Qualche giorno fa il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato un sassolino, nemmeno troppo piccolo, nello stagno del dibattito economico mondiale.
L’idea è contenuta in un riquadro apparentemente marginale del Fiscal Monitor, pubblicazione periodica che si occupa di tassazione e bilanci pubblici, ma non è certo passata inosservata.
In poche parole, il Fondo descrive la possibilità di una tassa sulla ricchezza come strumento per tagliare in modo drastico l’ammontare del debito pubblico. Il prevedibile polverone che si è sollevato successivamente è stato smorzato via twitter dallo stesso FMI, chiarendo che il box incriminato intendeva solamente descrivere un meccanismo economico e non fornire alcun tipo di indirizzo politico.
Ad ogni modo, la vicenda merita un approfondimento sul tema della “patrimoniale”, questione mai sopita che genera sconcerto in Europa ed orrore nell’America liberista.
Il testo, a ben vedere, non invita certo i governi a ragionare su una simile disposizione, tuttavia lascia intendere che forse non sarebbe la soluzione più dolorosa per riportare i conti pubblici su un binario sostenibile.
«Il netto deterioramento delle finanze pubbliche in molti Paesi», afferma il Fondo, «ha riacceso l’interesse verso un “prelievo di capitale” – una tassa una tantum sulla ricchezza privata, come misura eccezionale per ripristinare la sostenibilità del debito». Gli autori sostengono che i rischi maggiori di tale misura, in primis la fuga di capitali, possono essere scongiurati nel caso in cui l’applicazione avvenga in modo repentino, uniforme e soprattutto rassicurando i risparmiatori sull’unicità dell’evento, che non si verificherà una seconda volta.
Secondo le stime, nell’Eurozona il prelievo necessario a riportare il debito sui livelli pre-crisi dovrebbe corrispondere al 10% del risparmio totale. Il Fondo ricorda poi che misure simili sono state già messe in atto in situazioni particolari, quali gli anni successivi alla seconda guerra mondiale in Germania e Giappone.
Pur non privilegiando in modo esplicito la patrimoniale, il Fondo invita a riflettere sulle condizioni imposte da altri due metodi di abbattimento drastico del debito pubblico, ovvero il ripudio (mancato rimborso) e l’utilizzo della leva inflazionistica.
La differenza tra le soluzioni riguarda sostanzialmente i soggetti che sopportano l’onere e la percezione d’impoverimento: la patrimoniale colpisce tutti i risparmiatori in modo eguale (con un prelievo fisso percentuale), mentre negli altri due casi occorrono valutazioni specifiche. Il ripudio di una parte del debito l’hanno appena sperimentato i creditori della Grecia, mettendosi di fatto d’accordo sulla perdita.
A pagare sono stati soprattutto gli istituti bancari, grande maggioranza dei creditori, che comunque hanno beneficiato dei prestiti quasi gratuiti della BCE. In assenza di un accordo preventivo, il fallimento di uno Stato avrebbe causato la bancarotta dei creditori più esposti, per cui alla fine anche piccoli risparmiatori ne avrebbero risentito: misurare le conseguenze di un evento simile è un esercizio notevolmente complesso.
Anche la seconda alternativa, ossia l’aumento dell’inflazione per mezzo della politica monetaria, è già stata messa in pratica nei decenni scorsi, ad esempio in Italia negli anni ’80. Il finanziamento del debito attraverso la creazione di nuova moneta, infatti, genera la crescita dei prezzi ed il conseguente aumento dei salari.
A guadagnarci sono tutti i debitori, non solo lo Stato: i mutui, ad esempio, diventano sempre più leggeri man mano che l’inflazione aumenta. Si tratta tuttavia di un’illusione, poiché il potere d’acquisto rimane invariato, ma può anche peggiorare nel momento in cui l’aggiustamento delle retribuzioni non sia perfettamente agganciato all’inflazione.
I pericoli derivanti da questo fenomeno sono ben noti: uscire da una spirale inflazionistica non è affatto semplice e proprio per questo motivo la BCE, condizionata dalla Germania, nutre una profonda avversità verso tale meccanismo, sancita dallo stesso statuto.
Le tre misure esposte hanno un tratto comune piuttosto allarmante: sono particolarmente drastiche e servono per tagliare il debito in modo immediato, da un giorno all’altro.
Il Fondo, in pratica, sembra sottintendere che sia impossibile ridurre il debito pubblico ai livelli pre-crisi attraverso gli interventi “ordinari”, prescritti come cura ormai da diversi anni.
Emergono dunque notevoli contraddizioni rispetto alle politiche di austerity supportate con forza dal Fondo stessi, in Grecia ma non solo, per cui i tagli alla spesa o gli aumenti fiscali non sono ritenuti sufficienti per raddrizzare i conti pubblici allo sbando.
Questo sospetto trova un riscontro proprio nella vicenda ellenica, dove gli enormi sacrifici imposti alla popolazione, tra cui ultimamente la chiusura dell’Università di Atene, potrebbero esser stati un inutile palliativo, visto che alla fine il debito è stato rinegoziato comunque.
D’altra parte i tecnici sembrano non credere più nemmeno in una eventuale e salvifica ripresa del PIL, che possa abbattere il debito agendo sul denominatore del rapporto.
Occorre sottolineare che la crescita insostenibile del debito pubblico, di cui l’eventuale introduzione di una patrimoniale è semplicemente un estremo rimedio, non è un problema esclusivo dei maldestri paesi mediterranei.
A ben vedere, soprattutto alla luce della vicenda sul tetto del deficit che ha scosso gli Stati Uniti durante le ultime settimane, i rischi più grandi giungono proprio dall’America e dal Regno Unito, per via del loro peso specifico nello scacchiere mondiale. Il governo di Obama si appresta, anche quest’anno, ad approvare un rapporto deficit/PIL che sfiora il 4%, comunque in miglioramento rispetto alle ultime chiusure di bilancio. I forti disavanzi statunitensi, che sarebbero stati impossibili nella zona Euro, stanno dando i loro frutti, visto che il PIL è tornato a crescere velocemente, agevolati dalla tripla A attribuita dalle agenzie di rating e mai seriamente messa in discussione.
Lo stesso discorso vale per il Regno Unito, dove tuttavia il reddito è più basso ed il disavanzo maggiore. Nel momento in cui si insinuasse il dubbio che questi paesi possano potenzialmente diventare inadempienti, il ricorso a misure stringenti quali la patrimoniale potrebbe davvero prendere forma.
L’analisi del Fondo richiama, infine, una vaga idea piena emergenza economica, per cui anche una misura così controversa come una tassa sui risparmi privati può essere sdoganata.
Il brano cita, come esempi di patrimoniale, l’Europa del primo dopoguerra e la Germania di fine anni ’40, paragonando implicitamente gli effetti economici della crisi attuale a quelli di un devastante conflitto planetario.
Il parallelo deve far riflettere, nonostante la trattazione asettica da manuale di teoria economica, in quanto l’occidente è finito nel baratro senza il rumore delle armi e senza nemmeno aver riconosciuto con chiarezza il nemico. A causa di questa inconsapevolezza, uscirne sarà, forse, ancora più difficile: a mancare è il coraggio delle scelte drastiche, che nasce da una situazione disperata.
Magari ci siamo dentro, ma si fa finta di non vedere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *