L’italiano è stata una delle lingue adoperate da Mozart nelle sue opere, non a caso. Il rapporto tra il prolifico compositore austriaco e il Belpaese ha radici profonde che vanno anche al di là della tradizione operistico-musicale. In questi giorni a Roma è in corso il X Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra, organizzato dalla Fondazione Pro Musica e Arte Sacra che al salisburghese ha dedicato gran parte del programma.

 

Venerdì 28 ottobre, nella Basilica di S. Maria Maggiore, si è tenuto il terzo concerto. Sotto la direzione del maestro Juanjo Mena l’Orchestra Filarmonica di Montecarlo ha eseguito la Sinfonia Gott soll allein mein Herze haben di Bach, il Concerto per violino e orchestra n.1 K 207 di Mozart e, per concludere, la Sinfonia n.7 in re minore di Dvorák. Merita di essere menzionata l’interpretazione di Julia Fiscer, primo violino nel Concerto di Mozart, la cui esibizione ha visibilmente emozionato la platea. Il Festival si avvia alla conclusione. Sono ancora tre gli appuntamenti in programma. Sabato 5 novembre nella Basilica di S. Pietro, alle ore 11, sarà celebrata la messa di chiusura del Festival durante la quale il coro di voci bianche Tölzen Knabenchor, sotto la direzione del maestro Gerhard Schmidt-Gaden, eseguirà la Missa Tira Corda di Benevoli ed il Salmo Dixit Dominus di Pitoni. Sempre nella giornata di sabato, alle ore 21, nella Basilica di S. Ignazio di Loyola il maestro Jaap van Zweden dirigerà l’Orchestra ed il Coro del teatro dell’Opera di Roma nell’esecuzione della Grande Messa in do minore di Mozart. A chiusura del Festival, domenica 6 nella Basilica di S. Ignazio di Loyola il coro di voci bianche Tölzen Knabenchor eseguirà sei mottetti di Bach sotto la direzione del maestro Gerhard Schmidt-Gaden. Il compositore maggiormente interpretato in questa edizione del Festival è sicuramente Mozart. Di lui sono state eseguite diverse opere sacre, quali il Requiem, l’Ave Verum Corpus, la Messa dell’incoronazione e il Laudate Dominum.

 

Mozart_1Il concerto per violino e orchestra n.1 in si bemolle maggiore (K207) è uno dei tanti capolavori del salisburghese. Nella vasta produzione mozartiana, il concerto occupa una posizione di grandissimo rilievo. È proprio nel concerto che Mozart raggiunge il massimo della sua grandezza, intesa come perfezione assoluta di forme, come suggestiva fantasia poetica, come ricchezza di contenuto musicale. Ogni concerto, scritto per le sue esibizioni di pianista, può essere considerato lo specchio fedele della sua personalità, ogni volta rinnovata e diversa. Questa perfezione si riflette anche nei concerti scritti per i diversi committenti che a lui si rivolgevano. Fra di essi hanno una particolare importanza i cinque concerti violinistici (K 207, K 211, K 216, K 218, K 219), innanzitutto perché sono stati scritti in un limitato spazio di tempo (fra aprile e dicembre 1775) ed in secondo luogo in quanto costituiscono una delle prime affermazioni del compositore.

 

Un genio precoce

Ti informo che il 27 gennaio (1756), alle otto della sera, la mia cara moglie ha dato felicemente alla luce un bambino. Si era dovuta rimuovere la placenta e perciò ella era estremamente debole. Ora invece, grazie a Dio, sia il bimbo che la madre stanno bene. Il bambino si chiama Joannes Chrysostomus, Wolfgang, Gottlieb” . Con queste parole Leopold annunciava la nascita del proprio figlio in una lettera indirizzata all’amico Johann Jakob Lotter.

Mozart è il principale esponente del “Classicismo” settecentesco, i cui canoni principali erano l’armonia, l’eleganza, la calma imperturbabile e l’olimpica serenità. La sua musica è per questo considerata la “musica classica” per eccellenza. Mozart raggiunge nella sua musica vertici di perfezione adamantina, celestiale e ineguagliabile, tanto da essere considerato dal filosofo Nietzsche il simbolo dello “Spirito Apollineo della Musica”, in contrapposizione a Wagner definito l’emblema dello “Spirito Dionisiaco della Musica”.

Il bambino dimostrò un talento per la musica tanto precoce quanto straordinario, un vero e proprio prodigio: a tre anni batteva i tasti del clavicembalo, a quattro suonava brevi pezzi, a cinque componeva. Esistono vari aneddoti riguardanti la sua memoria prodigiosa, la composizione di un concerto all’età di cinque anni, la sua gentilezza e sensibilità, la sua paura per il suono della tromba. “Il miracolo che Dio ha fatto nascere a Salisburgo” era la definizione che Leopold dava di suo figlio e pertanto egli si sentiva in dovere di far conoscere il miracolo a tutto il mondo, magari traendone di conseguenza qualche profitto. Fu così che iniziarono i lunghi viaggi di Mozart in Europa e in Italia.

 

Musica all’italiana

Ho il cuore trasognato dalla gran gioia: questo viaggio è veramente divertente perché nella vettura è molto caldo e perché il nostro cocchiere è un ragazzo esperto che non appena la strada lo permette guida assai velocemente”. Con queste parole Wolfgang descrive il 13 dicembre 1769 l’inizio del suo viaggio verso l’Italia in compagnia del padre Leopold. Dalle sue parole traspare una fanciullesca felicità, una gioia istintiva per l’imprevisto e per il movimento. All’epoca del viaggio Mozart aveva solo 14 anni.

Quello di Mozart in Italia fu un viaggio di lavoro e di istruzione; il padre infatti mirava da una parte a fare conoscere il talentuoso ragazzo ad un pubblico esperto e raffinato, dall’altra a metterlo in contatto con alcuni dei più celebri musicisti dell’epoca al fine di procurargli eventuali scritture. Avrebbe potuto inoltre perfezionare la conoscenza della lingua italiana, allora lingua ufficiale delle rappresentazioni operistiche.

L’Italia era la capitale dell’opera e questo era il campo che più di ogni altro poteva dare celebrità e ricchezza. Mozart doveva quindi apprendere l’arte della vocalità italiana, intesa non solo come canto vocale ma soprattutto come tipo di melodia flessuosa e seducente tipica dello stile italiano e che poteva avere una destinazione strumentale. E’ proprio con questa presa di contatto che lo stile mozartiano inizia a precisarsi nei suoi tratti più caratteristici, acquisendo quei movimenti veloci, ricchi di contenuto melodico, di contro la tradizione austriaca caratterizzata da costruzioni fugate di stile severo o giochi di scale e arpeggi piuttosto aridi.

La diversità tra la musica italiana e quella austriaca è ben sottolineata dallo stesso Mozart: La nostra musica da chiesa è assai differente di quella d’Italia, e sempre più, che una Messa con tutto il Kyrie, Gloria, Credo, la Sonata all’Epistola, l’offertorio ò sia Mottetto, Sanctus ed Agnus Dei ed anche la più Solenne, quando dice la Messa il Principe stesso non ha da durare che al più longo tre quarti d’ora. Ci vuole uno studio particolare per questa sorta di composizione, e che deve però essere una Messa con tutti strumenti – Trombe di guerra, Timpani…”

 

La prima tournée italiana

mozart_2Wolfgang effettuò con il padre tre viaggi in Italia, tutti compiuti tra il 1769 e il 1773. Il primo viaggio ha inizio il 13 dicembre 1769 quando i Mozart lasciano Salisburgo alla volta del nostro paese. Il 20 dicembre varcano il Brennero. Il primo vero impatto musicale con il nostro paese avviene la sera della vigilia di Natale nella piccola Rovereto. Qui Mozart ottiene il suo primo piccolo successo musicale in terra italiana. Nella cittadina trentina l’amore per la musica è molto vivo e l’arrivo del prodigio salisburghese, di cui tanto si parla, è accolto con entusiasmo dai migliori intellettuali del luogo che solevano riunirsi e confrontarsi nei circoli letterari dell’Accademia degli Agiati. Il 26 dicembre Mozart è invitato a casa del barone Giovanni Battista Todeschi: è la sua prima esibizione in terra italiana. E’ presente l’abate don Domenico Pasqui, la maggior autorità musicale di Rovereto e maestro di cappella della chiesa di S. Marco, che lo invita ad andare a suonare il giorno seguente l’organo della chiesa. E’ l’inizio di una serie di grandi successi.

Mozart si sposta a Verona. Quì ha modo di apprezzare e conoscere l’opera. Ma l’evento più importante del soggiorno scaligero è il concerto dato il 5 gennaio all’Accademia Filarmonica, il cui successo gli procurò il titolo di maestro di cappella onorario dell’Accademia. Testimonianza del grande favore che il compositore riscosse fra i veronesi, è il grande ritratto di Mozart commissionato dal signor Pietro Lugiati a Saverio della Rosa, che costituisce una delle più belle documentazioni dell’iconografia mozartiana. Ciò che colpisce è la verità psicologica che traspare dal dipinto: il volto, infantile e morbido, contrasta con lo sguardo severo, pensoso e intento ad osservare la ricchezza del proprio mondo interiore.

Lasciata Verona, Mozart sosta qualche giorno a Mantova e a Cremona. Nella città dei Gonzaga ha l’occasione di esibirsi in un concerto memorabile. In entrambe le città ha la possibilità di assistere a due opere del Johann Adolf Hasse, il “divin sassone”, operista tedesco italianizzato considerato il maggior esponente del genere. Lo stesso Hasse, colpito dalle doti del giovane salisburghese, dirà “questo ragazzo ci farà dimenticare tutti”.

Il 23 gennaio giunge a Milano dove il conte Carlo Giuseppe Firmian, ministro plenipotenziario d’Austria, decide di farlo esaminare da un gruppo di validi musicisti milanesi affinché questi ne possano constatare le capacità ed esprimere un giudizio. Tra di essi c’è Giovanni Battista Sammartini, uno dei maggiori compositori italiani dell’epoca. Non conosciamo il giudizio di Sammartini, ma siamo a conoscenza che riconobbe apertamente la grandi doti dell’artista. Inoltre se esaminiamo le composizioni mozartiane successive a quest’incontro ci accorgiamo che esso dovette avere un significato profondo per Mozart. A seguito di questo giudizio il Firmian fece dono al salisburghese delle opere complete di Metastasio, principe dei librettisti. Calcolando che Mozart era venuto in Italia per scrivere opere italiane, un simile dono valeva come riconoscimento del diritto ad una scrittura che non tardò ad arrivare: si trattava di un’opera da rappresentare al teatro Ducale per la successiva stagione.

Da questo momento Mozart ed il padre, avuta una maggiore sicurezza economica, cambiano atteggiamento e iniziano a cercare di entrare in rapporto con i personaggi più autorevoli. Vanno a Bologna, a Firenze, a Roma, a Napoli. Ogni città offre al compositore un aspetto particolare della musica italiana. A Bologna ha modo di conoscere il maestro Giambattista Martini, dal quale riceve lezioni proficue e apprende il culto per il contrappunto, inteso come amore per la solidità costruttiva e come freno contro le facili improvvisazioni. A Firenze Mozart spera di ricevere l’apprezzamento di Leopoldo, Granduca di Toscana, figlio dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa e destinato a salire al trono di Vienna, e di conseguenza mira ad un posto stabile nel granducato. Questa speranza rimarrà vana. A Roma e a Napoli entra in contatto con la tipica atmosfera mediterranea che tanto influenzerà la sua formazione. Qui infatti avrà modo di cogliere nuovi colori e atmosfere, vedere nuovi paesaggi.

 

L’impresa di Mozart a Roma

Se forte fu l’influenza italiana su Mozart, altrettanto forte fu il legame tra il compositore e la Chiesa di Roma. Legame fondato sulla grande stima pontificia nei confronti dell’artista. Mozart durate il suo viaggio in Italia soggiorna nella città eterna per ben due volte. Vi giunge per la prima volta il 10 aprile 1770. Grazie alla sua notorietà, a Roma viene invitato ad una celebrazione liturgica nella Cappella Sistina, dove ascolta il Miserere per due cori a nove voci di Gregorio Allegri, musicista italiano vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento. Il giovane talento sa di non poter ottenere una copia della partitura, in quanto l’opera è considerata esclusiva della Cappella pontificia, tanto da essere intimata la scomunica a chi se ne fosse impossessato al di fuori delle mura vaticane. Ma quel brano musicale gli è talmente piaciuto da rimanergli nella mente. Rientrato nel suo alloggio romano, Wolfang si mette al piano. E trascrive la partitura ascoltata durante la messa, con pochissime varianti rispetto all’originale. L’impresa ha i caratteri dello sbalorditivo, se si pensa all’età del giovanissimo compositore e alla incredibile capacità mnemonica nel ricordare un brano che riassume nel proprio finale ben nove parti vocali. Questo fatto destò l’ammirazione dei dotti curiali. La notizia infatti si era diffusa presto negli ambienti di curia, probabilmente grazie ai buoni uffici di Leopold, che non lesinava certo lodi al figlio prodigio. Anche il pontefice, nei giorni successivi, ne viene informato. Mozart nel frattempo ha già lasciato la città per recarsi a Napoli, ultima tappa del suo viaggio.

 

Le speranze napoletane e il ritorno trionfale a Roma

mozart_3Mozart ed il padre soggiornano a Napoli per sei settimane. Dal momento che la proverbiale scaramanzia partenopea additava all’anello che portava al dito la genesi delle sue incredibili capacità musicali, fu costretto a toglierselo. Ma a parte la scaramanzia, Napoli nel 1770 era la capitale della musica oltre che quella del Regno Borbonico. I Mozart ebbero così modo di sondare il terreno della produzione musicale napoletana. Il giovane Amadeus era attratto dagli innovatori della musica napoletana: Traetta, Cafaro, Francesco De Majo e principalmente Paisiello. Nonostante i positivi riscontri ottenuti dai Mozart durante il soggiorno a Bologna e a Roma, a Napoli il compositore fu quasi completamente ignorato. Non ricevette nessuna scrittura per i teatri napoletani, nessun concerto a corte. Lo stesso Ferdinando IV di Borbone, all’epoca diciottenne, non lo ricevette a corte ma gli concesse solo un visita di cortesia presso la Reggia di Portici. I Mozart decisero di fare ritorno a Salisburgo. Prima di ritornare verso Roma, Wolfgang riceve un messaggio: il papa lo vuole in udienza privata. Tornato nella città eterna viene ricevuto da Clemente XIV che gli concede l’alta onorificenza dello Speron d’Oro. Mozart, a detta del papa, con la trascrizione a memoria di quella partitura ascoltata alla messa in Cappella Sistina, si era guadagnato a buon diritto la decorazione pontificia.
L’Archivio Segreto Vaticano conserva la copia da registro del breve (Sec. Brev., Reg. 3702, ff.24.25) diretto a Mozart, spedito unitamente alle insegne proprie dell’Ordine: un nastro rosso con una croce di Malta pendente a otto punte. Il documento sarà visibile nella mostra che l’Archivio Segreto Vaticano terrà a partire da febbraio 2012 ai Musei Capitolini. Esiste un ritratto anonimo del 1777 in cui il compositore è raffigurato con lo Speron d’Oro sul petto.

Di questa onorificenza Mozart, nonostante le esortazioni paterne, non si fregiò se non per alcuni anni. In una lettera al padre dell’ottobre 1777 raccontò di essere stato preso in giro da alcuni nobili che lo avevano invitato a cena nel tentativo di fargli tenere un concerto, per poi deriderlo della croce dello Speron d’Oro che portava al collo, non essendo quell’ornamento di un materiale prezioso, ma di rame. L’offesa subìta in quell’occasione fece desistere Mozart dall’aggiungere, per l’avvenire, il titolo di “Ritter” (cavaliere) alla sua firma.

Nel testo del breve sono elogiate le abilità virtuosistiche al pianoforte del giovane “…te, quem in suavisimo cymbali sonitu a prima aolescentia tua excellentem ese inteleximus…”. E’ presente altresì un errore in cui incappò la segreteria dei Brevi, indicando come diocesi d’appartenenza del compositore Strasburgo “Argentinensis civitatis seu docesis” anziché Salisburgo.

 

L’Ordine dello Speron d’Oro

’Ordine cavalleresco dello Speron d’Oro, conosciuto anche come militia aurata, è una delle più antiche onorificenze pontificie. Secondo alcuni studiosi risalirebbe ai tempi dell’imperatore Costantino. E’ possibile rintracciarne sicure attestazioni solo a partire dalla metà del XVI secolo, quando i pontefici risorsero al conferimento dello Speron d’Oro per accrescere il prestigio dei dignitari che ricoprivano alcuni uffici. A questa onorificenza, distintiva della migliore nobiltà pontificia, era associato infatti il titolo di conte palatino.

Ben presto si assistette ad un uso indiscriminato della concessione tanto che i papi iniziarono ad usarla quale semplice onorificenza con la quale onorare quanti si fossero distinti per meriti artistici. Oltre a Mozart, ne furono insigniti lo scultore Antonio Canova, i compositori Christoph Gluck, Carl Ditters von Dittersdorf e Fernando Sor.

 

“Sono un musicista”

Mozart continuò il suo peregrinare nelle diverse capitali europee alla ricerca di un impiego fisso che gli permettesse di mantenersi, ma fu tutto vano. Alternò periodi fortunati a periodi di grandi difficoltà economiche. Il 5 dicembre 1791, all’età di 35 anni, a Vienna si spegneva il più grande genio che ad oggi la musica abbia donato all’umanità. Credo che non vi sia nulla di più esplicativo della personalità di questo grande artista di una frase con la quale Mozart, in una lettera al padre, parla di se stesso. E’ l’8 novembre 1777: “Non so scrivere in modo poetico: non sono un poeta. Non so distribuire le frasi con tanta arte da far loro gettare ombra e luce: non sono un pittore. Non so neppure esprimere i miei sentimenti e i miei pensieri con i gesti e con la pantomima: non sono un ballerino. Ma posso farlo con i suoni: sono un musicista”.

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