Un interessante dossier di Palazzo Madama offre lo spunto per fare alcuni paralleli; in Francia si paga la tassa sull’immobile anche se si è inquilini, in Germania il cuneo fiscale è diviso in quattro scaglioni… tante però le detrazioni fiscali.
Nelle quasi trecento pagine di documento, duecentosessanta sono dedicate al provvedimento sul Fiscal compact e si ricordano le indagini della commissione Finanze del Senato, davanti alla quale il presidente dell’Istat Giovannini, disse che il sommerso economico era stimato in una forbice compresa tra 255 e 275 miliardi di euro, ovvero tra il 16,3% e il 17,5% del Pil.
Uno studio della Banca d’Italia mette nero su bianco più o meno le stesse cifre: l’incidenza media dell’economia sommersa è pari al 16,5% del Pil (per chi avesse tempo e voglia, le 295 pagine sono disponibili in allegato).
E ancora, per quanto riguarda la riforma del catasto, il dossier ricorda che più di una volta il legislatore ha messo mano all’argomento, senza mai riuscire a portare a compimento alcunché. Il 4 giugno scorso, inoltre, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Befera, di fronte alla commissione delle Finanze di Palazzo Madama ha sottolineato che la riforma del catasto “è un’attività assolutamente straordinaria e quindi non può essere svolta ricorrendo alle attuali disponibilità di risorse umane e finanziarie dell’Agenzia”. Tradotto in soldoni significa: se non mettiamo risorse ed energie anche su altri fronti, a partire dagli Enti locali in su, anche questa volta si finirà per fare l’ennesimo buco nell’acqua.
Ma veniamo alle tasse. Troppe tasse, ha detto anche l’ex premier Mario Monti parlando della legge di Stabilità, e su questa battuta si è già detto di tutto e di più.

In Francia l’imposta sul reddito delle persone fisiche è divisa in cinque scaglioni: nessuna imposta per redditi minori a seimila euro, il 5,5% da sei a 12 mila euro, il 14% da 12 mila a 26 mila, il 30 % da 26 a 70 mila ed infine il 41 % da 70 mila euro annui in su.
Marie, infermiera a Parigi conferma: “paghiamo le tasse in base al reddito e alla situazione familiare e le detrazioni in busta paga possono arrivare al 50%”.
Il meccanismo del quoziente familiare è disciplinato dagli articoli 194-195 del Code général des impôts secondo il quale il contribuente è assoggettabile all’imposta calcolando l’insieme degli utili e dei redditi dei membri della famiglia fiscale, composta dal contribuente, dal coniuge, dagli eventuali figli minori, nonché dalle eventuali persone invalide conviventi a carico.
Il quoziente familiare è il risultato della divisione del reddito complessivo del foyer fiscal per il numero delle quote che ad esso spettano. Il numero delle quote incide in modo considerevole nel determinare l’imposta sul reddito da liquidare. Ad esempio un celibe (o divorziato o vedovo) senza figli a carico ha una quota, un celibe o divorziato con due figli a carico ha due quote, un coniugato o vedovo con un figlio a carico ha 2,5 quote, via via crescendo dove però si registra uno scarto di una quota in caso di persona coniugata o divorziata.
Esiste inoltre l’imposta sul patrimonio: dal 2011 la patrimoniale vera e propria è stata alleggerita andando a gravare sulla trasmissione del patrimonio ed introducendo una tassa di solidarietà sul patrimonio alla quale sono tenute le persone fisiche o le coppie in base al patrimonio netto che comprende beni immobili, attivi professionali, beni mobili e altri beni materiali come gioielli, cavalli, automobili, yatchs barche, aerei da turismo etc, più titoli come buoni del tesoro, buoni di risparmio e varie.
“Paghiamo inoltre una tassa – continua Marie – su ogni alloggio o casa abitata, più un’altra in caso di proprietà dell’immobile”; i cugini d’oltralpe infatti, sono tenuti al pagamento di una speciale imposta chiamata tassa d’abitazione. E la cosa non li scandalizza.
Per quanto riguarda le imprese, dal 2011 in poi è stata approvata una riforma della fiscalità che prevede un’imposta sul reddito d’impresa, sugli immobili, sulla formazione professionale, sull’apprendistato, sui piani di costruzione edile, nonché una tassa fissa e un contributo economico territoriale.
Le società possono optare per un regime d’integrazione fiscale, regime di gruppo, che permette alla società madre di pagare l’IS (imposta sulle società) sull’insieme degli utili delle sue filiali controllate almeno al 95% del capitale.
Per cifre annuali superiori a 7.630.000 euro la tassa è del 33,33%, in caso di ricavi superiori c’è un’addizionale del 3,3% sull’eccedenza. Per cifre minori il tasso d’imposta parte dal 15% sugli utili per i primi 38 mila euro fino al 33%. (con un meccanismo diversificato tra capitale versato dagli associati e detenuto per almeno il 75% da persone fisiche).
C’è però anche una imposta forfettaria annuale che va pagata anche in assenza di utili di impresa.
Anche le imprese, come le famiglie, sono tenute alla tassa sui beni immobili di cui sono proprietarie.
Esistono poi imposte dirette per le imprese, la tassa di rischio sistemico sulle banche, una tassa eccezionale a carico delle imprese petrolifere, e quella sulle plus-valenze.
E ancora ci sono le tasse locali e la fiscalità ambientale.
L’IVA ha diverse aliquote: si parte dal 5,5% per prodotti di prima necessità, il 7% per quelli non di prima necessità, ma c’è anche il 2,1% per determinate prestazioni come l’ingresso alla prima di uno spettacolo particolare o per determinati prodotti farmaceutici. Per tutto il resto l’Iva è fissata al 21,20%.
Infine nel 2012 è stata introdotta la tassa sulle transazioni finanziarie che ha come obiettivo quello di assicurare una giusta partecipazione del settore finanziario allo sforzo di contenere i conti pubblici.
Di diverso però, c’è tutto il sistema di incentivi fiscali: secondo uno studio del KPMG la Francia già nel 2008 era al 2° posto per le attività di Ricerca e Sviluppo. Il dispositivo del rimborso immediato del credito d’imposta per la ricerca è stato infatti rafforzato nel 2009-2010 a sostegno delle imprese che fanno innovazione ed è stato non solo più volte prorogato ma esteso alle PMI in difficoltà economica.
Ci sono poi altri incentivi fiscali per le PMI in stato di crisi localizzata in aree particolari e per altre tipologie di piccole e medie imprese.
Tanto per deprimerci un po’ bisognerebbe inoltre parlare dei Prestiti a tasso zero, creati nel 1995 per favorire l’accesso alla prima casa, sostituito nel 2011 del Prestito a tasso zero rinforzato…

In Germania, l’imposta sul reddito delle persone fisiche è nulla fino a 8000 euro annui, sale poi al 14% da 8 mila a 52 mila, al 42% da 52 mila a 250 mila e al 45 % oltre i 250 mila euro.
E’ prevista un’addizionale di solidarietà del 5,5%.
Le entrate derivanti dall’imposta sul reddito spettano alla Federazione, ai Länder e ai comuni. Questi ultimi ricevono il 15% del gettito dell’imposta sul reddito, mentre il restante 85% è diviso a metà (42,5% ciascuno) tra il Governo federale e i governi dei singoli Länder. Responsabile dell’accertamento e del prelievo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è l’ufficio delle imposte (Finanzbezirk) del distretto in cui è domiciliato il contribuente.
Le proprietà immobiliari, sia possedute a titolo privato sia appartenenti al patrimonio aziendale, sono soggette all’imposta locale applicata al valore fiscale dell’immobile. L’imposta è calcolata  applicando all’aliquota base dello 0,35% un moltiplicatore che varia, a seconda delle zone, dal 280% all’810% (!). L’imposta sugli immobili è deducibile dall’imposta sul reddito e dall’imposta  locale sugli affari.
IVA: quella ordinaria è del 19%, una ridotta del 7% è riservata ad alcune tipologie come la fornitura di cibo, bevande a base di latte e latte, libri e giornali, trasporto pubblico sotto i 50 km, attività legate al diritto d’autore, prestazioni ortodontiche, biglietti per concerti e spettali o altre manifestazioni artistiche. Sono del tutto esenti dall’IVA forniture verso paesi extraeuropei, ad aziende comunitarie, vendite e servizi riguardanti assicurazioni, scommesse, lotterie e servizi postali, servizi bancari per individui, trasporto aereo e marittimo, affitto e cessione di terreni, attività mediche.
Ma sono esentate dall’IVA anche le piccole aziende il cui fatturato non abbia superato i 17.500 euro.
Secondo i dati dell’Istituto federale di Statistica, le entrate derivanti dalla riscossione dell’IVA nel 2010 hanno raggiunto i 136 miliardi di euro: un quarto delle entrate fiscali tedesche.
Sempre secondo le statistiche a contribuire alle entrate fiscali tedesche sono anche gli introiti derivanti dalla tassa sui combustibili: 40 miliardi di gettito nel 2010. In ordine di incidenza arrivano poi la tassa sul tabacco, quella sull’energia, quella sui superalcolici e sul caffè.
C’è poi la tassa sulla birra, l’unica ad essere riscossa dai Länder che produce un gettito di 700 milioni di euro.
Janka, libera professionista, vive a Jena, in Turingia, e dichiara di pagare ogni anno pochissime tasse ma non perché evade, elude o chissà quale altra attività illecita si inventa. Semplicemente reinveste. “Posso dedurre le spese per tutto quello che riguarda la mia attività, dal computer al telefono alla mobilia dell’appartamento che uso come studio”. Semplice e l’economia gira…

Nel Regno Unito si paga l’Income Tax, spiega Alessandro, lavoratore dipendente a Londra che è la nostra Irpef. Quattro gli scaglioni di reddito: da zero a 2.500 sterline si paga il 10 % sui redditi da capitale, da zero a 35 mila sterline il 20 % sui redditi diversi da capitale, il 20% su quelli da capitale e il 10 % sui dividendi; da 35 mila a 150 mila sterline il 40 % sui redditi da capitale e da quelli diversi e il 32,5% sui dividendi. Oltre le 150 mila sterline il 50% sui primi due e il 42,5 % sui dividendi.
Il datore di lavoro paga un ulteriore contributo alla National Insurance per ogni impiegato.
La manovra finanziaria dal 2010 ha innalzato al 28 % l’aliquota sulle rendite finanziarie per i percettori di redditi elevati mentre per gli altri la tassa sui capital gains è del 18%.
Anche le società sono soggette alla capital gains oltre a pagare la Corporation tax sugli utili.
Ma anche in questo caso ci sono agevolazioni come l’abbassamento dal 28% al 24% nell’arco di quattro anni a partire dal 2011, il tutto per creare le condizioni per la ripresa economica, mentre le piccole imprese, con profitti fino a 300 mila sterline l’aliquota è ridotta al 20%.
Per quanto riguarda l’IVA, quella ordinaria è del 20 %, prevista un’aliquota ridotta del 5% per servizi come i sedili auto per bambini, il carburante ad uso domestico, materiale e istallazioni a risparmio energetico, riscaldamento, fornitura di gas, ristrutturazioni immobili, prodotti sanitari femminili.
Sono addirittura esenti da IVA i prodotti per l’infanzia, libri e giornali, alimenti, locazione di terreni e fabbricati, servizi di istruzione ed educazione, servizi medici, servizi postali forniti dalla Royal Mail.
Alessandro poi sottolinea che, come da noi, si pagano tasse comunali per i servizi urbani che dipendono dal valore catastale della casa in cui vivi, sia che tu sia proprietario, che affittuario.
Non ci sono tasse di proprietà su immobili, solo quella sul valore di acquisto al momento della compravendita.

In Spagna le aliquote IRPEF erano sei fino al 2011 tra il 2012 e il 2013 sono salite a sette con un ritocco in alto delle aliquote che attualmente risultano queste:

Reddito in euro

aliquota

Da 0 a 17.707,20

24,75%

Da 17.707,21 a 33.007,20

30,00%

Da 33.007,21 a 53.407,20

40,00%

Da 53.407,21 a 120.000,20

47%

Da 120.000,21 a 175.000,20

49%

Da 175.000,21 a 300.000,20

51%

Oltre 300.000,20 euro

52%

La patrimoniale è stata in un primo momento soppressa (2008), poi mantenuta con carattere temporaneo tra il 2011 e il 2012, quindi sarà di nuovo abolita.
La tassa grava sui contribuenti con redditi superiori a 700 mila euro con un’esenzione di 300 mila euro per il valore dell’abitazione principale ed è applicata con aliquote tra lo 0,2% e il 2,5%.
Per quanto riguarda le imprese, quelle con fatturazione minore a 10 milioni di euro hanno un’aliquota del 25% per una base imponibile fino a 300 mila euro, per quelle fino a 5 milioni con meno di 25 dipendenti ci sono aliquote ridotte del 20 % e del 25%.
Si paga un’imposta sugli immobili dovuta sia dalle persone fisiche che da quelle giuridiche proprietarie e l’aliquota varia a seconda del Comune.
Al Comune è dovuta anche la tassa sulle attività economiche di persone fisiche e giuridiche che consiste in un importo forfettario stabilito dall’ente territoriale competente.
Tre le Aliquote dell’IVA: il 18% quella ordinaria, l’8% per prodotti alimentari, sanitari e trasporto passeggeri, il 4% per i prodotti di prima necessità.
Da quasi 20 anni, inoltre è in vigore l’imposta sui trasferimenti patrimoniali che prevede tre aliquote, il 7% per i beni immobili, il 4% per beni mobili e semimobili, l’1% per diritti reali di garanzia, prestiti e cessioni di credito.
In Spagna, le Comunità autonome godono di autonomia finanziaria, con passaggi statali: è stato ad esempio ceduto interamente alle comunità autonome il gettito relativo all’imposta sul patrimonio, sulle successioni o donazioni, quella sui trasferimenti patrimoniali, la tassa sulla vendita al dettaglio degli idrocarburi e i tributi su giochi e scommesse.

Populismo e qualunquismo
In linea di massima non si può dire che i “colleghi” europei siano meno tassati di noi.
Quasi tutti pagano la tassa sugli immobili, compresa la prima casa e nessuno si scandalizza.
Vero è che da loro funzionano meglio incentivi, defiscalizzazioni ma soprattutto i servizi. Pagano ma possono pretendere, dalla sanità alla scuola, ai servizi di prossimità dei vari enti locali.
C’è un meccanismo che funziona forse perché ciascuno, a partire dai dipendenti, siano essi comunali, statali, privati, fanno il loro dovere, perché esiste e si pretende una certa professionalità.
Forse perché gli stipendi sono mediamente più alti che da noi, forse perché non esistono stipendi d’oro per i manager di partecipate statali, forse perché nessuno (a parte manager di aziende private) guadagna più della più alta carica dello Stato, neanche i presidenti di Authority, presidenti di Corti varie e così via.
Forse perché non c’è la consuetudine ad andare in pensione con il massimo anche se non è dovuto: vedi i presidenti della Corte costituzionale, puntualmente scelto tra i più anziani così che si possa andare a riposo con il massimo, vedi gli ufficiali delle forze armate che se ne vanno con il grado superiore, vedi i manager delle partecipate (statali!) che prendono liquidazioni da sogno anche se le imprese poi vanno a rotoli. E sempre lo Stato deve correre ai ripari per tappare le falle.
Ma questo è qualunquismo.
Dossier Senato n. 1052, Fiscal Compact

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *