Il segno zodiacale del Toro, per tradizione astrologica, si dice “governato” dal pianeta Venere…
Il nome Venere viene dal latino Venus, quello della dea accostata dai romani all’Afrodite greca. Venus è un antico neutro astratto, passato al femminile, da cui è poi derivato il verbo venerari (uenerari) come anche Uenus (la versione originaria del nome).

Nel periodo più antico, venerari, venerare, indicava lo sforzo per accattivarsi la benevolenza di un dio: “uenerari è cercare di piacere, rendere dei favori al dio, sperando di riceverne in cambio, senza negoziazione, un’altra forma di cortesia, la uenia divina”. Senza dubbio il termine venus era applicato anche con altre accezioni del medesimo atteggiamento; e diventava più magico e costrittivo nel derivato venenum (da cui l’italiano veleno) che traduceva il greco filtron (filtro). Né è difficile comprendere che il fascino femminile abilmente messo in opera, efficace nei confronti dell’altro sesso, fosse designato con la stessa parola che indica la captatio del dio da parte dell’uomo. Ed è probabile che questo venus venne personificato in termini femminili diventando Venus. Il termine, poi, è legato a venustas (italiano, venustà), cioè grazia, leggiadria, avvenenza, garbo, bellezza.

Va anche ricordato che il moto apparente di Venere si traduce in una oscillazione per cui il pianeta o segue il Sole dopo il tramonto o lo precede prima che sorga. Per questa caratteristica, nell’antichità greco-latina, credendo si trattasse di due pianeti distinti, si usavano due nomi diversi (Esperos come astro del mattino ed Eosforos come astro della sera). La scoperta dell’unicità dei due astri è generalmente attribuita a Pitagora e a Parmenide e portò al nome di Fosforos che, significando “portatore di luce”, poteva concernere sia la stella del mattino che quella della sera. E nel mondo romano Fosforos viene tradotto con Lucifer; ma si usava anche Vesper per indicarne la fase serale e Vesper, annunciatrice della notte, complice degli amanti, fu naturalmente associata alla dea dell’amore, Venere.

Ma come nasce Venere-Afrodite? “…erraron sul mare a lungo, e d’intorno bianca spuma s’alzava dai membri immortali; dentro la spuma una fanciulla crebbe. E prima alla santa Citera fu spinta, donde poi giunse a Cipro cinta dal mare. Lì emerse, adorabile e bella dea; sotto i suoi passi leggeri l’erba fioriva intorno. L’hanno chiamata Afrodite uomini e dei perché nacque dalla spuma…” Così la Teogonia di Esiodo. E’ dai genitali recisi di Urano e dalla spuma (afros vuol dire appunto spuma) che nasce Afrodite la bella. Dea della vita sessuale, dea fecondatrice che estende il suo potere sul mondo vegetale (fiorisce l’erba al suo passo) e animale. Dea urania, celeste, se ne farà più tardi una olimpia, figlia di Zeus e Dione. Ma anche si dice (lo riporta Proclo) che Zeus, reduce dal letto di Dione, avesse fecondato le onde da cui Afrodite è nata. Una tradizione mitica molto antica, gia nota all’Odissea di Omero, le dà come sposo lo storpio Efesto-Vulcano e come amante il selvaggio Ares-Marte.

E ancora le pitture pompeiane riportano le immagini dei due amanti imprigionati da Efesto: “Come ebbe Efesto udita la triste novella, corse alla sua fucina, macchinando atroci disegni. Pose una incudine sul grande ceppo, e batté dei legami che niuno sciogliere o frangere potesse, per coglierli entrambi. I due nel letto entrarono, e presero sonno; ed i lacci artificiosi intorno scattaron…” Esposti al ludibrio di tutti gli dei vengono i due amanti. Né li vuole liberare Efesto, finché si lascia persuadere da Poseidone-Nettuno a farlo. Resta il fatto che dall’unione del Principio Femminile (Afrodite) col Principio Maschile (Ares), chiusi tra le maglie d’una rete non apribile (atanor alchemico?), forgiata da un fabbro divino zoppo e mago, nasce Armonia.

Molti altri gli amori di Afrodite. Si congiunge con Ermes e ne nasce Ermafrodito. Ama il bellissimo Adone, ucciso da un cinghiale; e dal sangue del giovinetto nasce un rosso anemone. Suo amante anche Fetonte, figlio del Sole. E Anchise, l’eroe troiano, al quale genererà Enea, progenitore e quasi mitico fondatore delle fortune di Roma. Ed è a lei, ad Afrodite che, chiamato a giudice di bellezza, Paride di Troia concede il pomo d’oro della vittoria. Con tutto quel che poi ne deriverà. Ed è con la Venus italica che sarà fusa Afrodite, quella Venere di cui parla, fra gli altri, Nevio, in termini di “ Venere che ha sentito la potenza di Vulcano” e allude alla… verdura bollita. Forse un richiamo al numen che conferiva agli orti il loro aspetto “incantevolmente” fertile.

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