«Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere», scriveva Giovanni Falcone. Il teatro greco di Siracusa è un gioiello da 150 mila visitatori l’anno ed è un punto fermo dell’economia della città. Tra i tanti drammi che ogni anno vengono rappresentati, in questi giorni ne è in atto uno nuovo.

L’Istituto Nazionale del Dramma Antico (Inda), che si occupa della gestione del teatro, si trova senza vertice dal 31 dicembre, giorno della fine del mandato del sovrintendente Ferdinando Balestra e delle dimissioni del presidente del consiglio di amministrazione, Roberto Visentin sindaco di Siracusa, che ha rinunciato al suo incarico per candidarsi alle elezioni. L’amministrazione sarebbe ora nelle mani del consigliere delegato Enza Signorelli Pupillo. Va ricordato che la funzione di presidente dell’Inda da parte del sindaco del Comune di Siracusa è prevista dall’art. 5 del D.L. n. 20/1998 mentre l’articolo 53 primo comma del testo unico degli enti locali (D.L. n.267/2000) stabilisce che nel caso di impedimento permanente (prima ipotesi), sino alle nuove elezioni le funzioni del Sindaco siano svolte dal vicesindaco, in questo caso Concetto La Bianca. La nomina del sovrintendente spetta per legge al ministro dei Beni culturali che deve scegliere su una terna rigorosamente proposta dal consiglio di amministrazione dell’Inda. L’uscente Ornaghi nei mesi scorsi ha rigettato la terna propostagli perché ritenuta non rispondente alla sua esplicita richiesta di “ricambio e rinnovo”. Uno dei tre nomi proposti sarebbe stato proprio quello dell’uscente Balestra e gli altri due (Andrea Porcheddu e Claudio Perroni) non sarebbero risultati in possesso del curriculum richiesto. Lo scorso novembre l’onorevole Pippo Gianni, componente della Commissione Cultura della Camera, aveva presentato un’interrogazione al Ministro con la quale evidenziava le carenze gestionali da parte degli amministratori dell’Inda. Potrebbe essere stata questa interrogazione, si legge in una nota, a convincere l’esponente di governo a rigettare la terna. A gennaio La Bianca, dopo il terzo tentativo fallito di convocare il consiglio d’amministrazione per stabilire una nuova terna, ha deciso di inviare al ministro i curricula dei 7 candidati (compresi i tre già scartati). Tra quanti hanno disertato i consigli di amministrazione ci sarebbe la stessa Enza Signorelli Pupillo. In conclusione, i curricula in mano ad Ornaghi sono quelli di Luca Barbareschi, Onofrio Cutaia, Emanuele Giliberti, Walter Pagliaro, Fernando Balestra, Andrea Porcheddu e Claudio Perroni. Intanto i consiglieri dell’Inda hanno smentito il rischio di far saltare il programma di celebrazioni per il centenario dell’Inda, sottolineando che “le linee artistiche e culturali della Fondazione sono affidate in particolare al consigliere delegato, perciò è infondata qualsiasi preoccupazione relativa alla qualità, alla tempistica e all’efficacia della programmazione”. La faccenda ha inevitabilmente alzato un polverone di polemiche, tra cui quella di Enrico Di Luciano, presidente dell’associazione “Amici dell’Inda”, che si ritiene “disgustato e incollerito dai comportamenti del consiglio, per prima Enza Signorelli che quale padrona di casa aveva l’obbligo di rappresentare l’Inda al consiglio d’amministrazione e invece non si è presentata. Per non parlare del presidente Visentin, che se n’è andato lavandosi le mani nonostante le richieste di convocare il Consiglio almeno sui punti essenziali, la stagione e il centenario, già prima della scadenza del mandato a Balestra”. Intanto a fine gennaio Alessandro Giacchetti è stato nominato commissario straordinario del Comune di Siracusa. A lui spetterà il compito di guidare l’amministrazione comunale e quindi di occuparsi, sino all’elezione del nuovo sindaco, dell’Inda. Durante la conferenza stampa tenuta in occasione del suo insediamento, ad un giornalista che gli faceva notare che la consigliera Signorelli ha dichiarato che vicesindaco di Siracusa e Commissario “non hanno titolo a gestire l’Inda”, Giacchetti ha risposto che il suo intento è di procedere d’intesa con il consiglio di amministrazione dell’istituto da lui convocato per l’8 febbraio “in accordo con il consigliere delegato” (video conferenza Giacchetti: http://www.youtube.com/watch?v=TlJ4KOT-VnU). L’onorevole Pippo Gianni intanto, dal momento che l’assessorato Regionale ai Beni Culturali e quello al Turismo assegnano ogni anno un congruo contributo economico per l’organizzazione e la gestione della Fondazione Inda, ha chiesto e ottenuto la convocazione dell’assessore regionale ai Beni Culturali Antonino Zichichi, dell’assessore al Turismo Franco Battiato, dei vertici della Fondazione Inda e in audizione il Ministro dei Beni Culturali affinché “la Fondazione dia spiegazione ai cittadini siciliani su come impegna una cifra così importante”. Occorre “fare luce su anni di amministrazione Inda, assolutamente avvolti nell’oblio e poter ridare, quindi, dignità al più importante ente culturale d’Italia”.
 

 

paternIl primo museo archeologico di Catania (senza reperti)
Il Museo Archeologico Regionale Ignazio Paternò Castello V principe di Biscari, sito a Catania, ha direttore e dipendenti. Ha anche una sede, si tratta dell’ex Manifattura Tabacchi acquistata anni fa, ma servono circa 20 milioni di euro per ristrutturarla e trasformarla in museo. Soldi che ovviamente la Regione non ha. A mancare sono anche i reperti. Il direttore Privitera ci ha spiegato che il Servizio del Museo è stato istituito nel 2010 con lo scopo di occuparsi della struttura espositiva. Purtroppo sperava di ricevere dai fondi europei 2007-2013 i soldi necessari alla ristrutturazione dell’edificio ma così non è stato. Nonostante queste gravi mancanze, Privitera cerca di far funzionare al meglio il museo. Con i suoi collaboratori ha reso infatti agibile una sala dell’edificio così da potervi organizzare degli eventi. Attualmente in questa sala è in corso una mostra, in programma sino al 10 marzo, sulla storia di Catania dalla sua fondazione da parte di Evarco (729 a.C.) all’istituzione della colonia romana di Messalla (263 a.C.). La mostra, attraverso l’esposizione di reperti e pannelli didattici dettagliati, vuole gettare luce sulla fase greca della città, una fase poco nota della storia di Catania. I reperti provengono sia da scavi condotti nel territorio etneo dalla Soprintendenza negli ultimi 20 anni sia da scoperte più antiche, come i materiali della celebre e ricchissima stipe votiva di piazza San Francesco, relativa a un santuario di Demetra il cui culto era molto diffuso in città. Alcuni di questi manufatti sono stati presi in prestito dal Museo Archeologico di Siracusa, dove torneranno a mostra conclusa. I restanti sono invece quelli che “l’assessorato ha assegnato in parte al Parco archeologico greco romano di Catania in parte agli altri Parchi della provincia”. Insomma, senza troppi giri di parole, al Museo Paternò ancora non sono stati affidati reperti. Privitera spera che questa esposizione possa diventare permanente, cosa possibile solo se i reperti assegnati ai Parchi verranno affidati al Museo. E’ di pochi giorni fa la notizia della possibile soppressione dei quattro parchi etnei, provvedimento che, se realizzato, potrebbe comportare il passaggio dei reperti dai Parchi al Museo. Ma niente è sicuro, come spiega in direttore, dal momento che in Sicilia la situazione dei Beni Culturali è in grande fermento da quando la nuova giunta di Crocetta ha deciso di mettere in atto grandi cambiamenti. Di sicuro c’è che quello intitolato a Paternò sarebbe il primo museo archeologico a Catania, unica città siciliana capoluogo di provincia a esserne priva. I reperti archeologici esposti nel museo comunale di Castello Ursino fanno parte infatti di una collezione settecentesca che “pur bellissima non ha rapporto con il territorio di Catania, in quanto la maggior parte di essi non proviene da Catania e molti pezzi sono stati comprati su mercato”.

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Museo del Risorgimento, chiusura bis

Se da una parte c’è che si sforza di tenere aperto un museo, dall’altra c’è chi, pur con meno fatica, si sforza di chiuderne un altro. A Palermo pochi giorni fa si è svolta una manifestazione per evitare la chiusura del Museo del Risorgimento. Organizzata da privati cittadini, alla protesta hanno partecipato i lavoratori licenziati e i rappresentanti sindacali della Filcams Cgil Palermo. La notizia è sconcertante perché iI Museo è l’istituzione palermitana più importate che tutela il patrimonio storico-documentario dei moti rivoluzionari dell’Ottocento. In esso sono custoditi reperti della storia risorgimentale, cimeli dei moti del 1820, del 1848 e della spedizione dei mille. Testimonianze cartacee d’epoca, divise, armi, medaglie e materiale appartenuto a Garibaldi in persona. Dopo un restauro durato quattro anni e costato 300 mila euro, il Museo è stato aperto a maggio 2010 per essere ora di nuovo chiuso. Per mancanza di finanziamenti, i quattro dipendenti sono stati licenziati e documenti, cimeli, i 110 mila testi rari della biblioteca, parte come il museo dell’istituzione Società di Storia Patria fondata nel 1863 dai più famosi studiosi del tempo, ritorneranno nelle casse. Monja Caiolo, Segretario Generale Filcams Cgil Palermo, spiega che il disappunto dei manifestanti è rivolto al Presidente della Società di Storia Patria colpevole di aver azzerato il proprio organico, rifiutando tanto il dialogo con i sindacati quanto di prendere in considerazione sia il ricorso agli ammortizzatori sociali che un’eventuale ricollocazione dei propri dipendenti presso la società con cui erano in trattativa per cedere la gestione dei servizi erogati dalla Fondazione. Il malessere è aumentato dalla constatazione che detta Fondazione attualmente ospita dei convegni, dimostrando quindi di essere ancora perfettamente in attività. La sindacalista si chiede con quali lavoratori essa svolga questa attività. Spera inoltre che il Presidente Crocetta convochi al più presto il sindacato per fare chiarezza sulla vicenda, tenuto conto che fino al 2012 la Società ha goduto di finanziamenti proprio da parte della Regione.


Manutenzione, istruzioni per l’uso

Altro problema che si riscontra frequentemente in Sicilia è il degrado a cui sono abbandonati e condannati alcuni siti archeologici. Negli anni passati frequenti sono state le denunce apparse su autorevoli giornali siciliani circa lo stato in cui versavano importanti siti archeologici, quali ad esempio Eloro e Selinunte, vessati da “sterpaglie”, “zecche”, “sentieri sconnessi”, “chiusure anticipate”, tanto da offrire ai turisti “uno spettacolo indecoroso”. Fortunatamente per alcuni di essi sono arrivati i tanto agognati finanziamenti. È di pochi giorni fa la notizia che la Regione Sicilia ha destinato 5 milioni di euro per la realizzazione di un teatro all’aperto proprio all’interno del Parco Archeologico di Selinunte e di un particolare impianto di illuminazione artistica che consentirà di poter ammirare i meravigliosi resti anche nelle ore notturne. Diversa e più triste la sorte di altri siti su cui si è deciso di non intervenire. La domus romana imperiale di piazza Sett’Angeli, alle spalle della Cattedrale di Palermo, è invasa dalla spazzatura. La struttura, costituita da 4 ambienti, fu rinvenuta nel 2000 durante lavori di sistemazione della rete idrica. Fu allora che emerse un grande mosaico datato al I-II secolo d.C. Le decorazioni musive furono restaurate e coperte per impedirne il deterioramento, gli scavi circondati da una recinzione. Oggi erbacce, bottiglie e buste non permettono di ammirare la struttura. È possibile che la Soprintendenza ai beni culturali di Palermo non intervenga? Francesca Spatafora, l’archeologa che effettuò gli scavi e responsabile del servizio archeologico della Soprintendenza all’epoca della scoperta, spiega che l’anno scorso l’area è stata inclusa in un progetto del Centro regionale per il restauro finanziato con fondi europei, affinché questo sito venisse tutelato e fosse completata la sua sistemazione. Ma i lavori non sono ancora partiti. Nel frattempo erbacce, bottiglie e buste di plastica fanno da padroni.


torre_capo_ramaLe torri pericolanti
È di pochi giorni fa la denuncia fatta da SiciliAntica, Associazione per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, circa il pericolo crolli per le torri medievali della costa tirrenica. Si tratta di antiche torri di avvistamento che le amministrazioni locali hanno deciso di abbandonare all’incuria e al degrado. Pochi infatti sono stati gli interventi di recupero su tutto il territorio regionale ormai vittima di una lenta ecatombe. Le torri costiere della Sicilia, costruite per arginare le frequenti incursioni dei corsari barbareschi, costituivano il sistema difensivo, di avvistamento e di comunicazione lungo la fascia costiera del Regno di Sicilia. Da ogni torre era possibile scrutare il mare e vedere la successiva, con la possibilità di inviare messaggi attraverso segnali luminosi e di fumo. Nel periodo di massima funzionalità avrebbero permesso di fare il periplo dell’isola nello spazio di un solo giorno. Tra le torri abbandonate all’incuria va annoverata Torre Pozzillo, risalente alla prima metà del 1600. Il monumento è facilmente visitabile in quanto di libero accesso e proprio per questo, purtroppo, il varco di accesso al piano terra è stato più volte forzato. Oggi attraverso un varco effettuato a piano terra in corrispondenza di quella che era la cisterna si accede al primo piano composto da tre ambienti rettangolari con volta a botte. Sulla parete a destra si trova un camino, su quella di sinistra un armadio a muro, mentre nel muro centrale si trova il pozzetto che permetteva di attingere l’acqua dalla sottostante cisterna. Per raggiungere il tetto si saliva una scala in pietra formata da due rampe incassata nel muro esterno. Oggi la torre è invasa da cartacce e rifiuti. Sulle antiche pietre di una delle pareti esterne campeggia una dichiarazione d’amore scritta in rosso, con tanto di cuore, lasciata da un vandalo innamorato. Sempre nei giorni scorsi è crollata la parete ovest di Torre Toleda, mentre ciò che è rimasto in piedi senza un intervento immediato rischia di crollare. Il Corriere del mezzogiorno, il 19 febbraio, faceva notare che dopo 4 giorni dal crollo nessuno ancora si era recato a fare un sopralluogo per decidere tempistica e modalità dell’intervento. Nemmeno il vincolo ambientale è riuscito a preservare torre di Capo Rama, sita all’interno di una Riserva naturale e zona protetta dal Wwf. Vandali, questa volta non innamorati, si sono introdotti all’interno e hanno distrutto la segnaletica dei sentieri e divelto i cartelli. Insomma le torri sono state abbandonate al degrado e all’inclemenza del tempo, atteggiamento esemplificativo della noncuranza del patrimonio artistico e cultura da parte delle amministrazioni regionali. Il lento degrado delle torri rappresenta la lenta ecatombe della nostra memoria storica. Urge un piano di restauro e di riutilizzo delle torri, da cui partire per una valorizzazione di questa parte di patrimonio artistico e culturale al fine di garantirne la fruizione anche alle future generazioni.


Visite guidate
Lo scorso ottobre Giambattista Condorelli, esponente dell’associazione SiciliAntica ha denunciato sul giornale La Sicilia quanto avvenuto durante una visita organizzata per una cinquantina di soci allo splendido sito palermitano di San Giovanni degli Eremiti. Dopo aver pagato un biglietto di 6 euro ci si sarebbe aspettati almeno un “pieghevole” con una descrizione ed una piantina che consentisse una migliore comprensione di un edificio dalla forma architettonica molto complessa. Niente di tutto questo. Si fa notare però che tra biglietteria e custodi, i dipendenti dei Beni Culturali presenti nel sito erano otto, “forse troppi”. Per Condorelli questa situazione, frequente in Sicilia, è frutto di “una malintesa forma di assistenzialismo che ha portato a succhiare ogni risorsa economica per incrementare il numero degli stipendiati, riducendo quasi a zero le risorse per gli strumenti con cui gli stessi devono operare. Sarebbe necessario e prioritario dislocare meglio il personale nel territorio regionale al fine di mettere tale personale nelle condizioni di produrre altro reddito”. Un miglior funzionamento dei servizi offerti all’utente permetterebbe di incrementare le entrate provenienti da questi meravigliosi siti.


torre_toledaVolontariato archeologico
A seguito della costituzione della nuova amministrazione regionale Simona Modeo, presidente di SiciliAntica, ha scritto all’assessore ai Beni culturali Zichichi chiedendo la redazione di un piano di tutela di un patrimonio che giorno dopo giorno viene depauperato. Fra le proposte c’è l’istituzione della figura professionale dell’ “Archeologo Comunale”, funzionario della Soprintendenza distaccato presso gli uffici tecnici di tutti i Comuni siciliani con il compito di “presidiare” il territorio e assicurare una tempestiva e efficace azione di tutela. Una nuova figura che, oltre alla chiara utilità culturale e scientifica, per SiciliAntica costituirebbe un’importante opportunità di lavoro per centinaia di giovani. Tra le altre proposte avanzate dall’associazione c’è la richiesta all’Unesco di inserire la Sicilia, nella sua totalità, fra i patrimoni dell’umanità; l’abolizione della normativa che ha istituito 26 parchi territoriali e che ha provocato una scriteriata e inutile frammentazione, restituendo così alle Soprintendenze sia potere decisionale sia le competenze territoriali perdute; la creazione in tutti i centri che ne siano sprovvisti, di un Museo comunale; l’istituzionalizzazione del ruolo del volontariato archeologico nelle attività di tutela e di emergenza. Quest’ultima proposta trova la ferma opposizione della Confederazione Italiana Archeologi. “Abbiamo rispetto per il mondo del volontariato” afferma Donata Zirone, responsabile della Confederazione Italiana Archeologi Sicilia “e le associazioni che offrono un contributo generoso all’archeologia, ma il loro operato deve rimanere al di fuori del mercato del lavoro e della libera concorrenza tra società o professionisti. Non si confonda il volontariato con il lavoro svolto a costo zero.” La Cia, fiduciosa che il presidente Crocetta e l’assessore Zichichi si adopereranno per garantire il rispetto della professionalità degli archeologi e di tutti i professionisti dei beni culturali, si augura che la nuova Amministrazione regionale promuova un tavolo di concertazione con le associazioni di categoria, che rappresentano i professionisti e gli operatori del settore, per elaborare delle proposte condivise per il rilancio del patrimonio archeologico della regione Sicilia.

(12/Continua. Le precedenti puntate sono disponibili in allegato)

 

AGGIORNAMENTO: Il signor Valerio, nostro lettore, ci invia questa foto scattata nel settembre 2011: ecco l’area archeologica della domus romana venuta alla luce dietro la cattedrale di Palermo. No comment…

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