Il decreto con la riforma del processo civile non piace. Il presidente dell’Associazione italiana dei giovani avvocati parla di “macellerie giudiziaria e negazione dello Stato di diritto”, mentre il Consiglio nazionale forense presenterà a giorni un dossier sulla materia.
«Il Governo Monti ha deciso di smantellare il processo civile, danneggiando i cittadini ad esclusivo vantaggio dei poteri forti, che hanno strumenti e risorse per affrotnare l’irrazionale aumento dei costi per accedere alla giustizia – ha affermato Dario Greco, presidente Aiga – è stata infatti introdotta una norma di estinzione automatica di tutti i processi in appello ed in Cassazione pendenti da più di 3 anni, senza avviso alle parti ed è stata prevista una multa per chi non vuole pagare le altissime spese di mediazione».
I giovani avvocati chiedono quindi al governo un incontro in tempi rapidi per esporre le proprie ragioni, annunciando anche manifestazioni di protesta «per contrastare le vere lobbies economiche che pensano di avvantaggiarsi dall’attuale crisi finanziaria».
Il decreto legge del Governo sul processo civile è l’ennesimo concentrato di norme-tagliola adottate in spregio al diritto costituzionale di difesa, ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense preannunciando un Dossier che «non concede sconti nel giudizio sull’ultimo provvedimento che incide sul codice di procedura civile approvato in gran fretta, e silenzio, dal Governo Monti».

«Il decreto è ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma scontato il condizionale d’obbligo per un testo non ancora ufficiale, le osservazioni del Consiglio non possono risparmiare fendenti. Al di là dei dubbi circa i requisiti di necessità e urgenza che impongono una nuova revisione del codice di procedura civile, in una corsa in cui il legislatore insegue sé stesso da luglio ad oggi, l’analisi nel merito delle disposizioni sollecita pesanti critiche».
«Le norme, infatti,  evidenzia il Dossier, sono il segno di una logica volta esclusivamente alla riduzione dei costi e delle pendenze senza attenzione alcuna – ed anzi in spregio – del valore costituzionale del diritto di azione.
La norma che stabilisce che la condanna alle spese non possa superare il valore della lite  serve, in buona sostanza, ad impedire che il cittadino impugni una multa o una sanzione amministrativa.
In pratica, può accadere che il cittadino che magari impugna una sanzione amministrativa abnorme e ne ottiene l’annullamento non otterrà dal giudice la condanna dell’ente che ha errato a rifondere tutte le spese sostenute, ma dovrà pagarsi l’avvocato da solo. 
Alla stessa logica di abbattimento indiscriminato della domanda di giustizia è ispirato l’articolo che dispone l’estinzione dei giudizi di impugnazioni pendenti da più di tre anni alla data di entrata in vigore del decreto a meno che non pervenga alla cancelleria del giudice competente una dichiarazione appositamente sottoscritta dalla parte e autenticata dal difensore che attesti la permanenza dell’interesse alla trattazione. Senza che dalla stessa cancelleria arrivi un  qualsiasi avvertimento. Migliaia di cittadini vedranno silentemente sfumare la possibilità di ricevere giustizia pagando lo scotto del disservizio dell’amministrazione della giustizia, incapace di assicurare un processo di ragionevole durata e che, per tale motivo, decide di farli morire.
Altre considerazioni fortemente critiche sono spese sul tema della risoluzione del sovra indebitamento di presone fisiche e piccole imprese, sull’ampliamento delle ipotesi di esonero dall’onere di difesa tecnica di fronte al giudice di pace; l’abrogazione; sull’irrigidimento della condanna per il caso di mancata partecipazione al procedimento di mediazione».

Dossier Cnf

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