Uno dei tanti dettagli che colpiscono del testo di Behring Breivik è non solo la sollecitazione a condividere tramite i social network il suo lavoro dal sobrio titolo: “2083: Dichiarazione dell’Indipendenza dell’Europa” e dalla mole smisurata (1550 pagine compreso un glossario), ma la frase “I hope you enjoy it” come se si trattasse di un romanzetto da leggere sotto l’ombrellone.

L’auspicio dell’autore è assolutamente in linea con la società dello spettacolo in cui la guerra all’Islam ha trovato la migliore collocazione. Del resto, nella parte finale del volume, le intraprese di cavalieri templari che salvano la cristianità sono di certo spettacolari, come pure le azioni americane & alleati dai titoli kolossal: “Shock e Awe”.

In clima di spettacolo, molto divertiti erano i giornalisti del programma radiofonico “la Zanzara”, dove si invita espressamente il peggio della politica, trascinando temi che avrebbero bisogno di approfondimento, verso il basso. In questo contesto, il leghista Borghezio noto per le sue esternazioni banalmente violente, ha affermato che il carnefice di estrema destra, Breivik, ha ragione. Non ha mai detto che ha ragione a uccidere o a programmare la morte di centinaia di persone, ha detto solo di condividere il suo pensiero.  

Incredibile, ma si sono dissociati e indignati tutti. Calderoli per primo, cioè quello che fa orinare i maiali sulla spianata dove si vuole costruire la moschea, e quello della maglietta con vignetta su Maometto che causò la morte di 10 persone in Libia, premiato poi con il ruolo di ministro. Il povero Borghezio messo alle strette, si è dovuto scusare dicendo: “che però sono le idee di Oriana Fallaci”. E è vero anche questo. Ma gli è andata anche peggio. Perché il leghista ormai capro espiatorio è per questo pure indagato. E colmo dei colmi c’è anche chi ne chiede le dimissioni.

In realtà è stato l’unico politico italiano a mostrare coerenza rispetto al suo partito di riferimento, e a tutto il centro destra.

Del corposo testo di progetto politico per la libertà dell’Europa, chiamato “compendio” dallo stesso autore (cioè alla lettera: trattazione breve di un argomento) e messo in rete, emerge con chiarezza la coincidenza di idee con quelle dell’attuale centro destra italiana e la destra europea in genere. Si deve arrivare a pagina 846 per trovare una differenza: “usare il terrore come metodo per risvegliare le masse”.   E appunto questa definizione iscrive il personaggio nel ruolo di “ terrorista” essendo il terrorismo una tecnica, una strategia e non la prerogativa di una religione.

Uno dei tratti che accomunano Breivik al centro destra italiano (e europeo in genere) e in particolare alla Lega è la mancanza di strumenti per capire l’epoca post moderna.
Per dirla con lo scrittore Antonio Scurati (“Gli anni che non stiamo vivendo”, Bompiani 2010) provano “panico morale” al quale rispondono con l’esaltazione del comunitarismo, o col timore di ascoltare istanze e rivendicazioni di femministe e omosessuali percepite innanzitutto come minacce della propria identità sessuale.

Breivik come un Giovanardi, un Lupi, un Buttiglione, un Ferrara, Feltri o Sallusti qualunque ha il panico delle donne che decidono per sé, compresa la maternità. A pagina 1141 infatti fa il punto sull’importanza della riaffermazione della società patriarcale. E dove sarebbe la differenza con la politica italiana? Come se mettere le donne in condizioni di non lavorare, dato evidente ovunque nelle ultime manovre del governo, non significasse la stessa cosa affermata di Breivik. E come se scrivere editoriali sull’importanza di essere belle, o su “al Pd non piace la gnocca”, fosse privo di significato. Certo, poi il terrorista arriva alla considerazione estrema di “uccidere le donne sul campo di battaglia”. Ma del resto questo avviene in ogni guerra. E fin troppe sono le violenze subite dalle donne appunto come conseguenza di società a vocazione patriarcale.

Inoltre il neo liberismo economico esaltato appunto da tutto il centro destra italiano, e dallo stesso terrorista di Oslo, il guadagno senza regole di pochi a discapito di molti, l’omologazione mediatica alla Murdoch-Berlusconi, la stereotipizzazione di realtà complesse (rese così facili da dominare), l’odio feroce per la cultura, la tendenza a monetizzare tutto e tutti fino alla cancellazione dell’individuo hanno generato una percezione di perdita culturale e identitaria alla quale si dà ottusamente il nome di Islam o confusamente di globalizzazione come se quest’ultima non si nutrisse in particolare della chiusura che loro stessi propugnano.

Così, come per Breivik, l’incapacità di cogliere le trasformazioni attuali e l’angoscia che queste generano è proporzionale al proliferare di simboli antichi riappropriati in chiave attuale, riti pagani, maghi e fattucchiere, operazioni di chirurgia plastica fino all’auto cancellazione del proprio specifico, manipolazioni di “valori cristiani” usati come armi. La retorica della “ vita” a fronte di un disprezzo continuo per le classi più disagiate.

Il blogger Daniele Sensi raccoglie una serie significativa di interventi a radio Padania che sembrano usciti dal compendio Breivik, anche nel proposito violento:

– “Il solo errore di Breivik è stato quello di uccidere altri norvegesi: doveva indirizzare diversamente il fucile”;

‎- “Dietro certe donne che con tutti i giovani che ci sono qua vanno a prendersi i negri e i marocchini c’è un deliberato piano mondialista di invasione dell’Europa” ;

– “Non c’è più tempo per continuare la trasmissione perché il regista mi dice che deve andare a comprare 6 tonnellate di fertilizzante”;

-“Quali sono le mani più sporche di sangue: quelle del pazzo di Oslo o quelle di chi lascia entrare i clandestini assassini”.

-“E’ l’eccessiva apertura mondialista della nostra società, la mancata salvaguardia della libertà di fede cristiana, che automaticamente fa scattare negative forze avverse come quella scatenatasi in Norvegia”.

Se questa è la “base” che non viene mai guidata, ma ascoltata e assecondata come fa ogni partito populista per consolidare il proprio potere, il vero pericolo proviene però dall’ottusità con cui si manipola il “terrorismo islamico”.

Un ruolo centrale nella narrazione anti Islam ce l’hanno gli “ esperti di terrorismo”, che come astrologhi leggono oscuri presagi, mentre tutto avviene altrove, e praticamente mai come dicono loro. In Italia abbiamo il servizio permanente di Fiamma Nirenstein. Ma altrove non si scherza. Anche quando sono smentiti dai fatti, proprio come l’oroscopo che non si avvera e continuano tutti a consultarlo, gli “esperti”, eccoli che si ripropongono più facondi che mai. Stavolta anche si sono distinti per un fiasco di portata planetaria.

Ne raccoglie un bel florilegio il web programma “Arrêt sur image”.

Il giorno della tragedia, senza aspettare una sola informazione, diversi media internazionali hanno puntato il dito contro il “ terrorismo islamista”. Ipotesi rinforzata dalla assai poco credibile rivendicazione del gruppo Ansar al – Jihad al- Alami.

La Rueters spiegò subito: “La Norvegia membro dell’Onu, è stata minacciata diverse volte da dirigenti di Al Qaida per via del suo coinvolgimento in Afghanistan. [… ] Il doppio attentato di venerdì in Norvegia arriva un anno dopo l’arresto di tre uomini sospettati di essere legati a Al Qaida e di pianificare attentati nel paese scandinavo”.

Le Monde subito ha spiegato in un suo seguìto blog:
“Bomba: Al- Qaida ce l’ha con la Norvegia?”. E senza precisare né date né fonti riporta: “l’anno scorso un rapporto dei servizi segreti norvegesi rendeva noto l’aumento del rischio di attacco terrorista contro il paese, in particolare per il fatto che cittadini norvegesi sono addestrati in gruppi affiliati a Al- Qaida, in Pakistan, Yemen, Afghanistan e Somalia.”

Il più immaginifico però è Roland Jacquard, esperto francese dell’Osservatorio internazionale del terrorismo, che spiega alla stampa svizzera: “quando ci sono stati degli attentati in Svezia e Danimarca, la polizia norvegese ha partecipato attivamente allo smantellamento di una rete terrorista. Non ci si deve dimenticare che molte persone all’interno di Al Qaida vivono in Europa del Nord (… ). Le condizioni di vita gli sono più favorevoli che altrove: questi paesi non hanno la cultura dell’antiterrorismo (…). Da molto tempo alla Nato si interrogavano sulla minaccia che pesa sui paesi del Nord. E’ utile ricordare che Oslo è la città in cui è stato assegnato il Nobel della Pace a Obama. Nella mentalità degli strateghi colpire questo genere di simboli non è privo di significato (…)”. E l’esperto Jacquard, continua sibillino: “A Maggio scorso Youssef al- Qaradawi ha lasciato il Qatar per venire a fare delle conferenze in Norvegia. E’ un segnale. Se è venuto significa che c’è un forte interesse per il discorso dei predicatori.”

Anche il Financial Times ha il suo esperto di terrorismo di un think thank legato alle forze armate norvegesi. Si chiama Thomas Hegghamer:
“istintivamente collego l’accaduto al coinvolgimento in Libia”. Assicurava: “è molto probabile che si tratti di un incidente legato a Al Qaida. C’è una lunga storia di attività legate a Al – Qaida in Norvegia.

L’Unità on line non è stata da meno. Più arruffona dei colleghi internazionali cita generici “analisti” che danno ben tre ragioni “per cui Al Qaida potrebbe puntare a colpire Oslo”. Queste ragioni sono: le missioni internazionali, le vignette su Maometto, e il Mullah Krekar, tirato in ballo con un quadruplo salto di logica.

E, ovviamente, senza manco leggere una notizia di più il Giornale, Libero e il Foglio hanno riafferrato il cavallo di battaglia di sempre che condividono con Breivik. Così il Giornale: “ Sono sempre loro: ci attaccano”. Il Foglio: “Oslo sotto attacco ricorda che Al Qaida ce l’ha con la Norvegia”. Libero: “Con l’Islam il buonismo non paga. Norvegia sotto attacco”.

Le vette di stupidità sono stati gli articoli (poi tolti dalla rete) di Magdi Cristiano Allam e quello di Feltri. Il primo individua nel multiculturalismo la causa del razzismo, e quindi la reazione di Breivik una conseguenza normale, anche se non condivisibile. Perciò, se si segue la logica demenziale di Magdi Allam lo si può chiamare “sporco arabo”, imputando l’insulto razzista alle politiche multiculturali che hanno permesso che fosse accolto nel nostro paese, e non alla xenofobia coltivata da lui e dai suoi colleghi. Non solo. La collettività per nulla interessata alla sua conversione al cristianesimo, scelta personale e privata, è costretta a pagargli diversi uomini della scorta, senza essere mai stata informata su chi lo minaccia, quando, e soprattutto perché.

Feltri, se possibile, fa peggio. Senza informarsi su come si sono svolte le cose (quando mette nero su bianco la sua pensata c’erano già molteplici elementi e testimonianze) conclude che i superstiti non hanno aiutato i loro compagni. Deve aver pensato che essendo laburisti, e perciò buonisti, è logico che siano pure rammolliti. Breivik invece come hanno testimoniato molti, vestito da poliziotto, ha radunato una quantità di ragazzi, e poi ha fatto fuoco.

Antonio Socci, al solito, guarda “il vicino” per diluire al massimo le responsabilità: “se fosse stato uno di sinistra, avrebbero detto che quello che ha fatto era coerente. Perché l’ideologia di sinistra prevede la lotta armata”. Senonché Breivik non è né di sinistra né musulmano. E’ uno che dice proprio le cose che dice un qualsiasi lettore o opinionista o politico di centro destra. Anche se a differenza loro ritiene che il terrorismo sia il modo per raggiungere l’obiettivo. Qui solo sta la differenza.

L’articolo più incredibile in questo assurdo processo di dissociazione dalle idee del terrorista di destra è quello di Claudio Magris. Il grande scrittore – e lo è per certo- spende tempo e dignità per sottolinearne l’apoliticità. Si vuole relegare in uno spazio di follia apolitica uno che scrive 1500 pagine dal titolo “Indipendenza dell’Europa”, attingendo a mani basse a tutti i grandi temi al centro della retorica e della propaganda del centro destra da almeno dieci anni. Non solo. Breivik ha fatto fuoco non in un supermercato ma in un raduno politico di sinistra. Di giovani. Il nostro ci dice anche che per mettere a punto il suo compendio ha speso: “317 mila euro (130 000 spesi di tasca mia e 187 500 come mancato guadagno per il lavoro durato tre anni)”.

Si perde poi in un attacco a Marx, Marcuse, e a tutta la scuola di Francoforte e all’ “egemonia culturale delle sinistre” (si sentono ogni giorno da noi questi argomenti) come i responsabili di una – secondo lui – delle piaghe che affliggono il globo terracqueo e cioè il “ politically correct”. Che se vai a tradurre è appunto il “buonismo” di cui parla il Giornale, Libero, il Foglio, Fiamma   Nirenstein e i politici della Lega e di destra un giorno sì e l’alto pure per sostenere le (finte) politiche della sicurezza che tanti voti danno alla destra populista.

Come osserva acutamente un ricercatore norvegese il fatto che “Breivik abbia colpito tanta giovinezza, dal nostro paese è stato percepito come un gesto ben peggiore che se avesse colpito lo Stato”.

Quindi il ruolo di Breivik è eminentemente e esclusivamente politico.

La più equilibrata lettura del fenomeno la fornisce, nei media francesi, un ricercatore dell’Iris (Institut des Relations Internationales et Stratégiques), Jean-Yves Camus specialista dell’estrema destra e delle questioni di identità che sono appunto il cuore della politica leghista e delle destre europee.

“La polizia sta cercando piccole cellule, magari di due persone. Anche se allo stato attuale, Breivik sembrerebbe aver agito da solo. La centralità che ha il tema dell’Islam ha sicuramente affievolito l’attenzione da parte della polizia. Solo il Regno Unito mostra un’attenzione al fenomeno. Qui la polizia ha sventato una serie di azioni comprese alcune che prevedevano l’uso di armi chimiche. In Europa esiste una “nebulosa” di ultra destra neonazista, molto attiva su internet che propaga la teoria secondo cui l’Europa è in guerra contro l’Islam. Tuttavia, dietro questa nebulosa c’è sicuramente qualcosa di più importante e di più grave: da 10 anni molti saggisti, e intellettuali, molte persone che si presume serie, parlano di guerra non contro l’islamismo radicale, ma contro l’Islam. Quando si propaga questa teoria non ci si deve stupire se una persona più disturbata delle altre, e con un’ ossessione per le armi dia vita non a una militanza politica ma a un progetto di morte. Oggi sotto accusa sono i partiti nazionalisti e populisti che sembrerebbero favorire l’emergere di personalità così. In realtà questi partiti in Scandinavia, in Francia (come in Italia) partecipano alla vita democratica, partecipano alle elezioni, sono assai simili agli altri, e limitano le pulsioni e le tendenze a passare all’azione violenta di un certo numero di persone. Tuttavia, e questo è il caso di Brievik, quando alcuni militanti in formazioni nazional populiste e xenofobe trovano che i partiti non siano abbastanza radicali per loro, cominciano il processo di radicalizzazione. Nel caso Breivik, da solo, davanti allo schermo di un computer. Si ha la sensazione da una parte che questi partiti sfruttino i temi sempre più sentiti nella società e dall’altra se non esistessero probabilmente la violenza dell’ultra destra razzista sarebbe anche più importante”.

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