella giovanile).
Ci attendevamo una superiore organizzazione amministrativa dello Stato che, invece, continua ad essere una macchina burocratica pachidermica.
Eravamo certi di un sensibile miglioramento delle nostre condizioni economiche e al contrario siamo più poveri; spesso molto, molto più poveri. A questo ultimo riguardo sia consentita una riflessione, certamente polemica, ma sempre legata ai fatti, anzi ai numeri.
Mentre, in 18 anni, la ricchezza degli italiani è di gran lunga diminuita al contrario, quella di Berlusconi, che nel 1994 era di 161 milioni di euro, è valutata nel 2012 pari a circa 3 miliardi.
Si è cioè incrementata di 400.000 euro al giorno.

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