Quando al precedente governo, con maggioranza di centrodestra, cominciarono a mancare i numeri in Parlamento fummo bombardati da uno slogan ripetuto ossessivamente che più o meno suonava così: “chi lascia il centrodestra, per il quale è stato eletto, tradisce la fiducia e il mandato conferito dagli elettori”.

Con la strana conseguenza che abbandonare la maggioranza era un tradimento, mentre non si vedevano ostacoli a formulare aperti inviti ai parlamentari dell’opposizione affinché lasciassero la propria parte politica per essere accolti in quella avversa.
Un bizzarro modo di valutare la moralità dei comportamenti a seconda della “direzione” che si intendeva prendere. Tanto che coloro i quali abbandonarono l’opposizione per correre in soccorso della ormai risicata maggioranza, furono chiamati “Responsabili” (ma non nel senso di “colpevoli”, come sarebbe necessariamente scaturito dalla violazione di un supposto rapporto di mandato con i elettori di centrosinistra).

In realtà, sia i responsabili che i reprobi rispettavano pienamente la Costituzione che impegna un articolo intero, il 67, per spiegare come: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Tutto in regola dunque, naturalmente alla condizione che la scelta di cambiare parte politica fosse dettata da elevate convinzioni morali e non da beceri interessi personali.

Di passaggio si può rilevare che non diverso ragionamento, sulla correttezza delle scelte a seconda della direzione intrapresa, è stato recentemente applicato alla “entrata” in politica (non ci appassiona la querelle tra salita o discesa) del premier Monti. Talché se Monti si mette a capo di una coalizione di centro tradisce il suo impegno a restare super partes mentre non avrebbe commesso alcun tradimento qualora avesse deciso di federare il centrodestra così come gli è stato fortemente richiesto.

Ma tornando al nostro tema, ciascun parlamentare non svolge, dunque, le sue funzioni per il bene di una parte (sia pur politica) ma dell’intera Nazione e non rappresenta neanche coloro che lo hanno eletto, non avendo con essi alcun vincolo, tantomeno di mandato.

Al riguardo qualche riflessione va svolta, anche in merito ai fortunati che hanno avuto recentemente la possibilità, con le primarie, di scegliersi i candidati in vista delle prossime elezioni.
Intanto l’utilizzo delle primarie sta a dimostrare che pure un provvedimento pessimo come il “Porcellum” può essere avvicinato alle attese dei cittadini e avere meno in spregio la loro volontà.
Si tratta dell’eterna lotta tra la legge e coloro che sono chiamati ad interpretarla o farla applicare. Talché la peggiore delle leggi in mano al migliore degli uomini può diventare la migliore delle leggi e, al contrario, la migliore delle leggi in mano al peggiore degli uomini si manifesta spesso come la peggiore delle leggi.

Ma sempre in merito alle recenti primarie va notato come si siano candidati al Parlamento molti rappresentanti politici locali, forti del proprio serbatoio di voti personale, mentre i tempi ristretti hanno spesso precluso tale facoltà agli esponenti della cosiddetta “società civile” (locuzione a dire il vero un po’ abusata ed oscura, che forse vuol contrapporre, non senza qualche ragione, la società civile a quella incivile ovvero politica).
Sarà necessario rammentare anche a costoro, sia ai candidati sia ai votanti delle primarie, l’articolo 67 della costituzione.
In tal modo i futuri eletti, non dovranno vincolare il loro operato ai vantaggi per il proprio collegio e gli elettori non dovranno valutare l’operato del “loro” parlamentare in base a quanto quest’ultimo abbia fatto per il proprio territorio, evitando così la non più accettabile conseguenza che non importa se il prescelto si sia macchiato dei peggiori comportamenti, basta che abbia strappato vantaggi per quanti lo hanno sostenuto.

Sarà utopico e ingenuo ma finché non sceglieremo persone capaci di anteporre l’interesse generale a quello della propria parte o peggio, all’interesse personale, non potremo uscire dalle difficoltà storiche che attanagliano l’Italia, perché il bene nazionale è stabile e universale mentre quello di parte è precario e destinato a manifestarsi dannoso per la generalità dei cittadini e, dunque, alla lunga, anche per quella parte di essi che lo abbia disconosciuto.

In questa ottica una qualche riflessione va dedicata al fenomeno opposto cioè al meccanismo del “Porcellum” che consente ai leader dei partiti di selezionare i nomi di futuri eletti secondo il proprio insindacabile giudizio e inserirli in listini bloccati che possono beneficiare del voto degli elettori senza che questi li abbiano minimamente approvati né possano indicare alcuna preferenza in merito.
In altre parole è necessario chiedersi se la Costituzione consenta questa brutale interposizione dei partiti che relega i cittadini ad apporre un semplice segno sulla scheda elettorale ove non sono presenti nemmeno i nomi dei candidati (altrimenti le schede diventerebbero dei lenzuoli), con la conseguente elezione indiretta dei parlamentari.
Un vulnus che riguarda anche quei partiti che, pur utilizzando le primarie, si sono comunque tenuti per sé una quota di candidati.
A noi sembra che le liste (o le listine) bloccate non rispettino affatto il dettato costituzionale, dal momento che il testo della nostra Carta non dà molto spazio ad interpretazioni quando dispone con estrema chiarezza (articoli 56 e 58) che (tutti) i deputati e i senatori devono essere eletti a suffragio universale e diretto.

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